La Carta di Lampedusa è un patto che unisce tutte le realtà e le persone che la sottoscrivono nell’impegno di affermare, praticare e difendere i principi in essa contenuti, nei modi, nei linguaggi e con le azioni che ogni firmatario/a riterrà opportuno utilizzare e mettere in atto.
Inizia così la Carta di Lampedusa, risultato di un processo di costruzione di un diritto dal basso che si è articolato attraverso l’incontro di molteplici realtà e persone che si sono ritrovate a Lampedusa dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014.
La Carta di Lampedusa non è una proposta di legge o una richiesta agli stati e ai governi. E’ piuttosto un’affermazione e una dichiarazione di intenti. L’affermazione della necessaria radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici e della essenziale costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione alcuna che si basi sulla nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita.
Sottoscrivendola, ci si impegna ad affermarla e a metterla in atto ovunque nelle nostre pratiche di lotta politica, sociale e culturale.
Sul sito www.meltingpot.org si possono trovare tutti i materiali prodotti durante l’incontro.
Pubblichiamo di seguito il testo completo della Carta di Lampedusa.
La Carta di Lampedusa
Testo approvato a Lampedusa l’1 Febbraio 2014
PREAMBOLO
La Carta di Lampedusa è un patto che unisce tutte le realtà e le persone che la sottoscrivono nell’impegno di affermare, praticare e difendere i principi in essa contenuti, nei modi, nei linguaggi e con le azioni che ogni firmatario/a riterrà opportuno utilizzare e mettere in atto.
La Carta di Lampedusa è il risultato di un processo costituente e di costruzione di un diritto dal basso che si è articolato attraverso l’incontro di molteplici realtà e persone che si sono ritrovate a Lampedusa dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014, dopo la morte di più di 600 donne, uomini e bambini nei naufragi del 3 e dell’11 ottobre 2013, ultimi episodi di un Mediterraneo trasformatosi in cimitero marino per le responsabilità delle politiche di governo e di controllo delle migrazioni.
La Carta di Lampedusa non è una proposta di legge o una richiesta agli stati e ai governi.
Da molti anni le politiche di governo e di controllo dei movimenti delle persone, elemento funzionale alle politiche economiche contemporanee, promuovono la disuguaglianza e lo sfruttamento, fenomeni che si sono acuiti nella crisi economica e finanziaria di questi primi anni del nuovo millennio. L’Unione europea, in particolare, anche attraverso le sue scelte nelle politiche migratorie, sta disegnando una geografia politica, territoriale ed esistenziale per noi del tutto inaccettabile, basata su percorsi di esclusione e confinamento della mobilità, attraverso la separazione tra persone che hanno il diritto di muoversi liberamente e altre che per poterlo fare devono attraversare infiniti ostacoli, non ultimo quello del rischio della propria vita. La Carta di Lampedusa afferma come indispensabile una radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici – che caratterizzano l’attuale sistema e che sono a fondamento dell’ingiustizia globale subita da milioni di persone – a partire dalla costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione alcuna che si basi sulla nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita.
La Carta di Lampedusa si fonda sul riconoscimento che tutte e tutti in quanto esseri umani abitiamo la terra come spazio condiviso e che tale appartenenza comune debba essere rispettata. Le differenze devono essere considerate una ricchezza e una fonte di nuove possibilità e mai strumentalizzate per costruire delle barriere.
La Carta di Lampedusa assume l’intero pianeta come spazio di applicazione di quanto sancisce, il Mediterraneo come suo luogo di origine e, al centro del Mediterraneo, l’isola di Lampedusa. Le politiche di governo e di controllo delle migrazioni hanno imposto a quest’isola il ruolo di frontiera e confine, di spazio di attraversamento obbligato, fino a causare la morte di decine di migliaia di persone nel tentativo di raggiungerla. Con la Carta di Lampedusa si vuole, invece, restituire il destino dell’isola a se stessa e a chi la abita. È a partire da questo primo rovesciamento dei percorsi fino ad oggi costruiti dalle regole politiche ed economiche predominanti, che la Carta di Lampedusa vuole muoversi nel mondo.
Indipendentemente dal fatto che il diritto dal basso proclamato dalla Carta di Lampedusa venga riconosciuto dalle attuali forme istituzionali, statali e/o sovrastatali, ci impegniamo, sottoscrivendola, ad affermarla e a metterla in atto ovunque nelle nostre pratiche di lotta politica, sociale e culturale.
La Carta di Lampedusa è divisa in due parti che rispecchiano la tensione tra i nostri desideri e le nostre convinzioni e la realtà del mondo che abitiamo. La Parte Prima elenca i nostri principi di fondo da cui muoveranno tutte le lotte e le battaglie che si svilupperanno a partire dalla Carta di Lampedusa. La Parte Seconda risponde invece alla necessità di confrontarsi con la realtà disegnata dalle attuali politiche migratorie e di militarizzazione dei confini, con il razzismo, le discriminazioni, lo sfruttamento, le diseguaglianze, i confinamenti e la morte degli esseri umani che esse producono, affermando, rispetto a tale realtà, i punti necessari per un suo complessivo cambiamento.
PARTE PRIMA
LIBERTA’ DI MOVIMENTO
La Carta di Lampedusa afferma la libertà di movimento di tutte e tutti.
Riconoscendo che la storia umana è storia di migrazioni, ma che le migrazioni sono oggi anche elemento essenziale del neoliberismo e del sistema economico capitalista; riconoscendo che le politiche migratorie sono oggi tra i meccanismi principali attraverso cui si ridefiniscono le divisioni di classe e riemergono i rapporti e le asimmetrie coloniali tra gli stati; affermando l’ipocrisia di ogni retorica politica che promuove l’obiettivo dichiarato di arrestare la mobilità dei e delle migranti; consapevoli che il diktat di muoversi nel mondo seguendo le necessità dell’economia globale è un imperativo che riguarda una grande parte degli esseri umani, mentre la libertà di farlo seguendo un proprio progetto di vita è un privilegio a cui ha accesso una parte minoritaria della popolazione mondiale; riconoscendo che il modo in cui vengono regolati i percorsi migratori crea forme di inclusione e di esclusione che producono condizioni giuridiche, sociali ed economiche gerarchicamente diversificate per milioni di persone che si muovono nel mondo, ma alle quali è preclusa la libertà di determinare i propri percorsi,
La carta di Lampedusa afferma che non può essere accettata nessuna divisione tra gli esseri umani tesa a stabilire, di volta in volta, chi, a seconda del suo luogo di nascita e/o della sua cittadinanza, della sua condizione economica, giuridica e sociale, nonché delle necessità dei territori di arrivo, sia libero di spostarsi in base ai propri desideri e bisogni, chi possa farlo soltanto in base a un’autorizzazione, e chi, infine, per poter compiere quello stesso percorso, debba accettare di subire pratiche di discriminazione, di sfruttamento e violenza anche sessuali, di disumanizzazione e mercificazione, di confinamento della propria libertà personale, e di rischiare di perdere la propria vita.
LIBERTA’ DI SCELTA
Osservando come le politiche di governo e di controllo delle migrazioni funzionino anche attraverso dispositivi volti a incanalare il percorso migratorio delle singole persone, bloccandole in alcuni paesi, respingendole nei paesi di attraversamento, o riportandole nei paesi di primo arrivo, e condizionino in questo modo le loro possibilità di scegliere liberamente il loro percorso, il loro luogo di residenza e/o di modificare in qualsiasi momento tale scelta,
La Carta di Lampedusa, slegando il concetto di spazio da ogni logica di proprietà e privatizzazione, inclusa quella propria della tradizione degli stati nazionali, afferma la libertà di ogni essere umano di scegliere il luogo in cui abitare e la conseguente libertà di opporsi e battersi per rimuovere gli ostacoli che a essa si frappongono. Tale libertà si riferisce anche ai/alle minorenni adolescenti che vanno considerati/e in quanto persone consapevoli, pur nella necessità di garantire per essi/e ogni forma di tutela legata alla loro minore età.
LIBERTA’ DI RESTARE
Dichiarando che i conflitti armati, le catastrofi climatiche e l’ingiustizia globale che devastano gran parte del pianeta sono fenomeni connessi all’attuale modello economico; osservando come, in nome di una crescita economica che non tiene conto della preservazione ambientale e del futuro di tutte le persone, la produzione è delocalizzata dove il profitto può sfuggire ad ogni regola, le risorse sono sfruttate e redistribuite in modo sempre più iniquo; affermando che, anche quando migrare appare una scelta intimamente connessa alla vita privata delle persone, essa non è mai del tutto scindibile dal contesto ambientale e sociale in cui matura; constatando che le diseguaglianze e le ingiustizie economiche violano la libertà di restare anche di milioni di genitori cui viene di fatto impedito di crescere i/le propri/e figli/e, anche bambini e minori adolescenti, in una condizione di prossimità perché la migrazione della madre, del padre o di entrambi, o dei minori da soli, diventa a volte il solo modo di garantire per essi/e le condizioni di vita a cui aspirano;
A.La Carta di Lampedusa afferma la libertà di restare come libertà di tutti/e di non essere costretti/e ad abbandonare il paese in cui si nasce o che si abita quando non si sceglie di farlo. La Carta di Lampedusa afferma altresì la libertà di lottare, promuovere, costruire tutte le iniziative necessarie a rimuovere ogni forma di sfruttamento, assoggettamento economico, politico, militare e culturale che impedisca l’esistenza autonoma, libera, indipendente e pacifica di tutte le persone che abitano il mondo.
Osservando come i dispositivi di respingimento formali e informali, le pratiche di identificazione, detenzione e confinamento, i percorsi autorizzati ma condizionati, e l’attribuzione di status differenziati, impediscano a chi migra di farlo con la libertà di scegliere dove arrivare e dove restare,
B. La Carta di Lampedusa afferma la libertà di restare come libertà di abitare qualsiasi luogo, diverso da quello di nascita e/o di cittadinanza, anche una volta che le persone abbiano lasciato il proprio paese, e di costruire in tale luogo il proprio progetto di vita.
Riconoscendo nelle norme che oggi condizionano il diritto di soggiorno al possesso di riconoscimenti formali di produttività economica uno strumento di ricatto e differenziazione degli status giuridici e delle possibilità di vita delle persone, La Carta di Lampedusa afferma che la libertà di restare nel paese che si è scelto una volta che si è lasciato il proprio non può in alcun modo essere subordinata allo svolgimento di attività lavorativa riconosciuta e autorizzata sulla base delle necessità del mercato del lavoro dei luoghi di arrivo. La Carta di Lampedusa afferma inoltre che la libertà di restare e di costruire il proprio progetto di vita nel luogo in cui si è scelto di abitare implica l’assenza di ogni sfruttamento e un accesso alla salute, alla casa, al lavoro e all’istruzione, alla comunicazione e all’informazione, anche e soprattutto giuridica, senza nessuna discriminazione, così come la rimozione di ogni ostacolo, in ogni ambito dell’esistenza, che possa impedire l’esercizio di tale libertà.
LIBERTA’ DI COSTRUZIONE E REALIZZAZIONE DEL PROPRIO PROGETTO DI VITA IN CASO DI NECESSITA’ DI MOVIMENTO
Riconoscendo che la produzione cronica e strutturale di conflitti, nonché delle catastrofi climatiche e ambientali, così come economiche e sociali, determina l’immediata necessità di abbandonare il luogo in cui essi si sviluppano,
La Carta di Lampedusa afferma che ogni essere umano che si trovi nella necessità di muoversi dal suo paese di nascita e/o di cittadinanza, o dal paese in cui ha scelto di vivere, in ragione di ogni tipo di persecuzioni individuali e/o collettive, già avvenute o potenziali, ha la libertà di scegliere il luogo in cui stabilirsi e di ricongiungersi in tale luogo con le persone che appartengono al proprio nucleo affettivo. Ciò non deve in alcun modo essere messo in contrapposizione con la libertà di movimento, di restare e di scelta del luogo in cui abitare delle persone che non vivono tali condizioni.
La Carta di Lampedusa afferma che in tali casi a tutte e tutti deve essere riconosciuta e garantita immediatamente la possibilità di potersi muovere in sicurezza, senza condizionamenti e impedimenti.
La Carta di Lampedusa afferma inoltre che in tali casi a tutte e tutti devono essere garantite tutele giuridiche, economiche, sociali, culturali ed esistenziali lungo tutti i paesi attraversati nel loro percorso. Le stesse tutele, nonché l’accesso alla condivisione dello spazio e delle risorse, vanno garantiti nei luoghi in cui le persone avranno scelto di stabilirsi affinché possano costruire e realizzare il loro progetto di vita. Tali tutele dovranno essere loro garantite anche nel caso in cui decidano di cambiare il luogo in cui abitare.
LIBERTA’ PERSONALE
La Carta di Lampedusa afferma che nessun essere umano, in nessun caso, può essere privato della libertà personale, e quindi confinato o detenuto, per il fatto di esercitare la libertà di muoversi dal luogo di nascita e/o di cittadinanza, o la libertà di vivere e di restare nel luogo in cui ha scelto di stabilirsi.
LIBERTA’ DI RESISTENZA
La Carta di Lampedusa afferma la Libertà di tutte e di tutti di resistere a politiche tese a creare divisione, discriminazione, sfruttamento e precarietà degli esseri umani, e che generano diseguaglianza e disparità.
Constatando inoltre come le attuali politiche di governo e di controllo delle migrazioni siano uno dei principali strumenti per creare tali condizioni,
La Carta di Lampedusa afferma la Libertà di tutti e di tutte di resistere a tali politiche nella loro complessità, così come nei loro specifici meccanismi di funzionamento, che si tratti dell’istituto dei campi di contenimento e/o detenzione, dei confini, dei permessi di soggiorno legati ai contratti di lavoro, delle pratiche di deportazione, espulsione e respingimento, di non parità nell’accesso al lavoro e alla casa, di sfruttamento della forza lavoro migrante, di precarizzazione delle condizioni di vita e di lavoro, delle politiche di selezione e contenimento della mobilità in base all’economia di mercato, delle politiche dei visti, delle politiche delle quote, delle pratiche di militarizzazione dei territori e del mare per controllare e impedire la mobilità degli esseri umani.
La Carta di Lampedusa afferma inoltre la libertà e il dovere di disobbedire a ordini ingiusti.
PARTE SECONDA
SMILITARIZZAZIONE DEI CONFINI
Considerando che, tra i paesi dell’Unione Europea, Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia, Spagna e Svezia, sono tra i dieci maggiori esportatori di armi nel mondo; che un’altissima percentuale di queste viene importata proprio da quei paesi in situazioni di conflitto e/o accusati di violare diritti umani e libertà democratiche, dai quali le persone fuggono; riconoscendo che le attuali politiche di governo e controllo delle migrazioni comportano un processo di militarizzazione dei territori interni e delle zone di confine degli stati, inclusi quelli da cui si vogliono bloccare o filtrare le partenze, spesso mascherato dalla retorica dell’umanitario o fatto passare per un semplice dispositivo di sicurezza o di vigilanza; riconoscendo che l’isola di Lampedusa ha assunto un ruolo centrale in questo processo e che la militarizzazione tesa al controllo dei confini e delle migrazioni si intreccia con la militarizzazione dei territori a scopi bellici e di difesa degli interessi economici predominanti; constatando che la militarizzazione così intesa comporta specifiche forme di violenza aggiuntiva sui corpi, tra cui la violenza sessuale, in particolare sui corpi delle donne, e osservando come la militarizzazione, producendo morte, comporti spesso la sparizione dei corpi, imponendo forme di affetto e lutto dimezzate per parenti e amici, La Carta di Lampedusa afferma la necessità dell’immediata abolizione di tutte le operazioni legate alla militarizzazione dei territori e alla gestione dei dispositivi di controllo dei confini, sia militari che civili, incluso l’addestramento militare ai respingimenti e al controllo della mobilità delle persone in territorio internazionale.
La Carta di Lampedusa afferma quindi la necessità della completa riconversione delle risorse sino ad oggi investite e stanziate in tal campo per assicurare percorsi di arrivo garantito delle persone che migrano per necessità, nonché per scopi sociali rivolti a tutte e tutti.
Considerando che il nesso umanitario-securitario attraverso il quale gli stati impediscono ai e alle migranti di arrivare nello spazio europeo, o intervengono nelle modalità del loro arrivo, è uno dei meccanismi fondamentali della militarizzazione dei territori interni e delle zone di confine degli stati, inclusi quelli da cui si vogliono bloccare o filtrare le partenze, La Carta di Lampedusa afferma l’immediata necessità di abolire:
• il sistema Eurosur, appositamente concepito per implementare i meccanismi di controllo atti a impedire l’accesso dei e delle migranti nei territori degli stati dell’Unione europea;
• l’agenzia europea Frontex, appositamente concepita per contrastare l’arrivo delle e dei migranti nei territori degli stati dell’Unione europea, e le sue missioni attualmente in corso;
• tutte le operazioni dell’Unione europea e dei suoi stati membri, sia che si svolgano in zone di confine (come l’operazione italiana Mare Nostrum iniziata nel 2013) sia che prevedano l’intervento in stati non membri dell’Unione europea (come l’operazione Eubam avviata in Libia nel 2013);
• tutti i sistemi di controllo, comunicazione e gli apparati bellici (sistemi elettronici e satellitari, radar, droni, sistemi di controllo biometrico, mezzi aeronavali) volti al controllo delle migrazioni e/o alla militarizzazione dei territori con scopi di guerra e affermazione degli interessi economici dominanti;
• tutte le barriere materiali, con particolare riferimento ai muri e alle barriere fisiche che attorniano l’Unione europea e che si espandono nei territori degli stati confinanti con il fine di impedire la libertà di movimento.
Inoltre, per il ruolo che la militarizzazione assume nello specifico contesto siciliano, La Carta di Lampedusa esige la cessazione immediata:
• dell’uso della base di Sigonella per il transito di reparti specializzati delle forze armate USA utilizzati per l’addestramento delle forze di polizia e armate dei regimi africani;
• del ruolo strategico della base Sigonella per il comando e la gestione di droni di proprietà delle forze armate USA e NATO anche in funzione di vigilanza e sostegno alle operazioni di controllo e contrasto delle migrazioni;
• delle procedure per l’installazione di una delle stazioni terrestri del MUOS a Niscemi che avrà, tra gli altri, il compito strategico di coordinare gli utenti mobili, tra cui droni, nelle operazioni di sorveglianza del Mediterraneo e respingimento dei e delle migranti in regime di extraterritorialità.
LIBERTA’ DI MOVIMENTO II
Riaffermando la Libertà di movimento così come definita nella Prima parte,
La Carta di Lampedusa afferma la necessità di abolire immediatamente il sistema dei Visti che, impedendo a una parte della popolazione mondiale di muoversi liberamente, e istituendo una mobilità selettiva, costringe tutti/e coloro che non possono ottenere un visto a rischiare la vita nel tentativo di attraversare le frontiere, o ad attraversarle con modalità che comportano forme di discriminazione nell’accesso ai diritti una volta raggiunto lo spazio europeo.
Constatando che negli accordi economici e di aiuto allo sviluppo l’Unione europea impone ai paesi considerati a rischio migratorio il controllo e la militarizzazione dei loro confini, così come la riammissione dei e delle migranti espulsi/e dall’Unione europea e che abbiano transitato sul loro territorio; considerando che tale imposizione diviene criterio di negoziazione delle quote di ingresso dei loro cittadini sul territorio dell’Unione europea,
La Carta di Lampedusa afferma l’esigenza di eliminare il principio delle clausole migratorie da tutti gli accordi e che i paesi a cui esso viene imposto rifiutino tale principio nelle negoziazioni, nonché di contrastare le attuali politiche europee di vicinato, liberando le relazioni tra i popoli e tra gli stati da ogni forma di strumentalizzazione ai fini del controllo delle migrazioni.
Rilevando come le attuali politiche migratorie dell’Unione europea tendano a legare la possibilità del soggiorno legale delle persone nei suoi stati membri alle esigenze del mercato del lavoro, sino a prevedere un nesso inscindibile tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro; individuando in questo legame l’origine di ogni possibilità di ricatto sui lavoratori e le lavoratrici migranti da parte dei datori di lavoro, possibilità questa che comporta la limitazione dei diritti e delle tutele per tutti/e i lavoratori e le lavoratrici, La Carta di Lampedusa afferma l’immediata necessità di svincolare definitivamente il diritto di ingresso, di soggiorno e di permanenza sui territori degli stati membri al possesso di un rapporto di lavoro.
Rilevando come il sistema delle quote di ingresso, adottato dagli stati membri dell’Unione europea e stabilito prevalentemente sulla base delle loro necessità economiche, sia uno dei principali meccanismi di clandestinizzazione delle persone, La Carta di Lampedusa afferma l’immediata necessità di abolire il sistema delle quote, nonché la necessità di riconoscere il diritto al soggiorno a tutti e tutte coloro che abbiano già fatto ingresso sul territorio europeo, superando definitivamente la logica delle sanatorie.
La Carta di Lampedusa afferma inoltre la necessità di abrogare i limiti qualitativi (legati a criteri di reddito e di abitazione) e quantitativi (legati al numero e all’età delle persone da ricongiungere) attualmente imposti al ricongiungimento familiare.
Rispetto alle persone minorenni la Carta di Lampedusa sostiene il principio dell’interesse prevalente del/della minorenne relativamente a qualunque scelta o decisione lo/la riguardi; sostiene la presunzione della minore età e la necessità di eliminare l’utilizzo di pratiche mediche invasive volte all’accertamento della stessa; promuove l’attivazione immediata della tutela e di tutti gli strumenti tesi a garantire alla/al minorenne l’esercizio di ogni diritto. In tutti i momenti del percorso migratorio delle persone minorenni, inoltre, le operazioni di assistenza e di accompagnamento non devono essere espletate dalle forze militari o di polizia, bensì da personale qualificato e competente. In tutti i momenti del percorso migratorio ogni persona, se posta di fronte ai rappresentanti di qualsiasi ente o istituzione deve essere messa nelle condizioni effettive di comprendere quello che gli sta accadendo, di essere informata dei propri diritti, di essere ascoltata, di farsi comprendere nella propria lingua e di partecipare alle decisioni che la riguardano.
La Carta di Lampedusa afferma la necessità dell’immediata abrogazione delle norme che direttamente o indirettamente configurano come reato l’ingresso e/o il soggiorno qualificato come irregolare, nonché dell’immediata abrogazione delle figure di reato che direttamente o indirettamente criminalizzano il soccorso, l’accoglienza e l’ospitalità dei migranti a prescindere dalla regolarità del loro ingresso e del loro soggiorno.
LIBERTA’ DI SCELTA II
Riaffermando la Libertà di scelta così come definita nella Prima parte,
La Carta di Lampedusa afferma la necessità di abrogare tutte le norme nazionali e internazionali, con particolare riferimento alla normativa europea che discende dal trattato di Schengen, che limitano la libertà di movimento, di restare e di scegliere dove vivere dei cittadini europei e di quelli provenienti dai cosiddetti paesi terzi, anche nella loro specificità di richiedenti protezione internazionale.
La Carta di Lampedusa afferma in particolare la necessità dell’immediata abrogazione del Regolamento di Dublino, e di tutte le sue successive modifiche, che impone alle e ai migranti di fare richiesta di protezione internazionale nel primo stato membro in cui fanno ingresso, impedendo in tal modo alle persone di portare a compimento il proprio progetto di vita. In questo senso si ribadisce la libertà di scelta delle e dei richiedenti protezione internazionale in ordine al paese presso cui chiederla, posta la necessità che tutti gli stati raggiungano standard parimenti elevati di protezione e accoglienza con sanzioni tempestive ed efficaci a carico degli stati membri che non ottemperino agli standard.
LIBERTA’ DI RESTARE II
Riaffermando la libertà di restare come definita dalla Prima parte,
Rilevando come uno dei principali strumenti di subordinazione e di controllo dei e delle migranti sia lo stretto legame tra il diritto di soggiorno e l’espletamento di più o meno complessi adempimenti burocratici; rilevando come le norme che regolano tali adempimenti rappresentino in diversi paesi una vera e propria legislazione separata e differenziata che costruisce figure giuridiche a diritti ridotti e sempre subordinati alla tutela dei confini delle nazioni e degli interessi degli stati suddetti, La Carta di Lampedusa afferma l’immediata necessità di eliminare ogni presupposto che, nelle norme o nelle prassi, renda ineguale l’accesso ai diritti riconosciuti sulla base della cittadinanza, sia per ciò che concerne l’accesso al welfare, sia per quanto riguarda i meccanismi che regolano l’accesso al lavoro, sia per ciò che concerne i diritti politici, compreso il diritto di voto così come gli atti di stato civile. Ritiene altresì immediata la necessità di ridurre gli adempimenti richiesti per formalizzare la presenza in un determinato luogo a un mero accertamento, qualunque sia la propria cittadinanza, e la necessità di sottrarre tali funzioni al Ministero dell’Interno ed alle forze di Polizia.
A. Diritto al lavoro:
Sottolineando come interi settori del mercato del lavoro in Europa si basino sullo sfruttamento della manodopera migrante e che, come nel caso del lavoro domestico e di cura prestato soprattutto da donne migranti, la sua disponibilità a basso costo e a diritti ridotti contribuisca a superare i deficit delle istituzioni pubbliche, ma anche a permettere la loro deresponsabilizzazione; affermando come le forme di sfruttamento neoschiavistico generalizzate nei confronti delle e dei migranti implichino anche forme di ricatto e violenza, sia fisica che psicologica, inclusa quella di genere e sessuale; constatando come venga costantemente precluso l’accesso a numerose professioni per donne e uomini a partire da una segmentazione del mercato del lavoro sulla base dell’ origine e/o della cittadinanza; rilevando come a tali aspetti si aggiunga in molti casi il mancato riconoscimento dei titoli di studio posseduti e delle competenze acquisite (siano esse documentate o meno) e quindi di fatto la cancellazione e la negazione di percorsi di vita personali e professionali,
La Carta di Lampedusa afferma che il diritto all’accesso a tutte le professioni e a un lavoro libero da ogni sfruttamento, da svolgersi in condizioni di sicurezza e rispetto della persona in tutte le sue dimensioni, debba essere garantito a tutti e a tutte senza discriminazione alcuna. Tale diritto va garantito a parità di salario e nel rispetto delle norme contrattuali – costantemente violate anche dalla delocalizzazione strumentale della produzione e della forza lavoro – soprattutto laddove ciò implichi una revisione del sistema economico e sociale dei paesi interessati nella direzione di una più equa redistribuzione delle risorse e dei servizi.
B. Diritto all’abitare:
Rilevando come l’esercizio del diritto ad abitare sia oggi compromesso per una parte significativa della popolazione e si riveli quindi stratificato sulla base del reddito e spesso discriminatorio rispetto alla cittadinanza delle persone; considerando come il pieno esercizio del diritto all’abitare sia preliminare alla possibilità di esercitare altri diritti come quelli politici e altre libertà come quella di costruire il proprio progetto di vita nel territorio in cui si vive; rilevando come nel caso di alcune minoranze e di alcuni gruppi definiti su base nazionale, religiosa, sociale e/o economica, il diritto all’abitare sia costantemente violato dal loro confinamento in determinati spazi e luoghi separati dal resto del contesto urbano e designati a questo scopo sulla base di pregiudizi discriminatori che costringono spesso i membri di queste minoranze e di questi gruppi a modificare il proprio stile e il proprio progetto di vita; constatando l’accertata disponibilità di un numero considerevole di immobili, di proprietà sia pubblica che privata, lasciati in abbandono, inutilizzati o sottoutilizzati, e non destinati al soddisfacimento del diritto all’abitare, La Carta di Lampedusa afferma il diritto di ogni essere umano di ottenere, conquistare e costruire la possibilità di abitare in un luogo adeguato al proprio progetto di vita e rispettoso di tutte le dimensioni, sempre sociali e relazionali, in cui possa realizzarsi la sua esistenza.
C. Diritto di cura e di accesso al welfare
Affermando come la piena realizzazione delle persone e dei loro progetti di vita non può che avvenire all’interno di un sistema di interdipendenze con gli/le altri/e e con la società tutta, e che tali interdipendenze divengono più significative in alcune fasi della vita, come la gravidanza, la genitorialità, l’infanzia o la vecchiaia, nonché in alcune condizioni dell’esistenza, come la malattia o la disabilità; constatando come l’attuale accesso alle politiche pubbliche e sociali che garantiscono la sostenibilità di queste interdipendenze discrimini sulla base della cittadinanza, del genere, e dello status sociale, economico e giuridico delle persone, La Carta di Lampedusa afferma la necessità di garantire un accesso senza discriminazioni alle strutture sanitarie, alle cure mediche, e alle prestazioni monetarie e in termini di servizi, compresi quelli per la maternità e per l’infanzia, indispensabili per il pieno esercizio del diritto di ogni persona a ricevere e a dare cura.
D. Diritto all’istruzione
Affermando come un accesso non discriminatorio ai saperi, alla conoscenza e all’istruzione attraverso percorsi di apprendimento garantiti per tutti e tutte sia alla base della possibilità di costruire il proprio progetto di vita e della realizzazione delle persone in tutte le loro dimensioni; constatando come le politiche attuali ostacolino in alcuni paesi questo accesso, sulla base di prassi e normative che lo subordinano al possesso di determinati status giuridici, economici e sociali; affermando come l’apprendimento della lingua del paese in cui si sceglie di vivere sia un diritto fondamentale di ognuno/a in quanto condizione essenziale per poter realizzare il proprio progetto di vita; affermando che, in ogni caso, l’apprendimento e la conoscenza della lingua del paese in cui si sceglie di vivere non debbano mai essere adottati a livello istituzionale come criteri selettivi e come requisiti per l’ottenimento e il rinnovo dei permessi di soggiorno, La Carta di Lampedusa afferma la necessità di rimuovere tutti gli ostacoli che discriminano rispetto all’accesso ai saperi, alla conoscenza, all’istruzione, e all’apprendimento delle lingue del paese in cui si vive e delle lingue materne, nonché ai contesti relazionali in cui questo accesso può avvenire e arricchirsi, di assicurare il riconoscimento dei titoli di studio e della qualità dei percorsi formativi e professionali, ove necessario integrandoli, e di cancellare tutte le prassi e le normative che nei diversi paesi creano percorsi di istruzione separati e differenziati sulla base della cittadinanza o dello status giuridico, sociale ed economico.
Rilevando come le risorse pubbliche per la fruizione e la produzione dell’arte e della cultura sono di fatto spesso non accessibili, la Carta di Lampedusa afferma il diritto di tutte e tutti ad accedere alle risorse pubbliche, ai fondi e agli spazi pubblici per l’arte e la cultura.
E. Diritto alla preservazione e alla costruzione del proprio nucleo familiare e affettivo
Affermando la libertà di ciascun essere umano di costituire un nucleo familiare e/o affettivo con le persone con cui sceglie di farlo, nel rispetto della loro libertà, a prescindere dalla loro cittadinanza e dal loro status giuridico, economico e sociale, nonché dall’orientamento sessuale; rilevando come la possibilità di costruire o preservare il proprio nucleo familiare e affettivo sia spesso subordinata alle condizioni economiche e sociali delle persone, che si rivelano ancora più significative nel caso dei e delle migranti, solitamente inclusi a diritti ridotti nel mercato del lavoro e nel sistema sociale delle politiche pubbliche, La Carta di Lampedusa afferma la necessità di cancellare tutte le ingerenze istituzionali che, attraverso la produzione di prassi, dispositivi di controllo e normative, limitano e/o inibiscono la libertà delle persone di preservare e costruire il proprio nucleo familiare e affettivo, e che introducono all’interno di quest’ultimo differenze di status, giuridico e non solo, specie nel caso dei matrimoni tra cittadini o cittadine di uno stato membro dell’Unione europea e persone che non lo sono, o di matrimoni tra persone entrambe non cittadine di stati membri.
La Carta di Lampedusa afferma inoltre la necessità di riconoscere ai fini del rispetto dell’unità familiare e affettiva e anche per ciò che riguarda le procedure amministrative di ingresso e soggiorno, le unioni di fatto tra cittadini o cittadine di uno stato membro dell’Unione europea e persone che non lo sono, o tra persone entrambe non cittadine di stati membri.
F. Diritto alla partecipazione sociale e politica
Considerando come ad oggi milioni di persone vivano stabilmente sul territorio del paese che abitano senza avere accesso alla vita politica e sociale dello stesso, a causa di ostacoli normativi e burocratici, nonché di condizioni economiche, ambientali e abitative, La Carta di Lampedusa afferma che ogni persona, indipendentemente dalla sua cittadinanza, dal suo status giuridico, sociale o economico, deve potere, se lo desidera, partecipare pienamente allo spazio pubblico e sociale del luogo in cui vive, e avere pieno accesso agli ambiti in cui tale partecipazione si manifesta, inclusi quelli elettorali e rappresentativi delle istituzioni democratiche ai livelli locali, nazionali e sovranazionali.
G. Affermazione di un linguaggio della non discriminazione nel rispetto di tutte e tutti
Constatando come ad oggi la retorica xenofoba e apertamente razzista, che trova ampia diffusione nello spazio pubblico e nei media di tutte le categorie, nonché quella propria del razzismo differenziale che guarda alle culture come forme statiche e immutabili, favoriscano le discriminazioni giuridiche, economiche e sociali; affermando come le numerose forme con cui si manifesta il razzismo mediatico siano strettamente connesse con le forme di razzismo istituzionale che limitano, attraverso normative e prassi, l’accesso ai diritti sulla base dell’origine e/o della cittadinanza delle persone; constatando l’uso ormai diffuso e normalizzato anche nei testi di legge di termini come “clandestino”, che rinviano a stereotipi e pregiudizi criminalizzanti e, in generale, l’utilizzo di espressioni e toni stigmatizzanti e discriminatori nei confronti di persone in base alla loro reale o presunta origine e/o appartenenza sociale, culturale o religiosa; rilevando come tali processi di criminalizzazione e stigmatizzazione vengano messi in atto attraverso la costante negazione del diritto di parola e del diritto all’auto-rappresentazione e all’auto-narrazione dei migranti all’interno dei media e degli spazi pubblici, producendo di conseguenza un’informazione parziale e unilaterale; ribadendo come la spettacolarizzazione del momento dell’arrivo dei migranti, sull’isola di Lampedusa come in molte altre frontiere d’Europa, con l’utilizzo di un linguaggio allarmistico e securitario – che travisa la realtà dei fenomeni e cancella le storie delle persone – contribuisca ad acuire fenomeni di razzismo e di discriminazione, La Carta di Lampedusa esprime una visione politica di relazione tra le persone che non dipenda in alcun modo dalla loro origine e/o cittadinanza, nonché dalla loro reale o presunta appartenenza culturale o religiosa, e la necessità di combattere ogni linguaggio fondato su pregiudizi, discriminazioni e razzismo, comunque si manifesti, in ogni contesto e in ogni luogo.
H. Nuove forme di cittadinanza
Constatando come l’istituto della cittadinanza si sia rivelato dalla nascita degli stati-nazione un meccanismo inclusivo ma, al contempo, fortemente esclusivo, tanto da trasformare l’accesso ai diritti, anche a quelli sanciti come universali, in un privilegio legato allo status giuridico; constatando come ad oggi l’Unione europea non abbia introdotto alcun criterio innovativo nell’accesso alla cittadinanza europea che potesse dare a essa una portata inclusiva, ma abbia limitato la sua attribuzione ai soli individui che già possedevano una delle cittadinanze degli stati membri; considerando altresì come nel processo di allargamento dell’Unione europea si sia costituita una gerarchia interna alle diverse cittadinanze in base agli stati membri di appartenenza, La Carta di Lampedusa afferma la necessità di riconoscere l’esercizio pieno di pari diritti a chiunque si trovi nello spazio europeo a prescindere dalla sua cittadinanza, e la necessità immediata del riconoscimento di una cittadinanza europea basata sullo ius soli.
La Carta di Lampedusa afferma in ogni caso la necessità di elaborare nuove modalità di relazione tra istituzioni e persone, basandole sulla residenza e non più sull’appartenenza nazionale.
LIBERTA’ DI COSTRUZIONE E REALIZZAZIONE DEL PROPRIO PROGETTO DI VITA IN CASO DI NECESSITÀ DI MOVIMENTO II
Ribadendo la Libertà di movimento, di costruzione e realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento così come affermato nella Prima parte, rifiutando le politiche umanitarie messe in atto dalle strutture statali, sovrastatali e dalle organizzazioni internazionali, in quanto politiche che si fondano sul presupposto di riconoscere a una parte degli esseri umani una ridotta possibilità di movimento; bloccano le persone che si muovono per necessità nelle zone di prima sicurezza, o comunque condizionano i loro percorsi, con il risultato di costringere migliaia di esseri umani a condizioni di vita precarie e di sussistenza nei campi per lunghi periodi o in modo permanente; favoriscono le scelte dell’Unione europea in materia di asilo tese a delocalizzare o esternalizzare la protezione trasferendo le persone su base selettiva (resettlement) o impedendo il loro arrivo in Europa (regional protection program); si configurano come il risvolto delle politiche di guerra, di militarizzazione e di sfruttamento economico dei territori, La Carta di Lampedusa afferma la necessità di costruire percorsi di arrivo garantito immediato per chi lascia il territorio di nascita e/o di cittadinanza e/o di residenza, per sfuggire a guerre, persecuzioni individuali o collettive, catastrofi climatiche e ambientali, così come economiche e sociali, senza che ciò in alcun modo venga messo in contrapposizione con la libertà di movimento delle persone che non vivono tali condizioni. La Carta di Lampedusa afferma che nel periodo necessario a costruire tali percorsi occorre che tutti rispettino in modo assoluto gli obblighi di soccorso sanciti a livello internazionale, senza conflitti di competenza geografica e senza quei ritardi che nel tempo hanno prodotto migliaia di morti; deve essere inoltre garantita l’immediata tutela delle e dei richiedenti protezione internazionale, sin dal primo contatto con le autorità dello stato membro a prescindere da dove e come tale contatto si determina (anche nelle acque o nelle aree internazionali).
La Carta di Lampedusa afferma la necessità di sospendere immediatamente ogni pratica di respingimento formale e informale alle frontiere interne ed esterne dell’Unione europea.
La Carta di Lampedusa afferma la necessità di mettere fine alle politiche di esternalizzazione dell’asilo, con cui l’Unione europea demanda la competenza della protezione internazionale agli stati di transito delle persone che si muovono per necessità. In questa prospettiva anche nelle situazioni di emergenza sopra elencate deve essere garantito alle persone il diritto di scelta per come è definito in questa Carta.
Pur riconoscendo la specificità dei percorsi di chi si muove per necessità, la Carta di Lampedusa rifiuta i criteri che regolano le verifiche di status e che, nella prassi, impongono alle persone di dimostrare le ragioni della loro migrazione al fine di potere accedere a determinati diritti.
La Carta di Lampedusa afferma inoltre la necessità che nei territori di arrivo siano messe in campo tutte le iniziative necessarie ad assicurare la possibilità di inserimento immediato dei e delle richiedenti protezione internazionale e dei e delle rifugiati/e nel tessuto economico e sociale.
La Carta di Lampedusa afferma la necessità di mettere fine al sistema di accoglienza basato su campi e centri per costruire invece un sistema condiviso nei diversi territori coinvolti, del Mediterraneo e oltre, basato sulla predisposizione, in ogni luogo, di attività di accoglienza diffusa, decentrata e fondata sulla valorizzazione dei percorsi personali, promuovendo esperienze di accoglienza auto-gestionaria e auto-organizzata, anche al fine di evitare il formarsi di monopoli speculativi sull’accoglienza e la separazione dell’accoglienza dalla sua dimensione sociale. La programmazione degli interventi sociali di prima accoglienza, successivi all’arrivo, deve tenere conto della costituzione familiare e parentale, preservando in ogni condizione la continuità delle relazioni genitoriali, di parentela e affettive.
LIBERTA’ PERSONALE II
Riaffermando la Libertà personale come definita dalla Prima parte, rilevando come le politiche migratorie impongano, all’interno dei territori degli stati membri dell’Unione europea e ai loro confini, il sistema della detenzione amministrativa dei e delle migranti privi/e di permesso di soggiorno, così come il sistema di confinamento diffuso per i/le richiedenti protezione internazionale in spazi che presentano tutte le caratteristiche di luoghi di detenzione per i periodi di espletamento delle pratiche volte all’ottenimento dello status di rifugiato/a; constatando come le politiche di governo e di controllo delle migrazioni dell’Unione europea siano riuscite a diramare la pratica della detenzione e del confinamento delle e dei migranti e delle e dei richiedenti protezione internazionale anche negli stati non membri dell’Ue;
Denunciando tutte le morti e le violenze avvenute all’interno dei centri di detenzione e confinamento su tutto il territorio dell’Unione europea e dei paesi in cui è esternalizzato il controllo delle frontiere; morti e violenze su cui non è mai stata fatta chiarezza e che sono rimaste impunite;
Ribadendo l’impossibilità di qualunque riforma di tali luoghi, constatando le loro funzioni simboliche e poliziesche di criminalizzazione, così come di costruzione dell’inferiorizzazione giuridica, economica e sociale dei e delle migranti, e rilevando altresì l’ingente dispendio di risorse pubbliche destinate a tale sistema, ed erogate a soggetti che speculano sulle vite dei e delle migranti, La Carta di Lampedusa afferma la necessità dell’immediata abrogazione dell’istituto della detenzione amministrativa e la chiusura di tutti i centri, comunque denominati o configurati, e delle strutture di accoglienza contenitiva – siano essi legalmente istituiti secondo leggi vigenti, o semplici decreti e regolamenti, o informalmente preposti alla detenzione e al confinamento delle persone – e la conversione delle risorse fino ad ora destinate a questi luoghi a scopi sociali rivolti a tutti e a tutte.
Per aderire scrivi a info@lacartadilampedusa.org