Mentre la stampa locale diffonde la notizia della protesta dei profughi a Piaggerta con titoli e contenuti abbastanza “fantasiosi”, Africa Insieme e Progetto Rebeldia pubblicano un comunicato stampa per provare a fare chiarezza sulla vicenda. Pare che, dopo la protesta, la Prefettura e la Società della salute abbiano promesso di intervenire, nei limiti del possibile, ad esempio dando loro delle bici per raggiungere la città e “sensibilizzando” sulla cottura dei cibi, ma – è stato aggiunto – invitando a “rispettare le regole dell’accoglienza senza esasperazione e senza contestazioni pretestuose“. Duri i commenti a riguardo da parte di alcuni esponenti della Lega Nord locali, fra i quali Susanna Ceccardi (“Piaggerta torni ai disabili e sia tolta ai clandestini“) e Roberto Salvini (“Considerando la perdurante crisi che molte famiglie toscane stanno attualmente patendo, abbiamo l’impressione che l’atteggiamento sfrontato degli immigrati, palesi una chiara volontà di prendere in giro chi li aiuta quotidianamente”). Ecco il comunicato:
La protesta dei profughi ospitati a Piaggerta ha suscitato reazioni scomposte e ai limiti dell’isteria,
che gettano un’ombra sulla professionalità degli enti chiamati a organizzare l’accoglienza. Tutto il dibattito si è focalizzato sul «riso acquoso», o sulla presenza di «cervi e cinghiali» che spaventerebbero i migranti: così, questioni drammaticamente serie – la collocazione dei profughi sul territorio, le strategie di inserimento sociale, le modalità di accoglienza – si trasformano in farsa. E
un dibattito complesso, che coinvolge tutta Europa, diventa una specie di commedia all’italiana, dove i profughi inscenano la parte di bambini bizzosi e ingrati. Ciliegina sulla torta, le teorie complottiste: secondo l’assessore Capuzzi la protesta sarebbe manovrata da «alcune associazioni» (quali?), mentre per il presidente di Paim vi sarebbero «personaggi ambigui dietro le quinte». E l’idea di una cospirazione per il «riso troppo acquoso» si commenta da sola…
È davvero così difficile riportare il dibattito alle sue reali poste in gioco? Dell’opportunità di ospitare
i profughi a Piaggerta si è discusso a lungo, e con argomentazioni ben più serie. La struttura,
collocata nel cuore del Parco di S. Rossore, è certo un’oasi di tranquillità ideale per i turisti: non è
però idonea ad ospitare migranti che devono inserirsi nel tessuto sociale, trovare opportunità lavorative e imparare la lingua. E difatti gli standard del Ministero dell’Interno specificano che – citiamo testualmente dal Manuale Operativo SPRAR – «le strutture di accoglienza devono essere collocate in luoghi abitati, facilmente raggiungibili dal trasporto pubblico». Non è difficile capire che le proteste su «cervi e cinghiali» derivano dal senso di isolamento e di marginalità: sono dunque l’espressione di un disagio che andrebbe ascoltato e compreso.
In questi anni gli enti locali, e in particolare il Comune di Pisa, hanno fatto di tutto per tenere i
profughi a debita distanza dalla città: ricordiamo che i nostri territori sono stati citati, in una inchiesta de L’Espresso l’anno passato, come i meno disponibili all’accoglienza. Sono scelte che si pagano, queste: perché alimentare l’esclusione sociale comporta un prezzo, in termini sociali e anche
economici. La pantomima sui profughi «ingrati» impedisce di aprire un dibattito serio. E lascia emergere pulsioni autoritarie indegne di istituzioni democratiche. Così, in queste ore abbiamo sentito dire dalla Prefettura che, in caso di altre proteste, sarà revocata l’accoglienza: e perché mai una pacifica manifestazione deve essere punita? Dove sta scritto che i profughi non hanno diritto ad esprimere pacificamente il loro pensiero? È ora di riaprire in città una discussione vera sull’accoglienza e sull’inclusione dei migranti: un tema che ha dimensioni europee, e che per questo merita di essere trattato in modo attento e meditato. Le malignità sul «riso troppo acquoso» non aiutano a capire, instaurano un clima di ostilità e diffidenza, e non fanno onore alla professionalità di operatori e giornalisti locali.