Per lo meno La Stampa si è scusata pubblicamente. Riferendo della violenza sessuale (poi risultata del tutto inventata) denunciata da una ragazza sedicenne a Torino nel quartiere delle Vallette, il quotidiano torinese aveva titolato “Mette in fuga i due rom che avevano violentato la sorella”.
Con un pezzo intitolato “Il titolo sbagliato” pubblicato oggi sul sito, la redazione chiede scusa e non esita a definire il proprio titolo razzista. Ecco il testo dell’articolo per intero.
“Il razzismo di cui più dobbiamo vergognarci è quello inconsapevole, irrazionale, che scatta in automatico anche quando la ragione, la cultura, le convinzioni più profonde dovrebbero aiutarci a tenerlo lontano.” Continua il quotidiano: “Ieri, nel titolo dell’articolo che raccontava lo «stupro» delle Vallette abbiamo scritto: «Mette in fuga i due rom che violentano sua sorella». Un titolo che non lasciava spazio ad altre possibilità, né sui fatti né soprattutto sulla provenienza etnica degli «stupratori». Probabilmente non avremmo mai scritto: mette in fuga due «torinesi», due «astigiani», due «romani», due «finlandesi». Ma sui «rom» siamo scivolati in un titolo razzista. Senza volerlo, certo, ma pur sempre razzista. Un titolo di cui oggi, a verità emersa, vogliamo chiedere scusa. Ai nostri lettori e soprattutto a noi stessi.”
Potrebbe essere utile inserirlo come caso di studio (come esempio di ciò che non si dovrebbe fare) in un manuale di giornalismo.
Ma il problema non risiede solo nella scelta di titoli sbagliati. Il punto è che, quando le cronache coinvolgono a proposito o a sproposito cittadini stranieri e/o rom, la prudenza, il rispetto della deontologia professionale, il garantismo, scompaiono dal racconto per essere sostituiti da clichés e pregiudizi antichi. Non è certo la prima volta. Erba, ma anche Novi Ligure e la violenza della Caffarella nel febbraio 2009 l’avevano già dimostrato.
Varrebbe però la pena domandarsi perché la giovane sedicenne torinese, così come la giovane Erika di qualche anno fa, abbiano inventato proprio quella storia. E perché in Italia da Opera a Ponticelli, da Rosarno a Torino stia diventando sempre più normale compiere veri e propri raid razzisti che ricordano un’antica storia che tutti vorremmo dimenticare. Cappucci, bastoni, mazze e bombe carta: di questo erano muniti i 50, 100 squadristi, che hanno incendiato l’insediamento della Continassa di Torino. Non solo. A quanto ci raccontano i quotidiani (dopo che la bugia è stata svelata e le baracche dei rom distrutte), tra coloro che hanno dato fuoco al campo rom vi era chi ha pubblicamente dichiarato l’obiettivo di uccidere, anzi di bruciare “gli zingari”.
La ragione la spiega molto bene Chiara Saraceno scrivendo un editoriale su la Repubblica (che non basta certo a rimediare i danni provocati dagli articoli di cronaca che lo hanno preceduto sulle pagine di cronaca di questo e di altri quotidiani): “ I nomadi e i loro campi divengono la causa di ogni malessere e malfunzionamento. E su di loro si possono gettare facilmente le responsabilità anche di propri comportamenti, in un crescendo in cui si perde il senso della realtà, ma anche della decenza e del vivere civile.”
Non possiamo che rasserenarci sapendo che nessuna minore sedicenne ha subito violenza la sera del 9 dicembre a Torino. Ma ciò che è avvenuto a seguito della falsa denuncia sulle pagine dei giornali e per strada non può che indignarci. Le dichiarazioni responsabili del sindaco di Torino, del Ministro Cancellieri e del Ministro Riccardi (di tutt’altro tenore rispetto a quelle che avremmo probabilmente sentito in una situazione analoga un mese fa) sono incoraggianti: vanno nella direzione di delegittimare non solo la xenofobia, il razzismo e l’anti-ziganismo, ma anche il ritorno alla legge del taglione, veicolato dalle ronde di Maroniana memoria.
Sarebbe però auspicabile che i media main-stream nazionali seguissero l’esempio della Stampa pubblicando un messaggio di scuse ai cittadini rom cacciati dall’insediamento della Continassa e che la città di Torino tornasse a manifestare in piazza, questa volta contro il razzismo e in solidarietà con i rom.