Tutto riparte da un paniere attaccato a una corda che pende giù da una finestra in quel di Napoli. “Chi può metta, chi non può prenda…” indicano due cartelli sopra due ceste. E’ la solidarietà spontanea e trasversale, quella che non conosce frontiere se non quella dell’umanità.
Non è un caso che lo spunto sia partito proprio dalla Napoli creativa, la stessa che molto tempo fa aveva dato vita al “caffè sospeso”. “Si usava nei bar di Napoli, quando una persona era particolarmente felice perché aveva qualcosa da festeggiare oppure perché aveva iniziato bene la giornata, beveva un caffè e ne pagava due, per chi sarebbe venuto dopo e non poteva pagarselo. Era un caffè offerto … all’umanità. Di tanto in tanto qualcuno si affacciava alla porta e chiedeva se c’era “un caffè sospeso”… e spesso riceveva in cambio anche un sorriso”, scriveva Luciano De Crescenzo nel suo libro.
E in effetti, è una solidarietà “contagiosa” (rovesciando la negatività del termine utilizzato per cose brutte in questo periodo) quella che sta attraversando tutta l’Italia grazie a tantissimi comuni cittadini, ai tanti volontari e alle numerose associazioni.
E’ un piccolo messaggio positivo di speranza che ci fa bene in questa quotidianità sospesa, dove i giorni sembrano tutti uguali. La solidarietà ci tiene occupati e attivi nel “sospeso” della pandemia. E cosi si mette in moto la macchina per poter garantire cibo a tutti, coinvolgendo spesso anche le amministrazioni comunali e i sindaci, i quali hanno trovato anche forme originali per rendere meno difficile questa emergenza sanitaria.
Dopo oltre un mese di vite “sospese” dal lavoro, dalle attività quotidiane, ma anche dai contatti e dalle relazioni sociali, ora questo aggettivo rovescia anch’esso la sua negatività e attraversa l’Italia da nord a sud. E così nascono “i pasti sospesi”, “il pane sospeso”, “la spesa sospesa”, “il carrello sospeso”, “il paniere sospeso” e così via in ogni angolo della penisola, accompagnati dal tam tam dei social network.
Fare di necessità virtù, potremmo dire. E il circolo della solidarietà, spontaneamente, diventa virtuoso e virale. Già. Perché accanto alla solidarietà “ufficiale”, ne esiste una meno formale e più dal basso. Una solidarietà di vicinato e di quartiere che forse ci aiuterà anche a riscoprirci più umani, dopo questi ultimi anni di disumanità. Una solidarietà che conosce tutti, non esclude e non discrimina.
Di qui l’idea di percorrere, se pur virtualmente, la penisola e immergerci in questa pandemia solidale attraverso alcune iniziative che abbiamo scelto per rappresentarla e raccontarvela. Da nord a sud.
A Milano, sono nate le «staffette del mutuo soccorso»: attiviste e attivisti dello spazio sociale Cantiere distribuiscono in bici prodotti genuini e a km 0, sostenendo i piccoli produttori locali e portando il cibo a chi è in isolamento. Il Comune, poi, ha messo a disposizione la piattaforma Milano Aiuta. Al suo interno sono attive diverse realtà, da Emergency, alle Acli, all’Anpi. Emergency ha chiamato a raccolta per costituire brigate di volontari per l’emergenza. Insieme a molti cittadini non organizzati, si sono attivati anche alcuni gruppi dei centri sociali. Si aiuta chiunque chieda una mano per esigenze pratiche, come fare la spesa o cercare farmaci. La Brigata Lina Modotti, in particolare, ha aggiunto un’attività extra a quella delle altre: in cooperazione con pizzerie e forni che si trovano intorno alla stazione centrale distribuisce cibo ai senza fissa dimora.
A Torino, i centri sociali Gabrio e Askatasuna fanno la spesa e forniscono beni di prima necessità a chi ha problemi a uscire di casa. Mentre a Pisa le ragazze e i ragazzi di Exploit si sono messi a disposizione della cittadinanza per sbrigare piccole commissioni solidali, con lo slogan «Solidarietà e cura collettiva». L’Auser Empoli Filo d’Argento, in collaborazione con Comune, Misericordia, Pubbliche Assistenze Riunite di Empoli e Croce Rossa, svolgono un servizio di spesa e pasti a domicilio con l’aiuto degli scout Agesci.
A Bologna le attiviste e gli attivisti degli spazi sociali Labàs e Tpo escono in piena notte per distribuire, nel rispetto delle misure di sicurezza igienico-sanitaria, un kit medico ai senza tetto, del cibo e qualche parola di conforto.
A Roma, all’Alberone, sul muretto del giardino, ci sono file di scatole di pasta e beni di prima necessità. Alla Garbatella, lo spazio sociale ‘Casetta Rossa’ prepara nella sua cucina vaschette sigillate con piatti in monoporzioni da distribuire ai poveri del municipio e ai migranti e senza fissa dimora che vivono in strada vicino alla stazione Tiburtina, assistiti dall’associazione Baobab. In zona Piazza Bologna, lungo i marciapiedi, una lunga fila di sacchetti con pasta, salsa, biscotti andrà nelle case di chi non può permetterseli. Nel quartiere San Paolo, singole famiglie hanno postato l’invito per i condomini: “Se non hai un lavoro e non ricevi aiuto da nessuno e hai finito la scorta di cibo, per favore non andare a dormire senza mangiare!!! Scrivimi in privato senza vergognarti che poco o tanto che io possa avere a casa mia, ho piacere di condividere con te”. Tra Rebibbia, Ponte Mammolo e Casal de’ Pazzi, gli attivisti del comitato di quartiere «Mammut», dello spazio sociale Casale Alba 2 e del Forum per la Tutela del Parco di Aguzzano sono a disposizione per andare a fare la spesa, comprare i farmaci o sbrigare piccole commissioni. A Tufello e Monte Sacro sono i giovani dello studentato occupato Lab Puzzle a portare gratuitamente i beni di prima necessità nelle case di chi ha bisogno. Nella zona del Pigneto e Tor Pignattara, il circolo Arci Sparwasser e Nonna Roma hanno creato una rete di 193 volontari che distribuiscono la spesa a decine di persone. A chiedere supporto sono anziani e persone con problemi di disabilità. Infine, nel quartiere stretto tra la stazione Termini e la città universitaria della Sapienza, è stata la rete di quartiere della Libera Repubblica, con i centri sociali Esc, Communia e Nuovo Cinema Palazzo, l’Anpi e l’associazione Grande Cocomero, ad attivarsi subito dopo il decreto del 9 marzo scorso.
A Napoli, attiviste e attivisti dell’occupazione Ex OPg Je So’ Pazzo distribuiscono quotidianamente oltre 50 pacchi alimentari. Ogni pacco può garantire la sopravvivenza a un nucleo familiare di 3 persone per circa una settimana. Tutti i costi sono coperti attraverso un crowdfunding. Gli attivisti garantiscono anche assistenza a lavoratori e anziani e hanno attivato per questo dei numeri telefonici dedicati. Mentre l’Asl Napoli 1 Centro ha attivato da qualche giorno – con l’aiuto degli stessi pazienti – una distribuzione a domicilio di generi alimentari per gli utenti e le loro famiglie in difficoltà per l’epidemia Covid 19, denominata “Psicopacco al centro storico”. Sempre nei vicoli del centro di Napoli, oltre al paniere solidale con le ceste, sfrecciano ragazzi sui motorini e questa volta non sono le “stese” di camorra, ma ‘stese’ di solidarietà organizzate dall’associazione evangelica ‘Tabita onlus’ di Sant’Anna di Palazzo ai Quartieri Spagnoli: i giovani si fermano davanti alle abitazioni dei più bisognosi per consegnare generi di prima necessità e poi ripartono per raggiungere un altro destinatario. In Molise si lascia la pasta lasciata pagata come il caffè, e nel Salernitano con la farina viene regalato anche lievito. A Matera, in una piccola bottega di vicinato si regala lievito madre per panificare.
Questi piccoli gesti qui ricordati si aggiungono a tutti quelli portati avanti nelle ultime settimane da imprenditori, associazioni e organizzazioni. Donazioni di soldi, materiale sanitario e mascherine consegnate a chi ne ha bisogno e a chi il virus lo sta combattendo in prima linea.
Gesti semplici e pregnanti, ma che possono davvero fare la differenza e farci sentire meno soli.