Emra ha ventidue anni, è nato in Italia, risiede a San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Attualmente, Emra è rinchiuso nel Cie di Bari Palese. Per lo stato italiano Emra è uno straniero, senza permesso di soggiorno, e come tale deve essere trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione.
Questo, nonostante sia nato in Italia. Precisamente a Secondigliano (NA), dove i suoi genitori, fuggiti dalla guerra nei Balcani, si sono stabiliti nel 1989. Nel 2000 la famiglia si trasferisce a San Donà di Piave, in provincia di Venezia. E qui Emra risiede. Almeno fino al 25 novembre, quando viene rinchiuso nel Cie di Bari Palese. Durante un controllo, un poliziotto si accorge che Emra ha la carta di identità, ma non il permesso di soggiorno. Perchè? Perchè Emra è sempre stato iscritto nella carta di soggiorno del padre. Che, poco prima che lui compisse 18 anni, è morto. E Emra, essendo nato in Italia, avendo la residenza in Italia, e avendo seguito tutti gli studi in Italia – in poche parole, essendo vissuto da sempre in Italia – semplicemente non sapeva che al compimento della maggiore età avrebbe dovuto svolgere una serie di iter burocratici per diventare cittadino italiano, o ottenere un documento di soggiorno. Emra, insomma, non sapeva che per lo stato lui è sempre stato solo un ospite, “tollerato” finchè minorenne.
E’ così che Emra ha scoperto di essere un immigrato irregolare, con una convocazione della Questura di Marghera, dove Emra si è recato senza sospettare che quella sera non sarebbe più rientrato a casa. La Prefettura di Venezia ha infatti emesso nei confronti dell’uomo un provvedimento di espulsione, seguito da un ordine di trattenimento del Questore. Emra viene ammanettato e portato a Bari, nel Cie di Palese, aspettando che si concluda la pratica per il rimpatrio verso la Serbia. Un paese che Emra non ha mai visto e dove non ha alcun parente. Il Giudice di Pace ha convalidato il provvedimento di espulsione e il trattenimento presso il CIE, in totale contrasto con quanto disposto dall’art. 13 comma 2 bis del Testo Unico sull’immigrzione, che impone una attenta valutazione sulla natura dei vincoli familiari dell’interessato, sulla durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché sull’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine.
“Cosa ho fatto di male che mi hanno portato in questo posto?” si domanda Emra, che chiede solo di poter tornare da sua madre e da suo fratello, a San Donà di Piave. A casa.
L’avvocato Ulyana Gazidede, che collabora con Melting Pot Europa, ha depositato un ricorso contro questo illegittimo provvedimento di espulsione, e chiede almeno una sospensione del provvedimento in quando, se per la legge non è “italiano”, Emra non è neppure serbo ma, più correttamente, un apolide.
La storia di Emra è purtroppo molto simile a quella di moltissime altre persone, nate e vissute in Italia ma considerate sempre straniere. L’incredibile vicenda di Emra testimonia come l’immediato riconoscimento dello ius soli e la chiusura di tutti i CIE non siano più rinviabili.
Per Emra, così come per le centinaia di persone rinchiuse nei CIE e le migliaia di giovani che rischiano di trovarsi nella sua stessa situazione, chiediamo giustizia.
Ci associamo all’appello lanciato da Melting Pot. Liberate subito Emra Gasi.
Sottoscrivi l’appello.