Il 16 novembre, in occasione della Giornata Internazionale della tolleranza, dichiarata dall’UNESCO nel 1995 per ricordare i principi ispiratori della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, OSCE/ODIHR ha reso pubblici i dati del 2017 sui cosiddetti reati d’odio, noti anche come “hate crimes” in 39 paesi del mondo, compresa l’Italia (come riportato nella guida dell’OSCE “Perseguire Giudizialmente i Crimini d’Odio”, pubblicata nel 2016, “il pregiudizio verso un gruppo, la motivazione basata sul pregiudizio, ovvero la bias motivation, è l’elemento che contraddistingue i reati ispirati dall’odio dagli altri reati e li rende un fenomeno che desta particolare preoccupazione per le autorità nazionali e le Organizzazioni Internazionali). Di questi, 34 i paesi che hanno fornito delle statistiche ufficiali, mentre 23 quelli che hanno fornito dati delle forze dell’ordine, disaggregati in base alle motivazioni del crimine.
Queste cifre ufficiali sono integrate e completate, poi, dalle relazioni prodotte da 124 gruppi della società civile (includendo fra questi, oltre alle numerose associazioni anche le informazioni prodotte dalla Santa Sede, dall’UNHCR, dall’IOM e dalle missioni OSCE), che coprono 47 Stati partecipanti.
I dati sugli incidenti riportati e raccolti da tutte queste fonti possono essere cercati, filtrati e scaricati in modo completo sul sito dell’ODIHR per paese, per motivazione di pregiudizio e per tipo di incidente.
In Italia, nel 2017, i reati di odio comunicati a Odihr dalle Forze dell’ordine sono 1048 (in costante aumento dal 2013 in poi, in particolare con una variazione accentuata proprio fra il 2016 e il 2017), dei quali ben 828 (quasi raddoppiati rispetto al 2016) sono quelli che hanno alla base un movente razzista e xenofobo (79% sul totale dei casi riportati). A questi si aggiungono i 96 incidenti di matrice razzista segnalati dalla società civile.
Tra i reati di matrice razzista, destano una particolare preoccupazione i casi di l’incitamento all’odio (ben 337 casi riportati in Italia nel 2017) e le violenze fisiche (117 i casi rilevati).
ODIHR ricorda che i dati relativi ai reati d’odio in Italia, raccolti dalle autorità preposte in applicazione della legge e dal Ministero dell’Interno, non sono disponibili pubblicamente e non sono facilmente accessibili. Inoltre, osserva che l’Italia non ha riferito (come numerosi altri stati EU, fra i quali Francia e Germania) il numero di procedimenti giudiziari e di informazioni sui casi di reato di odio già condannati. Fa eccezione il Regno Unito, che con puntualità e precisione riporta anche il numero di procedimenti e sentenze (su 95552 casi riportati dalle forze dell’ordine, 14535 sono i reati perseguiti sul piano giudiziario e 11987 si sono conclusi con una sentenza).
La sottostima del fenomeno razzista, tuttavia, come anche noi abbiamo spesso sottolineato, è la lente attraverso la quale leggere questi dati. Innanzitutto, molte vittime non si fanno avanti per denunciare i reati d’odio, per una serie di motivi, che vanno dalle barriere linguistiche alla sfiducia nelle autorità o per paura di ulteriori aggressioni e violenze. In secondo luogo, i dati indicano che non tutti gli incidenti segnalati alle autorità sono riconosciuti come potenziali reati di odio razzista, o registrati e trattati come tali. Infine, è spesso difficile rintracciare e seguire i casi di reati di odio in tutte le fasi, dalla denuncia alla condanna, a causa di diverse procedure di registrazione o classificazione (ad esempio, le forze di polizia possono utilizzare definizioni diverse rispetto ai pubblici ministeri).
Per aiutare tutti gli Stati europei a cogliere meglio queste difficoltà, l’ODIHR ha pubblicato anche una metodologia (ad integrazione del programma INFAHCT – Information Against Hate Crimes Toolkit) su come condurre indagini sulla “vittimizzazione”, che possono aiutare a mappare il livello dei differenti reati di odio non dichiarati e le esperienze dirette che le vittime hanno avuto con organismi di giustizia quando sono riusciti a sporgere denuncia.