Cronache ed editoriali
Non ce l’ho fatta a leggere l’editoriale di Chiara Saraceno su Torino, pubblicato oggi su “Repubblica”. Lo leggerò e rileggerò con calma. Ho una grande stima di Chiara Saraceno, come di altri editorialisti che su “Repubblica” hanno scritto o disegnato contributi preziosi per la comprensione dell’emergenza-razzismo in Italia: Adriano Prosperi, Gad Lerner, Altan. Ma a volte bisogna fare forza anche a se stessi, per esplicitare meglio un sospetto ricorrente: a che serve argomentare con tanta precisione, appropriatezza, raffinatezza, coraggio, il giorno dopo? Non dico che Saraceno, e Altan, e Lerner, e Prosperi, non ci abbiano fornito strumenti per capire prima quello che sta accadendo. Dico che forse dovrebbero includere nella loro analisi quanto quel medesimo quotidiano che compriamo per poterli leggere nelle nostre comode case abbia potuto, il giorno prima, contribuire alla svalorizzazione di vite e averi – le povere masserizie, gli oggetti di uso quotidiano – che sono sempre più esposti al rischio di pogrom. Mi azzardo a usare la parola pogrom perché Adriano Prosperi, con coraggio e autorevolezza, la adoperò il 16 maggio 2008, a proposito di Ponticelli:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/05/16/il-pogrom-moderno.141il.html). Perché questi editoriali diventino stimoli all’analisi e non rimangano oggetti di consumo privilegiato, forse è meglio che si confrontino almeno con le altre pagine del quotidiano che li ospita.
Senza alcun dubbio
Su ”Repubblica-Torino” ieri, il giorno del rogo, si leggeva, accanto al titolo “Sedicenne stuprata in un androne a Torino”. Cito dall’edizione online (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/12/10/sedicenne-denuncia-violentata-sotto-casa.html).
Dico cose orribili tra virgolette, io che c’entro? (Etica professionale)
Nel testo della giornalista Erica Di Blasi le virgolette vengono devolute, con tipico e pusillanime scarico di responsabilità, a una drammatizzazione che era pura finzione: oggi lo sappiamo, ma ieri in molti lo avevano già sospettato,
«ERANO in due, sembravano zingari. Uno mi teneva ferma e l’ altro mi violentava….Solo quei due uomini: dall’ aspetto sembravano zingari. Uno, quello che mi ha violentato, aveva i capelli neri, ricci: una grossa cicatrice sul volto». Vero è che la cronista annota: “I militari della Compagnia Oltre Dora mantengono comunque il massimo riserbo sull’ intera vicenda: in queste ore sono in corso le indagini”. Ma ciò non le impedisce di drammatizzare, sempre avvalendosi delle virgolette, stavolta battute della madre «Vorrei solo averceli davanti quei bastardi: strapperei loro il cuore, esattamente come hanno fatto con mia figlia. Non ce la faccio a vederla soffrire così: non è più lei, ha paura. Dopo quello che è successo si sente sporca, ma lei è pulita. Non è colpa sua».
La cronista conclude con due righe che, lette dopo (ma anche prima, con un po’ di attenzione), suonano assai sinistre. “Anche il quartiere è sotto choc dopo quello che è accaduto. Oggi la famiglia di Sandra ha organizzato una manifestazione di protesta: una ronda rionale contro ogni forma di violenza”.
Pusillanimità: “Il corteo, organizzato come segno di solidarietà, è sfuggito al controllo” (La Stampa, 11 dicembre)
Sul fatto che si trattasse di una “ronda rionale contro ogni forma di violenza”, si poteva dubitare, se non altro a leggere un articolo de “La Stampa” dello stesso giorno, in cui a un certo punto si dice esplicitamente: “Nel mirino l’area della Continassa, dove vivono una cinquantina di rom. «Sappiamo dove si ritrovano. La situazione è insostenibile».”(http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/433818/).
Il titolo di quest’ultimo articolo è sbilanciato oltre ogni misura: “Mette in fuga i due rom che violentano la sorella”. Eppure l’autore, Massimiliano Peggio, avrebbe potuto essere meno perentorio, se è vero che delle indagini dei Carabinieri scrive: “I militari adesso stanno cercando di ricostruire la vicenda con grande cautela”. Invece no. Si spara un titolo come se alle spalle non avessimo decine e decine di casi simili, su cui la logica del capro espiatorio ha portato ad attribuzioni irresponsabili: Novi Ligure ed Erba, sono soltanto due tra questi casi, divenuti proverbiali, che dovrebbero portare cronisti e redattori a una maggiore prudenza. Quella attribuita il giorno dopo, sempre sulla stampa, agli investigatori dell’Arma dei Carabinieri: ”I carabinieri della compagnia Oltre Dora, che fin da subito si erano mossi con prudenza, ieri sera hanno scoperto la verità” (http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/433896/).
Perché la prudenza, che è virtù degli investigatori, non viene praticata da chi maneggia dichiarazioni così pesanti? Non bastano tanti precedenti orribili e dolorosi a consigliare di pensarci prima, vedere avanti, “providére” (da cui providentia e poi prudentia)?
Le scuse della “Stampa”. E “Repubblica”?
Sempre sulla “Stampa”, una novità. Insufficiente, rispetto all’orrore avvenuto, ma positiva. Il caporedattore Guido Tiberga interviene con un breve pezzo, “Il titolo sbagliato”, http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/433907/, in cui ammette la gravità dell’errore e anzi parla di “razzismo”.
“Un titolo che non lasciava spazio ad altre possibilità, né sui fatti né soprattutto sulla provenienza etnica degli «stupratori». Probabilmente non avremmo mai scritto: mette in fuga due «torinesi», due «astigiani», due «romani», due «finlandesi». Ma sui «rom» siamo scivolati in un titolo razzista. Senza volerlo, certo, ma pur sempre razzista. Un titolo di cui oggi, a verità emersa, vogliamo chiedere scusa. Ai nostri lettori e soprattutto a noi stessi.”
Ora, si tratta di vedere quanto durerà la coscienza di quest’errore e di questa responsabilità. Magari approfondita, come sembra necessario, da considerazioni sulla minore credibilità, in linea di principio, di “testimonianze” che ripropongono accuse radicate nell’immaginario anche da anni e anni di cattivo lavoro giornalistico. Non è solo un titolo (veramente orribile, certo) che è stato sbagliato, dalla “Stampa”, o da “Repubblica”, che, come dice un giornalista di cittadinanza non italiana, crede di rimediare con un editoriale. Da domani, si volta pagina, o no? O si ricomincerà, come dopo Novi, o Erba, fidandosi dell’imbecillità dei lettori? E riservando ai lettori colti l’editoriale intelligente?
“Questa città non è razzista”. E come farebbe?
Così ha detto, pare, Fassino. Ma nessuna città è razzista. E’ difficile dirlo dei singoli individui, figuriamoci di una città. Per questo non si capisce a chi stia ribattendo il sindaco di Torino (o altro sindaco, in altre occasioni, per altre città), se non per esorcizzare un tema scomodo o per distrarre l’attenzione dalla considerazione di responsabilità individuabili, sicuramente sul piano civile e culturale, e forse anche su quello giuridico.
Torino non è razzista, a Torino è avvenuto qualcosa che assomiglia molto a un pogrom. Mentre i carabinieri indagavano con cautela e prudenza, altri soggetti non agivano con prudenza: i giornalisti, per esempio, come ammette “La Stampa” (ma non “La Repubblica”, neppure questa volta). Ma forse anche la Questura, se è vero (ma è meglio controllare) che il volantino parlava esplicitamente di “far pulizia”, come scrive oggi “La Stampa”; è però probabile che le voci riportate dalla “Stampa” abbiano un qualche fondamento: su questa base, si poteva prevedere e impedire un attacco criminale alle baracche? Un po’ di prudenza, non avrebbe aiutato a rendere più limpide le scuse e le dichiarazioni di oggi? E infine: qualcuno ha chiesto scusa, ma in maniera convincente, a quelli di cui sono state bruciate le abitazioni? E ai loro bambini? Ha chiesto scusa, la polizia, di essere arrivata troppo tardi per salvare una pentola, una foto, un balocco? E “La Stampa”, non poteva estendere le scuse, oltre che ai lettori e a se stessa, già che c’era, anche alle vittime del pogrom?
Giuseppe Faso