Il “premio nascita” di 800 euro una tantum (di cui all’art. 1, comma 353 della L. 232/2016) spetta a tutte le mamme italiane e straniere: e fra queste ultime, a tutte quelle regolarmente soggiornanti, indipendentemente dalla tipologia del permesso di soggiorno. Lo ha ribadito, con una sentenza, la Corte d’appello di Milano, respingendo l’appello proposto dall’Inps.
Ad annunciarlo con una nota, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, Avvocati per niente e Fondazione Piccini.
Le associazioni auspicano che questo sia l’ultimo atto di una lunga battaglia per i diritti di tutte le mamme. E confidano nel fatto che l’Inps “assuma una decisione definitiva sul punto, chiudendo il contenzioso e garantendo il rispetto pieno e senza riserve della decisione”. L’Inps ha tenuto a precisare che sta già pagando da febbraio il bonus anche alle mamme straniere, con qualsiasi permesso di soggiorno, ottemperando all’ordinanza di primo grado (la n. 6019 del 12/12/2017, noi ne avevamo dato notizia qui), che ha dichiarato illegittima la loro esclusione (messaggio n. 661 del 13 febbraio 2018), riesaminando, su istanza, anche le domande respinte in applicazione delle circolari n. 39/2017, n. 61/2017 e n. 78/2017. Tito Boeri, presidente dell’Inps, aveva anticipato il costo stimato in 18 milioni di euro, considerando che le nascite da cittadine straniere sono circa il 5% del totale, ovvero 24.500.
Per le associazioni, se l’Inps proseguisse il contenzioso, “la situazione sarebbe paradossale non solo perché trattasi di prestazione che ha esattamente lo scopo di creare condizioni di maggiore serenità e sicurezza nel momento della nascita, ma anche perché, in questo contesto, la singola mamma avrebbe interesse a garantirsi un titolo di credito proprio (cioè una decisione del giudice che riguardi espressamente il suo caso) distinto da quello che deriva dalla decisione sulla causa collettiva; in tal modo si perderebbe l’effetto “deflattivo” che le stesse associazioni perseguivano, con il rischio di una moltiplicazione di giudizi individuali, a spese della collettività“.
La nota di Asgi, Avvocati per niente e Fondazione Piccini ricorda anche che “il diritto riguarda tutte le mamme che sono entrate nel settimo mese di gravidanza dal 1.1.2017 al 31.12.2017 e che la domanda deve essere presentata entro un anno dal 1.5.2017, oppure entro un anno dal compimento del settimo mese di gravidanza se iniziato successivamente al 1.5.2017”.
L’Inps, d’altra parte, ha sempre sostenuto di aver escluso dal “premio nascita” le cittadine straniere non lungo-soggiornanti sulla base di quelle che erano le indicazioni al riguardo provenienti dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che operavano la stessa distinzione per il bonus bebè. Ora i giudici hanno confermato in Appello che tale distinzione è discriminatoria.
Resta da vedere se l’Inps vorrà arrivare sino in Cassazione, nonostante già due gradi di giudizio gli abbiano dato torto (e come d’altronde è stato già acclarato con il caso del cosiddetto “bonus bebé”), lasciando nell’incertezza tantissime mamme. Solo in virtù della “durata” di un permesso di soggiorno che farebbe da discrimine.