Contenere la spesa pubblica, tagliare i privilegi, rimettere in moto la macchina Italia a partire da una corretta gestione della spesa pubblica. Sono gli assi del discorso che ha imbastito la politica negli ultimi anni: l’azienda Italia deve rimettere a posto i propri conti, se vuole continuare a vivere.
Ma di quali conti si parla? E chi è che ha sbagliato? Se un’azienda non funziona, dovrebbero essere i vertici aziendali a trarne le conseguenze e dimettersi. Nella gestione dei poderosi conti statali individuare le responsabilità sembra sempre impossibile.
Eppure una cosa è certa: le spese per il controllo dell’immigrazione hanno una precisa origine, visto che esse sono quasi esclusivamente incentrate sul tentativo di reprimere il fenomeno. Centri di detenzione, espulsioni coatte, controllo delle frontiere marittime e terrestri, accordi con i paesi frontalieri. La lista è lunga.
E allora come e quanti soldi sono stati utilizzati negli ultimi anni per il controllo della immigrazione regolare? E quei soldi andavano effettivamente spesi? A una richiesta di maggiori finanziamenti corrispondeva un aumento dell’immigrazione irregolare, come sembrerebbe ovvio?
Lunaria ha tentato di metterli in fila, insinuandosi nei meandri, molto stretti e oscuri, che custodiscono quello che sembra quasi un segreto di Stato: i centri di identificazione e di espulsione, i pattugliamenti in mare, il sostegno nei confronti dei paesi frontalieri, in particolar modo negli ultimi anni quelli del Nord Africa a partire dalla Libia. Sono questi i principali capitoli di bilancio per ricostruire quanto lo Stato italiano spende ogni anno per tentare di bloccare l’immigrazione irregolare. Conti che sono difficilissimi da stanare: la trasparenza non è di casa quando si tratta di mettere nero su bianco quanto si è speso per “combattere i clandestini”, urlo di battaglia molto caro ad alcune forze politiche che ancora oggi siedono in Parlamento.
Una cifra, alla fine, si riesce a estrapolare che, come spiega Grazia Naletto, la presidente di Lunaria, altro non è che una stima sicuramente parziale: 1 miliardo 668 milioni è quanto è stato stanziato tra il 2005 e il 2011. Un pozzo senza fondo, visto che “stando ai dati dei rimpatri effettivamente realizzati, le politiche di contrasto all’immigrazione irregolare risultano essere fallimentari nell’ottica dello stesso legislatore”, ha detto ancora Naletto.
Alcuni esempi sono lampanti. Uno: il controllo delle frontiere marittime. Ovviamente alla bulimia della spesa per il contrasto dell’immigrazione irregolare contribuisce anche la scelta dell’Unione europea di mettere questo “problema” al centro dell’azione comunitaria, con la predisposizione di programmi specifici ben finanziati.
Uno di questi è il Fondo Europeo per le frontiere esterne, Ebbene dal 2008 al 2012 il fondo, per quanto riguarda l’Italia, non ha fatto altro che lievitare costantemente con un contributo equivalente da parte dell’Italia e dell’Unione europea: poco più di 34 milioni stanziati nel 2008 per arrivare a 105 milioni nel 2012. I soldi sono serviti a fare varie cose, dal miglioramento dei sistemi anti-sofisticazione dei visti, fino all’acquisto di mezzi di contrasto.
Difficile avere dati sulla disaggregazione della spesa, si sa solo qualcosa: per esempio nel 2012 sono stati acquistati 8 battelli pneumatici che costano 225 mila euro l’uno. Ma sono proprio necessari? Non si direbbe a guardare i dati sugli sbarchi, che oltre a non aver mai rappresentato – storicamente – grandi numeri sono tendenzialmente in calo a partire dal 2005. Calo che, ovviamente, è stato presentato a lungo come un risultato dei migliori pattugliamenti. Ma se i pattugliamenti sono sufficienti, allora è il caso di raddoppiare la spesa? E inoltre: come mai quando sono esplose le rivolte nei paesi del nord Africa le coste italiane hanno assistito allo sbarco record – era il 2011 – di quasi 63 mila persone?
Qualunque persona di buon senso osserverebbe che, quando accadono eventi eccezionali a pochi chilometri di distanza, evidentemente il fenomeno delle migrazioni cresce – pattugliamenti o no. Intanto, però, nell’anno successivo – quindi, come dire, a “crisi” superata – l’Italia ha ottenuto il finanziamento record di quasi 53 milioni, e altrettanti ne ha versati nel programma di pattugliamento delle frontiere, per un totale di ben 105.575.880,00 euro. Ma nel 2012 sono sbarcate solo 13 mila persone. Saranno necessari quei 95,6 milioni di euro destinati all’acquisto di 3 aerei ad ala fissa, 5 elicotteri per la Polizia di frontiera e la Guardia di Finanza. I costi unitari vanno da 4,5 a 8 milioni di euro per un aereo ad ali fisse, ai 10 -15 milioni di euro per un elicottero?
Altro esempio: i rimpatri. Aldilà dell’arrivo dei migranti irregolari, ovviamente un altro elemento fondamentale della “lotta all’immigrazione irregolare” dovrebbe essere quello di rintracciare sul territorio persone prive dei requisiti per la permanenza e rimpatriarle di conseguenza. In effetti sia l’Italia che l’Unione europea sembrano impegnatissime a far funzionare la macchina delle espulsioni: basta guardare i soldi che impiegano. Sono molteplici i fondi che vengono utilizzati per far tornare una persona “a casa sua”, come direbbe qualche leghista. C’è il fondo europeo per i rimpatri: 14 milioni nel 2012, di cui la maggior parte utilizzati per quello forzosi, e meno della metà per i rimpatri assistiti, anche se secondo le direttive europee dovrebbero essere quelli più incentivati. Poi ci sono le “azioni integrate” tra i vari paesi europei finanziati da Frontex, (39,4 milioni di euro destinati alle operazioni di rimpatrio congiunte tra il 2006 e il 2012, con un’incidenza sempre maggiore per un’Agenzia nata per il controllo delle frontiere). E, last but not least, ci sono i centri di identificazione e espulsione. Su questo punto, ovviamente centrale nel contrasto all’immigrazione irregolare in Italia, lo Stato non permette di fare bene i conti perché nel Rendiconto generale dello stato mette in uno stesso calderone i Cie, con i Cara – destinati ai richiedenti asilo e ai rifugiati – i Centri di primo soccorso. Basti dire che in sette anni – dal 2005 al 2011 – la spesa per il “sistema centri” è stata complessivamente di 1 miliardo di euro (nel dossier la disaggregazione dei dati è molto più approfondita).
Ma con tutti questi soldi a disposizione, quanti migranti irregolari saranno stati espulsi dall’Italia? Il dato rischia di essere sconfortante, per chi pensa che l’unico modo di eliminare l’immigrazione irregolare sia quello di mettere fuori dai confini i migranti senza il permesso di soggiorno. Perché dal 2005 al 2011 le persone respinte alla frontiera o rimpatriate dall’Italia sono state solo 214.583. A voler aggiungere anche gli inottemperanti, tanto per considerare il lavoro svolto dalle forze dell’ordine grazie a finanziamenti così sostanziosi, si arriva a un totale di 540.389 persone.
Il dato, oltretutto, stride ancora di più se si considerano i numeri ben più consistenti delle persone che sono state regolarizzate grazie ai provvedimenti di emersione, le cosiddette “sanatorie”: con sette provvedimenti detti “una tantum” – dall’ ’86 al 2012 – hanno ottenuto un permesso di soggiorno 1.661.291 persone arrivate “illegalmente” in Italia.
Insomma, un grosso sforzo politico e economico, italiano e comunitario, per dare la caccia all’immigrato irregolare non solo non ha ottenuto risultati efficaci, ma oltretutto è stato “anticiclico”, riversando nei capitoli di bilancio dedicati al contrasto all’immigrazione milioni di euro, proprio quando in Italia e in Europa si registra un calo degli arrivi, regolari e non.
E così l’Europa assomiglia sempre di più a una fortezza altera, e solitaria.