“Lacune sistematiche nelle procedure di riconoscimento della protezione internazionale e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo [..] portano a pensare che ci sia il rischio reale per le persone di essere vittime di trattamenti inumani e degradanti”: per questo, la Corte Suprema inglese ha deciso di accogliere l’esposto di quattro persone, che, arrivate in Inghilterra passando per l’Italia, in base al regolamento Dublino avrebbero dovuto essere rimandate nel nostro paese, primo stato europeo in cui avevano chiesto asilo.
I quattro – un cittadino iraniano e tre eritrei, due donne e un uomo – hanno espresso il timore di tornare in Italia per paura di veder violati i propri diritti e di non ricevere assistenza adeguata, dopo essersi trovati in situazioni che li hanno profondamente segnati da un punto di vista emotivo e fisico. Una donna eritrea ha raccontato di essere stata violentata più volte in un edificio abbandonato dove dormiva insieme a molte altre persone – unico posto dove è riuscita a trovare rifugio in mancanza di una reale assistenza da parte dello stato italiano – . Il cittadino iraniano ha testimoniato di essere stato vittima di torture e abusi nel proprio paese, e di soffrire di problemi legati a quanto vissuto per cui avrebbe bisogno – e diritto – di assistenza medica, cosa che l’Italia non gli ha mai garantito.
Nel prendere la decisione, la Corte Suprema ha ricordato che è illegittimo “il trasferimento di una persona da uno stato membro del Consiglio d’Europa verso un altro stato in cui ci sia un rischio reale per la persona di subire trattamenti contrari all’art. 3 della ECHR”, ossia “trattamenti inumani e degradanti”.
Inizialmente, il ministro degli Interni, la conservatrice Theresa May, aveva dichiarato che in Italia non è “sistematica” la violazione dei diritti dei richiedenti asilo, e per questo non riteneva di dover fermare il trasferimento dei quattro, che contro questa decisione avevano presentato appello presso l’Alta Corte. Anche l’Alta Corte non si era opposta all’allontanamento, cosa che aveva portato i quattro richiedenti asilo ad inoltrare un esposto alla Corte Suprema. Il più alto organo giudiziario del Regno Unito ha accolto la richiesta, impedendo il trasferimento e chiedendo ai giudici dell’Alta Corte di svolgere ulteriori accertamenti, per valutare la situazione in Italia e capire se in effetti, in un paese che “si presume dovrebbe essere sicuro”, in realtà c’è “il serio rischio per queste persone di subire trattamenti inumani e degradanti”.
Parlando di accoglienza e diritti umani, vengono alla mente moltissime esempi che testimoniano la mancanza di un sistema di assistenza efficace e dignitoso e la frequente violazione dei diritti dei richiedenti asilo. Senza andare troppo lontano nel tempo e senza dilungarsi troppo, basta pensare al CPA di Lampedusa e ai getti di prodotto disinfettante spruzzato sui migranti (ne abbiamo parlato qui), oppure al palazzo Ispra nel centro di Roma, occupato da più di 450 persone, eritrei, somali ed etiopi – la maggior parte di loro titolari di protezione internazionale – in mancanza di un’assistenza adeguata da parte delle amministrazioni e del governo centrale. Era stato il quotidiano La Repubblica a parlare di questo palazzo, citando altri esempi allarmanti che testimoniano le carenze di un sistema di accoglienza molto diversificato sul territorio e incapace di offrire di un percorso di accoglienza e inserimento a tutti i potenziali beneficiari (l’articolo è disponibile qui).
Stupisce quindi il fatto che, nel dare la notizia di quanto avvenuto in Inghilterra, La Repubblica parli di “insolita decisione”, sottolineando che queste quattro persone sarebbero “clandestini”.
A titolo informativo, si ricorda che la maggior parte delle persone che fugge dal proprio paese in cerca di protezione si trova priva di documenti, proprio perché scappa dallo stato che dovrebbe rilasciare documenti e titoli di viaggio. Proprio per questo, l’art. 31 della Convenzione di Ginevra stabilisce che “gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate”.
Qui il testo della Corte Suprema.