“No ius soli”: questa la parola d’ordine con cui il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha raggiunto ieri Roma, per un comizio pre-elettorale che ha avuto al centro proprio la riforma della legge di cittadinanza. “Arriva alla fine di un percorso, non è un regalo elettorale”, ha affermato Salvini, parlando della cittadinanza. Il discorso di Salvini arriva pochi giorni dopo uno degli ultimi presidi organizzati da Italiani senza cittadinanza, L’Italia sono anch’io e tante altre realtà che da anni sollecitano la rifoma della legge, senza ricevere alcuna risposta concreta nonostante le molte promesse politiche. Arriva dopo quello che Lunaria ha definito uno schiaffo istituzionale: la calendarizzazione degli ultimi giorni di lavoro in Senato, per l’anno 2017, con la riforma della cittadinanza all’ultimo punto. E arriva anche dopo l’allarme, lanciato dall’Associazione Carta di Roma durante la presentazione del Quinto rapporto su media e immigrazione, rispetto all’uso strumentale che la politica fa della paura, stravolgendo e mistificando alcuni concetti: di cui uno è proprio lo ius soli e la riforma delle legge.
Non ci interessa in questa sede riprendere il discorso di Salvini né fare un’analisi dello stesso: non vogliamo dargli eco. Quello che ci interessa è evidenziare come una parte della politica, invece di assumersi il compito di governare il reale, lo mistifichi ai propri fini propagandistici. Quello che vogliamo rimarcare è l’uso strategico di un tema, lo ius soli, su cui sono state raccolte migliaia di firme, su cui gli italiani e le italiane avevano espresso consenso, su cui fioccano le analisi (qui la nostra, per chi vuole appronfodire l’argomento), e che però viene ridotto dalla politica a un mero strumento propagandistico per spostare voti, legando questo tema alla questione dell’immigrazione e dei nuovi arrivi quando in realtà riguarda più di un milione di persone che di fatto sono già italiane. E’ con questa chiave di lettura che si deve guardare al comizio di Salvini: un raduno di piazza incentrato sulla mistificazione e la strumentalizzazione. Davvero questi politici sono pronti a assumersi la responsabilità di negare i diritti a persone nate in Italia, o arrivate da piccole, che non conoscono altro paese se non quello in cui sono nate o cresciute? Ancora una volta, politicamente si mira a costruire una società di cittadini di serie a e di serie b, in cui le parole d’ordine si basano sulla contrapposizione noi/loro: uno stratagemma retorico già visto, i cui frutti, che stiamo ora raccogliendo, sono la paura verso l’altro, il rancore, l’odio, la violenza. E a poco servono le parole con cui il leader leghista prova a scrollarsi di dosso le accuse di razzismo – “Per me gli italiani non sono quelli che hanno la pelle bianca, ma anche gli immigrati regolari e per bene che portano contributo alla nostra società” – Parole come quelle rilanciate ieri durante il comizio suonano vuote, senza una reale programmaticità che dia loro sostanza. Parlare di “immigrati regolari” non ha alcun senso, se non si prevede il cambiamento di un impianto normativo che, attualmente, rende irregolare chiunque perda un lavoro, solo per fare un esempio, o se non si sottolinea che ad oggi tutte le persone che fuggono da guerre e violenze sono obbligate a utilizzare passaggi illegali e insicuri, spesso mortali, da leggi europee e a cascata nazionali che non consentono l’arrivo legale (attraverso ad esempio l’implementazione di corridoi umanitari). O ancora, che tante persone di fatto italiane, nate e cresciute qui, che “danno il loro contributo alla società”, diventano irregolari proprio per i cavilli burocratici della legge di cittadinanza che la Lega Nord non vuole cambiare. Ma tutto questo alla gente non viene raccontato: è molto più facile lanciare slogan, strumentali al proprio discorso.
Lo stesso obiettivo è alla base della scelta del luogo in cui il leader del Carroccio ha tenuto il comizio: piazza SS. Apostoli. E’ in quella piazza che da mesi, nell’assordante silenzio del Comune di Roma, vivono circa cento persone, tra le quali molti bambini: sgomberate, lo scorso agosto, da un ex stabile Inps occupato da anni, nel quartiere Cinecittà, hanno trovato rifugio sotto il porticato della chiesa Santi Apostoli, nell’omonima piazza. Sono cittadini italiani, peruviani, eritrei. Nazionalità diverse, accomunate dalla stessa condizione di povertà, causata dall’aumento degli affitti e del costo della vita, associato, al contrario, alla diminuzione degli stipendi e dei posti di lavoro. Sono persone che da cinque mesi vivono all’addiaccio, nelle tende, con l’aiuto concreto di singoli cittadini, del prete della parrocchia, e dei movimenti per il diritto all’abitare, che ogni giorno portano colazione, pranzo e cena.
Proprio questi movimenti erano ieri a piazza Santi Apostoli, per protestare contro la retorica del “prima gli italiani” fatta dal leader della Lega Nord. Ma la protesta è stata confinata in una piccola via limitrofa alla piazza – via delle Vergini -, da cui poi i manifestanti non sono stati fatti uscire per oltre due ore, bloccati dagli agenti in assetto anti-sommossa in attesa che Salvini e le persone venute a ascoltare il comizio lasciassero la piazza. “E’ una provocazione portare proprio qui una kermesse razzista, contro l’immigrazione e lo ius soli”, hanno dichiarato alcuni membri del Movimento per il diritto all’abitare, denunciando da una parte l’assenza di un intervento della politica rispetto ad alcune questioni concrete – come l’emergenza casa – , e dall’altra l’uso strumentale di una retorica che divide le persone e non affronta i veri problemi che ricadono nella quotidianità di ognuno di noi: la necessità di una casa, di un lavoro dignitoso, del rispetto del diritto alla salute e all’istruzione. Una strumentalizzazione che risulta particolarmente pericolosa in un periodo come quello che stiamo vivendo, che vede il moltiplicarsi delle manifestazioni dei movimenti di estrema destra e delle violenze razziste.
Serena Chiodo