Sino ad oggi non ci sono riscontri su eventuali azioni volte a colpire l’Italia riconducibili allo Stato islamico, né gli allarmi lanciati relativamente alla possibilità che i terroristi siano intenzionati ad utilizzare le barche dei migranti per arrivare in Europa hanno trovato sinora alcun riscontro.
Questi, in sintesi, i due messaggi rilevanti contenuti nella ‘Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza‘ relativa al 2014 redatta dal Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza) trasmessa al Parlamento nei giorni scorsi.
Secondo i servizi segreti, in merito alla “diffusione del terrorismo di matrice islamica è da ritenersi crescente il rischio di attacchi in territorio europeo ad opera di varie ‘categorie’ di attori esterni o interni ai Paesi-bersaglio”. Nello specifico, la maggior preoccupazione dell’intelligence sembra riconducibile a quello che viene definito “volontarismo individuale in funzione antioccidentale”, una “evoluzione delle modalità operative di individui e gruppi estremisti che si riconducono alle diverse declinazioni del jihadismo”. A questo proposito, “assoluta priorità per il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica” è rappresentato dal “rischio che operino nel nostro Paese cellule terroristiche autonome composte da soggetti radicalizzati di varia estrazione e provenienza”. Non sembra ravvisabile, dunque, il pericolo lanciato da più voci, sia mediatiche sia politiche, rispetto alla possibilità che i terroristi arrivino sulle barche confondendosi tra i migranti. Piuttosto, secondo l’intelligence, risulta più plausibile la presenza di “lupi solitari” e “foreign fighters”; soggetti, questi ultimi, “che si recano in uno Stato diverso da quello di propria residenza/nazionalità al fine di perpetrare, pianificare, preparare o partecipare ad atti terroristici, ovvero fornire o ricevere addestramento terroristico” (definizione contenuta nella Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU 2178 approvata il 24 settembre 2014).
Sia nel caso dei “lupi solitari” sia in quello dei “foreign fighters”, il pericolo evidenziato riguarderebbe la possibile concretizzazione di “disegni offensivi in suolo occidentale, autonomamente ovvero su input di organizzazioni terroristiche”. E’ quindi la “jihad individuale, di dimensione domestica” a preoccupare i servizi segreti: “una minaccia che trova il profilo di maggiore insidiosità nell’estremismo homegrown, un’area di consenso verso il jihad violento che spesso riflette processi di radicalizzazione individuali ed invisibili”. Il pericolo, più che a gruppi organizzati, si lega “all’eventualità di un’autonoma attivazione – specie sulla spinta della propaganda on-line – di elementi isolati o microgruppi motivati a colpire la società occidentale dall’interno”. Per quanto riguarda l’uso della rete, la Relazione sottolinea “la presenza di quella che potrebbe essere definita come una nuova generazione di jihadisti: molto giovani, spesso con scarse conoscenze sul piano dottrinale ma ben informati sulla pubblicistica d’area e con ottime competenze informatiche”. Persone che userebbero il web “quale strumento di propaganda e comunicazione”, con la tendenza “a privilegiare i social network”.
Rispetto alla minaccia del terrorismo internazionale l’intelligence dipinge dunque una generale situazione di allarme, in cui l’Italia diventa un “potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità”. Il che impone “massimi livelli di guardia”, pur considerando che, è bene sottolinearlo, “ad oggi non sono emerse attività o pianificazioni ostili in territorio nazionale riconducibili allo Stato Islamico o ad altre formazioni del jihad globale”.