Il report “La Fabbrica della tortura”, diffuso oggi da Medici per i diritti umani, chiede al governo italiano “la sospensione e la revisione integrale dell’accordo Italia-Libia”, mentre all’Unione europea e alla comunità internazionale avanza la richiesta di “chiusura immediata di tutti i centri di detenzione ufficiali e l’evacuazione, sotto l’egida delle Nazioni Unite, dei migranti e rifugiati lì detenuti verso Paesi sicuri”. “La comunità internazionale – afferma Medu – ha la responsabilità storica di non aver reagito in modo tangibile di fronte ad un fenomeno di queste proporzioni ed e oggi chiamata, seppur in gravissimo ritardo, a rispondere con le massime energia ed urgenza”. Dalla lettura del report, si evidenzano alcuni dati interessanti e di un certo peso. Il rapporto analizza il periodo che va dal 2014 ad oggi sotto tre punti di vista: 1) i flussi migratori che giungono in Italia dalle coste libiche; 2) il sistema di abusi e di sfruttamento che si consuma in Libia ai danni di migranti e rifugiati; 3) le conseguenze psico-fisiche delle violenze subite. Viene inoltre approfondito il confronto di due fasi; i tre anni che precedono l’accordo Italia-Libia sui migranti (febbraio 2014 – gennaio 2017) e i tre anni successivi al medesimo accordo (febbraio 2017 – gennaio 2020).
Dal 2014 ad oggi (febbraio 2020), cioè nell’arco di circa 6 anni, sono sbarcati in Italia 660mila migranti. Il report constata, poi, anche il drastico calo dei flussi migratori che giungono in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, nel 90% dei casi in partenza dalla Libia, provenendo dai Paesi dell’Africa occidentale o del Corno d’Africa, ma anche da alcuni Paesi extra africani come la Siria e il Bangladesh . Nel triennio 2014-2017 sono sbarcate circa 504mila persone mentre nel triennio successivo ne sono arrivate 153mila con una riduzione di circa il 70%.
“Tutti i migranti detenuti hanno subito continue umiliazioni e in molti casi oltraggi religiosi e altre forme di trattamenti degradanti – si legge nel report -. Nove migranti su dieci hanno dichiarato di aver visto qualcuno morire, essere ucciso o torturato. Alcuni sopravvissuti sono stati costretti a torturare altri migranti per evitare di essere uccisi. Numerosissime le testimonianze di migranti costretti ai lavori forzati o a condizioni di schiavitù per mesi o anni”. L’80% dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati assistiti all’interno dei progetti di riabilitazione medico-psicologica per le vittime di tortura di Medu in Sicilia e a Roma (circa 800 pazienti) presentava ancora segni fisici compatibili con le violenze riferite e conseguenze psicologiche e psico-patologiche della violenza.
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