Da subito avevamo dichiarato che “non si può morire così”. Quando così significa colpiti dai proiettili dei fucili imbracciati da un proprietario terriero e da suo figlio, furiosi per aver trovato alcuni dei ‘loro’ meloni nell’auto di tre uomini, cittadini del Burkina Faso: Sare Mamoudou, Kadago Adam e Souleiman. Sare Mamoudou è morto a causa dei colpi che l’hanno raggiunto alla schiena. Kadago Adam ce l’ha fatta ma rischia di avere per sempre un proiettile nel petto, a causa – dicono i medici – dei rischi di un’operazione. Medici che comunque, se non ci fosse stato il pronto intervento di un avvocato contattato dalla Flai Cgil, l’avrebbero dimesso dopo pochissimo tempo, rimandandolo in quello che è conosciuto come il Gran Ghetto di Rignano: un luogo dove vivono molti braccianti africani impiegati nelle campagne del foggiano, un’area conosciuta per le pessime condizioni igienico-sanitarie (qui alcuni approfondimenti). Un posto insalubre per tutti, ancora di più per chi è stato colpito dai proiettili di un fucile: per questo la Flai Cgil sta lavorando attualmente con il sindaco di San Severo per trovare un alloggio dove ospitare Kadago.
La ricostruzione ufficiale della vicenda era stata immediatamente messa in discussione dalla testimonianza del terzo uomo, che aveva allertato le forze dell’ordine: testimonianza riportata coraggiosamente da un amico e compagno di lavoro ai microfoni di Foggia Città Aperta. E ora, a distanza di pochi giorni dall’omicidio, è proprio questa la versione più fedele a quanto tragicamente accaduto: i tre uomini sarebbero stati aggrediti, insultati e inseguiti per almeno nove chilometri, per poi essere colpiti, alle spalle, dai proiettili. Non sarebbero dunque stati trovati all’interno del campo dal proprietario terriero, come invece era emerso inizialmente nella testimonianza resa dagli aggressori (ne abbiamo parlato qui). I tre, piuttosto, mentre camminavano per le campagne in cerca di lavoro, vedendo alcuni meloni – tra cui molti marci – avevano chiesto a un contadino la possibilità di prenderne alcuni. L’uomo aveva risposto affermativamente, anche perché di lì a poco sarebbero andati buttati. Subito dopo era sopraggiunto il figlio del proprietario terriero, che aveva iniziato ad insultare i tre uomini, accusandoli di aver rubato i meloni. Ne era iniziato un diverbio, finito con i tre che se ne andavano con la propria auto. O almeno sarebbe finito: invece si è concluso con un uomo ucciso dai colpi di fucile sparati dal 27enne e dal padre, proprietari del campo.
Un evento drammatico e incredibile “alimentato dall’odio sociale e dalla caccia all’immigrato all’interno di una società prossima al collasso non solo economico ma anche sociale, che si accanisce contro il più povero”, come denunciato da subito dai membri del collettivo ProFuga. Ieri un corteo ha sfilato per le strade di Foggia, dove proprio i migranti sono stati i protagonisti (qui fotografie), al grido di “Verità e giustizia per Mamadou Sare”, insieme a “Stop al caporalato e allo sfruttamento”: due piaghe purtroppo ancora molto presenti in tutto il settore agricolo italiano, come denunciato più volte da associazioni e sindacati. Solo pochi mesi fa, Medici per i Diritti Umani (MEDU) presentava il rapporto Terra Ingiusta, un’indagine sul fenomeno dello sfruttamento dei braccianti immigrati in alcune zone del sud Italia.