Josefa è stata salvata questa mattina da un volontario della Proactiva Open Arms. La donna si trovava in stato di grave ipotermia dopo due giorni passati in mezzo al mare, a circa 80 miglia dalle coste libiche, aggrappata a un relitto della barca alla quale aveva affidato la sua speranza di arrivare in Europa.
Lei è viva.
Non lo sono il bambino tra i tre e i cinque anni e la donna che sono stati ritrovati appoggiati sui resti della barca, insieme a lei.
Le foto e i 25 secondi di video diffusi dalla ong spagnola restituiscono immagini violente: dato l’orrore in cui siamo sprofondati, sembra solo questo il modo di restituire umanità a chi è stata tolta.
Ma la vera violenza l’hanno compiuta e continuano a compierla i governi europei.
Tutti. “Trattando” la “distribuzione” delle persone che partono per l’Europa come fossero sacchi di rifiuti, continuano a non voler vedere le sofferenze e le motivazioni che le spingono a rischiare tutto pur di lasciare i loro paesi. Quel “mai più” pronunciato dopo la strage del 3 ottobre 2013, quella sì è una violenta offesa riletta dopo gli innumerevoli Consigli europei preoccupati di fermare gli arrivi di donne e uomini più che di salvarli.
50 la spagna, 50 la Germania, 50 la Francia, 20 l’Irlanda, 50 l’Austria, anzi no. Questi gli “aggiornamenti” delle ultime ore rispetto al destino delle 450 persone sbarcate a Pozzallo. Un rimpallo cinico e meschino in cui il senso della vita e dell’umanità semplicemente non esistono più.
Il video e le foto diffuse oggi da Open Arms ci raccontano e ci ricordano dunque ciò che si fa di tutto per nascondere o rimuovere. Chiudere i porti, ma anche sostenere chi lo fa, significa mettere a rischio le vite di molte persone. 1443 quelle perdute solo in questo infernale 2018, secondo il macabro aggiornamento offerto dalle organizzazioni internazionali.
Quel che è certo è che in presenza di missioni di ricerca e soccorso in mare più numerose e non delegate alle autorità libiche, di corridoi umanitari e di vie legali di ingresso per i migranti non bisognosi di protezione internazionale, queste morti non ci sarebbero state.
Dunque sì: “Cada muerte es consecuencia directa de esa política”.