“Gli operai cinesi arsi vivi, intrappolati come topi fra pareti di cartone e pavimenti d’amianto, non erano altro che forza-lavoro bruta, nuda vita a disposizione del capitale globalizzato [..] al servizio del cieco meccanismo del profitto e della competitività a ogni costo e su scala planetaria [..] dalle quali traggono profitto numerosi attori economici, di ogni livello e non solo cinesi, fino all’immobiliare italiana proprietaria dello squallido capannone”: lo scrive Anna Maria Rivera in un articolo pubblicato su Il manifesto e riproposto, in versione ampliata, su MicroMega.
“Il Macrolotto di Prato ci riguarda assai da vicino: è il ‘modello di sviluppo’ che intendono imporci ‘per uscire dalla crisi’; è la sorte che già è riservata a tanta parte del nuovo proletariato arcaico, di ogni colore e nazionalità”, sottolinea Rivera, denunciando anche che “senza una rete vasta di profittatori e complici non si costruisce un sistema economico illegale dal valore di almeno un miliardo di euro l’anno”.
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