E’ troppo presto per capire davvero quali saranno le conseguenze di lungo periodo di quanto è successo e sta accadendo in questi mesi di pandemia globale. Ed era forse ottimistica l’attesa di chi si aspettava che un’emergenza, per quanto grave come quella che tutt’oggi stiamo vivendo, riuscisse di per sé a determinare un cambiamento profondo degli indirizzi politici, economici e sociali che hanno plasmato sin qui il mondo in cui viviamo.
E tuttavia, anche in una fase che rende difficile il varo di riforme strutturali ben ponderate, si poteva (e si potrebbe ancora) fare molto, anche con riferimento al governo delle migrazioni, alla garanzia del diritto di asilo e dei diritti di cittadinanza.
Difficile, purtroppo, che sia messa in discussione la scelta del Governo di lasciare scattare il 2 febbraio 2020 la proroga automatica del Memorandum concluso dall’Italia con la Libia nel febbraio 2017. Anzi, nel luglio scorso il Parlamento ha deciso di rifinanziare, tra le varie missioni internazionali, anche quattro missioni in Libia che tra i vari obiettivi prevedono l’assistenza, sotto forma di addestramento e di dotazione di navi militari, alla Guardia costiera libica [1]. Ciò è avvenuto nonostante le agenzie internazionali e alcune inchieste siano tornate a denunciare le numerose violazioni dei diritti umani compiute nei centri di detenzione libici[2] e molte organizzazioni della società civile abbiano chiesto la sospensione dell’accordo [3]. Né ci risulta che la dichiarazione del ministro degli Esteri, in base alla quale il nostro paese avrebbe chiesto al governo libico di costituire un gruppo di lavoro per rivedere i termini di quell’accordo, abbia avuto un seguito.
Decreti Salvini. “La vera mina sono i rinvii”[4]
C’è invece una riforma annunciata da più di un anno e rinviata più volte che non può più attendere. Intorno al 20 febbraio 2020 si è svolto il primo di numerosi incontri interni al Governo che avrebbe dovuto portare alla rapida approvazione della riforma dei cosiddetti “decreti Salvini”, varati nel 2018 e nel 2019.[5] A sollecitare la revisione di quelle norme era intervenuto persino il Presidente della Repubblica Mattarella, subito dopo aver firmato (nonostante tutto) la legge di conversione del secondo provvedimento, con una lettera inviata al Presidente del Consiglio e ai Presidenti delle due Camere.[6]
Il raggiungimento di un accordo sulla bozza di riforma tra i due partiti della maggioranza è stato reso pubblico lo scorso 31 luglio. Ma a tutt’oggi la riforma non è ancora giunta in Consiglio dei Ministri. La Ministra dell’Interno Lamorgese e il Presidente del Consiglio hanno promesso di farlo subito dopo il voto del 21 e 21 settembre. In base alle indiscrezioni e sulla base dell’ultima bozza circolata, se andasse a compimento, la riforma non andrebbe purtroppo a cancellare completamente le leggi Salvini, ma interverrebbe su alcuni punti cruciali, ridimensionandone di molto la portata. Per questo è essenziale che, nonostante i limiti che la distinguono, sia discussa e approvata subito, senza rinvii ulteriori.
La reintroduzione di una forma di protezione umanitaria, sia pure, sotto il cappello della protezione “speciale”, per le persone “che rischiano trattamenti inumani e degradanti”, consentirebbe infatti di tutelare molti cittadini stranieri che, pur non presentando i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, hanno seri motivi umanitari per richiedere protezione.[7] Tra questi, ad esempio, molte donne che hanno subito violenza in Libia, molti minori stranieri non accompagnati e persone che provengono da paesi terzi in conflitto.
La convertibilità in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Si prevede la convertibilità in permesso di soggiorno per motivi di lavoro a diverse fattispecie ad oggi escluse. Tra queste, i permessi di soggiorno per protezione speciale, per calamità, per residenza elettiva e per assistenza minori. Molti cittadini stranieri potrebbero in questo modo stabilizzare la loro presenza in Italia.
Divieto di accesso alle acque territoriali. Si tratta di uno dei punti che più hanno ostacolato il raggiungimento di un accordo tra i partiti di Governo. Nell’ipotesi di riforma, il divieto di accesso alle acque territoriali può essere disposto dal Ministro per le infrastrutture e dei trasporti su proposta del Ministro dell’Interno e di concerto con il Ministro della difesa, qualora siano violate le norme vigenti in materia di immigrazione. Ciò non potrebbe però accadere nel caso di operazioni di soccorso in mare che siano state immediatamente comunicate al centro di coordinamento del soccorso marittimo competente e allo stato di bandiera. Subirebbero dunque in questo modo un freno, almeno a livello normativo,[8] l’ostracismo e la criminalizzazione delle Ong impegnate in operazioni Sar, che hanno ostacolato le missioni di ricerca e di salvataggio in mare e causato inutili sofferenze a migliaia di persone.
Le multe alle Ong. Resta uno dei punti più controversi quello relativo alle multe attualmente previste proprio contro le Ong che violano il divieto di ingresso nelle acque territoriali. Nella bozza di riforma circolata è prevista l’abolizione delle sanzioni amministrative (che secondo quanto disposto dal decreto sicurezza bis, possono variare da 50mila a un milione di euro). Sarebbe però mantenuta una sanzione penale in caso di violazione del divieto o del limite di navigazione, con una pena che potrebbe variare tra un minimo di 10mila e un massimo di 50mila euro di multa. Sanzione che molte Ong chiedono giustamente di cancellare.
Diritto all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo. Sul punto è intervenuta di recente la Corte Costituzionale.[9] Il primo “decreto sicurezza” aveva infatti cancellato il diritto dei richiedenti asilo all’iscrizione anagrafica. La riforma in discussione prevede di ripristinare tale diritto e il rilascio di una carta di identità di durata triennale.
Sistema di accoglienza e integrazione. Se la riforma andasse in porto, tornerebbe ad assumere una nuova centralità il sistema di accoglienza diffusa gestito dai Comuni (ex Sprar, attuale SIPROIMI) il cui ruolo è stato fortemente ridimensionato per volontà dell’ex ministro dell’Interno.[10] Stante il mantenimento delle strutture di prima accoglienza per il primo soccorso e l’identificazione dei cittadini stranieri privi di documenti, si prevede che quello che viene ridefinito come il “Sistema di accoglienza e Integrazione” possa ospitare anche i richiedenti protezione internazionale e i titolari di alcuni permessi di soggiorno tra i quali quelli di protezione speciale, sociale e per calamità. Vi è l’esplicita intenzione di contenere la capienza massima delle strutture di accoglienza, ma soprattutto è previsto di ripristinare quei servizi di assistenza (sociale, sanitaria, psicologica, legale, di formazione e di orientamento al lavoro) che favoriscono l’inserimento dei richiedenti asilo e dei rifugiati e che sono stati duramente colpiti dal Dl.113/2018.
Riduzione dei tempi di trattenimento nei CPR. Anche l’attuale Governo reputa purtroppo indispensabile mantenere in essere i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e si limita a ridurre i tempi di trattenimento massimo da 180 a 90 giorni (prorogabili di altri 30 se il cittadino straniero proviene da un paese con cui sono stati stretti accordi per i rimpatri, ad esempio la Tunisia). Una scelta che si ostina a non prendere atto del completo fallimento di questo sistema.
Cittadinanza: ridotti i tempi di risposta a 36 mesi. Questa previsione, se fosse confermata, sarebbe davvero poco coraggiosa e fortemente ingiusta. Il Dl.113/2018 aveva infatti raddoppiato i tempi di espletamento della pratica per la domanda di cittadinanza portandoli da due a quattro anni. Ridurre i tempi di attesa ad un anno, come chiede il movimento degli #italianisenzacittadinanza, sarebbe il minimo da fare, anche se ciò che molti cittadini stranieri attendono insieme a loro da tempo, è una riforma della legge sulla cittadinanza n.91/92.
La bozza di riforma presenta dunque luci e ombre, meglio sarebbe stato abrogare del tutto i decreti della cattiveria. Ma data la fragilità della situazione politica, è importante che giunga in porto il prima possibile, magari con modifiche che sanino i punti più critici. Di annunci e continui rinvii ne abbiamo visti già troppi.
Il nodo irrisolto: il diritto di arrivare e quello di restare
Il vero nodo irrisolto delle politiche migratorie in Italia come in Europa è quello che riguarda il diritto di arrivare e il diritto di restare. E su questo, purtroppo, sembra proprio che le migliaia di donne e uomini migranti che hanno perso e continuano a perdere la vita durante il viaggio e quelle che, pur riuscendo ad arrivare, sono respinte brutalmente indietro (come sta avvenendo da mesi al confine italo-sloveno), siano letteralmente rimosse dalla memoria collettiva.
Molto clamore hanno suscitato le dichiarazioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, per ultimo in occasione del Discorso sullo Stato dell’Unione[11] pronunciato il 16 settembre scorso. Il riferimento all’esigenza di “superare il Regolamento Dublino” e l’evocazione della necessità di una maggiore “collaborazione tra i Paesi membri”, hanno indotto molti a parlare di un cambiamento di rotta sulle politiche migratorie. Ma il “Nuovo Patto su Migrazioni e Asilo”, presentato una settimana dopo, non sembra preannunciare niente di buono.[12] Il Piano definisce le linee programmatiche dell’Unione Europea per i prossimi anni. Ci limitiamo in questa sede a menzionare le principali criticità.
Il Piano si fonda su quattro assi principali: 1. L’accelerazione e lo “snellimento” delle procedure di esame delle domande di asilo; 2. L’introduzione di un “sistema flessibile” di solidarietà tra i paesi membri; 3. Lo sviluppo della cooperazione con i paesi terzi finalizzata al contrasto delle migrazioni e alla collaborazione in materia di riammissione; 4. La creazione di un sistema di governance comune delle migrazioni e per i rimpatri.
Il Piano è di fatto tutto sbilanciato dalla parte delle attività di rafforzamento del controllo delle frontiere esterne, del blocco degli ingressi e delle operazioni di rimpatrio. E l’utilizzo della parola “solidarietà” per definire una maggiore collaborazione tra gli Stati membri ai fini dell’esecuzione dei rimpatri è a dir poco strumentale, diremmo irriverente.
E’ prevista una procedura integrata di frontiera che, “per la prima volta, prevede accertamenti preliminari all’ingresso riguardo all’identificazione di tutte le persone che attraversano le frontiere esterne dell’UE senza autorizzazione o che sono sbarcate in seguito a un’operazione di ricerca e soccorso (pre-screening Ndr.). Tali accertamenti comprendono anche controlli sanitari e di sicurezza, il rilevamento delle impronte digitali e la registrazione nella banca dati Eurodac. Dopo gli accertamenti le persone possono essere instradate verso la procedura appropriata, sia questa una procedura alla frontiera per determinate categorie di richiedenti o una normale procedura di asilo.” Ciò è previsto al fine di accelerare la procedura di esame delle domande di asilo, accelerazione che aumenta il rischio di violare tale diritto, soprattutto per le persone più vulnerabili. A tal fine si prevede di definire una lista di “paesi sicuri”.
Non sono previsti canali di ingresso legali né per i richiedenti asilo (corridoi umanitari) né per i migranti economici, se non per stimolare l’arrivo di “nuovi talenti” impiegabili nei settori green e I-tech. Anche questo non è un fatto nuovo, l’immigrazione selettiva era già stata individuata a livello europeo come un asse prioritario in passato. Come bene evidenzia il Centro Astalli, si tratta di un “Un sistema che si basa su una logica utilitaristica che non possiamo condividere, in un momento in cui crisi umanitarie, conflitti ed emergenze ambientali mettono in fuga milioni di persone, di cui solo una minima parte cerca di raggiungere l’Europa.”[13]
Contrariamente a quanto annunciato, non è prevista la ricollocazione obbligatoria dei migranti. In particolari situazioni (di “crisi migratoria”, pressione migratoria o di uno sbarco di migranti soccorsi in mare), la Commissione può richiedere la collaborazione dei Paesi membri che possono scegliere di esprimere la loro “solidarietà” al Paese interessato dagli arrivi optando per la ricollocazione (il trasferimento e l’accoglienza di alcuni migranti sul proprio territorio) o la “sponsorizzazione” delle operazioni di rimpatrio sotto forma di risorse o di mezzi. Delle vite e delle aspirazioni dei migranti il Patto non si occupa, trattandoli, come bene ha evidenziato qualcuno, come “pacchi” che possono essere liberamente spostati come più conviene alla realpolitik.
La cooperazione con i paesi terzi (anche questa non è una novità) viene piegata all’esigenza di rafforzare il contrasto delle migrazioni legali e le operazioni di rimpatrio.
Ha sintetizzato molto bene il grande passo indietro che l’Europa si accinge a fare Francesca Spinelli su Internazionale: “Nel patto del 2020 l’immigrazione legale è diventata una faccenda da affrontare in un secondo momento, come ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas. Il quadro europeo in materia di migrazione e asilo poggia ormai su due pilastri: bloccare e rimpatriare. E il partenariato globale con i paesi terzi non finge più di essere un rapporto alla pari: ogni mezzo di pressione è lecito per costringere i paesi di origine e di transito a trattenere le persone dirette verso l’Unione europea.”[14]
La ministra dell’Interno Lamorgese ha dichiarato la volontà di fare pressione affinché nella fase di negoziazione tra i Governi dei paesi membri si introduca un più deciso superamento del Regolamento Dublino. Ma l’affossamento del progetto di riforma del Regolamento approvato dal Parlamento europeo nel 2017, insieme all’immediato respingimento del “Patto” da parte dei governi del cosiddetto “gruppo di Visegrad”[15], non sono certo delle buone premesse per un miglioramento significativo del testo presentato lo scorso 23 settembre.
A livello nazionale, l’atto più significativo che è intervenuto sul “diritto di restare” è il Provvedimento di emersione dei rapporti di lavoro previsto nell’art. 103 del dl n. 34 del 19 maggio “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. La procedura di emersione, molto selettiva, ha riguardato solo tre settori lavorativi. I limiti sono ben noti: anziché ispirarsi all’esigenza di garantire il diritto universale alla salute e alla sicurezza sanitaria per tutti, si è guardato soprattutto alle braccia considerate indispensabili per svolgere alcune attività economiche (agricoltura, allevamento e pesca) e assistenziali (settore domestico). La procedura di emersione iniziata il 1° giugno, si è chiusa il 15 agosto 2020. Le domande presentate dai lavoratori non comunitari sono state 207.500: 176.800 per lavoro domestico e assistenza alla persona e 30.700 per lavoro subordinato negli altri due settori. Un numero che più o meno ricalca i risultati degli ultimi provvedimenti di regolarizzazione promossi in precedenza, ma inferiore alle attese, soprattutto per quanto riguarda il settore agricolo.
Le motivazioni possono essere molte. Di certo non hanno giovato le difficoltà di interpretazione della norma, l’affidamento al datore di lavoro dell’onere di presentare la domanda, i costi previsti per i datori di lavoro, l’esclusione di importanti settori produttivi (come quello edilizio e della ristorazione) in cui è presente molto lavoro nero, straniero e non.[16]
Post-Covid 19: il dopo sarà davvero diverso dal prima?
Il modello che sembra ispirare la bozza di riforma delle cosiddette leggi Salvini e ancor più il Nuovo Piano Europeo su Migrazioni e Asilo resta pressoché lo stesso, sicuritario ed emergenziale: non cessa di guardare al cittadino straniero con diffidenza e sospetto, considerandolo innanzitutto come un ingombro, un problema che occorre tenere lontano a suon di accordi di cooperazione con partner impresentabili (come la Turchia) e instabili (come la Libia).
Eppure, le proposte alternative elaborate dalle organizzazioni della società civile e dai movimenti sono molte, a partire dai manifesti elaborati da Asgi,[17] anche tecnicamente inappuntabili, dal manifesto della campagna Io accolgo,[18] sino alla proposta di legge presentata dalla campagna Ero straniero.[19] Per non parlare della riforma della legge sulla cittadinanza già approvata alla Camera il 3 ottobre 2015, colpevolmente affossata nel 2017 al Senato, a un passo dall’obiettivo.
Resta ancora prioritario oggi, in una fase che potrebbe vedere un nuovo aumento delle persone contagiate da Covid-19, definire linee guida e protocolli uniformi sul territorio nazionale per ripristinare il corretto inserimento delle persone aventi diritto nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, garantire la sicurezza sanitaria e riavviare i servizi e gli interventi di inclusione sociale e lavorativa, in gran parte sospesi nel corso della pandemia.[20]
Un’inversione reale della rotta sin qui seguita richiederebbe però una riforma ben più ampia della legislazione che dovrebbe intervenire in primo luogo sui seguenti fronti: l’abbandono del proibizionismo pressoché assoluto delle migrazioni cosiddette economiche; l’introduzione di un meccanismo di regolarizzazione permanente che consenta alle persone straniere stabilmente inserite nella società italiana di ottenere un titolo di soggiorno; lo sviluppo di un vero e proprio piano di interventi di inclusione e di cittadinanza, che tra le altre cose preveda finalmente la riforma della legge n. 91/92; la definitiva cancellazione del sistema di accoglienza binario ereditato dai governi precedenti con la creazione di un sistema unico, pubblico di accoglienza diffusa, gestito dai Comuni.
Sarebbe fondamentale che tutto ciò avvenisse in modo coordinato, nel contesto di un più incisivo intervento di riforma del nostro sistema di welfare che dovrebbe essere finalizzato da un lato ad alleviare la situazione di disagio delle fasce di popolazione più fragili e a garantire livelli di assistenza sociale uniformi su tutto il territorio nazionale; dall’altro a integrare pienamente le politiche e gli interventi di accoglienza e di inclusione sociale dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati nel sistema delle politiche sociali. Un’accezione davvero universalistica del nostro sistema di welfare sarebbe uno dei migliori antidoti contro la crescita delle diseguaglianze sociali e anche contro la proliferazione delle discriminazioni, della xenofobia e del razzismo.
L’articolo fa parte del Focus n.1 – Il virus è straniero. Cliccando sul link è possibile scaricare l’intero dossier.
[1] Per una ricostruzione dettagliata degli obiettivi delle missioni si veda L’Italia «finanzia» davvero la guardia costiera libica?, 31 luglio 2020, qui: https://pagellapolitica.it/blog/show/730/litalia-finanzia-davvero-la-guardia-costiera-libica
[2] Tra gli ultimi rapporti si vedano il rapporto “United Nations Support Mission in Libya. Report of the Secretary-General”, del 20 Gennaio 2020, disponibile qui: https://unsmil.unmissions.org/sites/default/files/sg_report_to_sc_15_january_2020_eng.pdf e il rapporto curato da Medu, “La fabbrica della tortura. Rapporto sulle gravi violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati in Libia (2014-2020)”, disponibile qui: https://mediciperidirittiumani.org/la-fabbrica-della-tortura-rapporto/
[3] Tra le molte, ricordiamo le due campagne di mail-bombing promosse dalla campagna Ioaccolgo nel febbraio e nel luglio 2020.
[4] Titolo ripreso dall’articolo di Maurizio Ambrosini “Dopo Lampedusa. Migrazioni: coniugare umanità e sicurezza. La vera mina sono i rinvii”, pubblicato su Avvenire, l’8 settembre 2020 disponibile qui: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-vera-mina-sono-i-rinvii
[5] Si tratta del D.L. del 4 ottobre 2018, n. 113 “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132 e del cosiddetto decreto sicurezza bis, il D.L. del 14 giugno 2019, n. 53 “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2019, n. 77.
[6] Nella lettera, inviata l’8 agosto 2020, il Presidente Mattarella ha evidenziato due principali criticità. La prima riguarda la norma della legge di conversione del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica” laddove prevede sanzioni amministrative fino a un milione di euro per coloro che violano il divieto di ingresso nelle acque territoriali. La seconda riguarda invece quella norma che ha modificato l’art. 131 bis del codice penale, rendendo inapplicabile la causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto” alle ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale “quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni”.
[7] Secondo l’art.1 della Convenzione Internazionale di Ginevra del 1951, sottoscritta dal nostro paese, è considerato rifugiato chi “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese.”
[8] Come è stato giustamente osservato le missioni delle Ong di ricerca e soccorso in mare sono a tutt’oggi bloccate ricorrendo ad atti amministrativi.
[9] Si veda la sentenza n. 186 del 9 luglio 2020, depositata il 31 luglio, che ha dichiarato incostituzionale l’Art. 4, c. 1° bis, del decreto legislativo 18/08/2015, n. 142, come introdotto dall’art. 13, c. 1°, lett. a), n. 2, del decreto-legge 04/10/2018, n. 113, convertito, con modificazioni, nella legge 01/12/2018, n. 132. La norma che preclude l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo secondo la Corte “è irragionevole sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza; per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti”. Secondo la Corte inoltre tale norma viola anche la dignità sociale in quanto “Inoltre, negare l’iscrizione all’anagrafe a chi dimora abitualmente in Italia
significa trattare in modo differenziato e indubbiamente peggiorativo, senza una ragionevole giustificazione, una particolare categoria di stranieri”. Si veda qui: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2020:186
[10] Per una sintetica ricostruzione si veda Lunaria (a cura di), Un’estate all’insegna del razzismo, Ottobre 2018, disponibile qui: https://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2018/10/FOCUS62018unestateallinsegnadelrazzismo.pdf
[11] Il testo del Discorso è disponibile qui: https://ec.europa.eu/info/strategy/strategic-planning/state-union-addresses/state-union-2020_en
[12] Il piano dovrà essere discusso dal Parlamento e dal Consiglio Europeo. I documenti che lo compongono sono disponibili qui: https://ec.europa.eu/info/publications/migration-and-asylum-package_en
[13] Si veda la nota stampa “Migration Pact: necessari significativi correttivi” qui: https://centroastalli.it/migration-pact-necessari-sigificativi-correttivi/
[14] Si veda Spinelli F., “Gli scenari distopici del patto europeo sull’immigrazione”, Internazionale, 24 settembre 2020, qui: https://www.internazionale.it/opinione/francesca-spinelli/2020/09/24/scenari-patto-europeo-immigrazione
[15] Sono Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.
[16] Per approfondire si vedano: Bonifazi C. Strozza S., Un primo bilancio della regolarizzazione, Neodemos, 23 Settembre 2020, qui: https://www.neodemos.info/2020/09/22/un-primo-bilancio-della-regolarizzazione/ e La regolarizzazione non è un flop ma.., sul nostro sito qui: http://sostieni.cronachediordinariorazzismo.org/la-regolarizzazione-non-e-un-flop-ma/
[17] Si vedano ad esempio le proposte avanzate proprio in vista della presentazione del Nuovo piano europeo su Migrazioni e Asilo qui: https://www.asgi.it/primo-piano/cosa-vogliamo-nel-nuovo-patto-ue-su-migrazione-e-asilo/
[18] Il Manifesto della campagna è disponibile qui: http://ioaccolgo.it/cosa-crediamo
[19] La proposta è consultabile qui: http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.13.18PDL0001160.Pdf
[20] Ne abbiamo parlato anche nel nostro quinto libro bianco. Si veda “Dall’allarme giallo ai porti chiusi. Razzismo e xenofobia ai tempi del Covid-19“, in Lunaria, a cura di, Cronache di ordinario razzismo. Quinto libro bianco sul razzismo in Italia, 2020, qui: http://sostieni.cronachediordinariorazzismo.org/libro-bianco/dallallarme-giallo-ai-porti-chiusi-razzismo-e-xenofobia-ai-tempi-della-covid-19/