Il piano europeo per mantenere i migranti fuori dal proprio territorio prosegue e si concretizza. Per i dettagli dobbiamo attendere la chiusura dell’incontro ma i temi al centro del dibattito dell’incontro tra i ministri dell’interno comunitari e il collega turco Ahmet Davutoğlu sono già noti.
“Possiamo ridurre il flusso di migranti attraverso rapidi e massicci rimpatri dalla Grecia alla Turchia”, si legge nella lettera che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha inviato ai capi di governo dei paesi membri prima del meeting odierno. Ed è proprio intorno a questo punto che verte il meeting: il rimpatrio coatto di tutte le persone “che non hanno diritto alla protezione internazionale. La volontà politica c’è- ha aggiunto Tusk – necessita però di sostegno logistico”. Su questo punto interviene da una parte la Commissione europea con l’ “aiuto umanitario” promesso alla Grecia, dall’altra la Nato, le cui navi opereranno nel Mar Egeo, e in particolare nelle acque territoriali di Grecia e Turchia, in sinergia con Atene, Ankara e Frontex. Una collaborazione “contro i trafficanti”, stando alle dichiarazioni ufficiali: ma gli accordi tra i paesi fanno pensare piuttosto a un controllo coordinato per identificare le imbarcazioni in viaggio dalle coste turche e segnalarle ad Ankara affinché se ne faccia carico prima che tocchino la costa europea.
Sul fronte dei Balcani, nell’incontro di oggi si discuterà anche l’ipotesi di chiudere la Western Balkans route: la presa di posizione assunta dai paesi dell’est Europa rispetto all’innalzamento di altre barriere interne sembra dunque aver pesato sulle istituzioni europee, che nelle parole di Tusk assicurano che “i flussi di migranti irregolari sulla rotta dei Balcani stanno per finire”. Parole che coincidono con la volontà europea di sciogliere le tensioni tra i paesi membri e scongiurare il rischio di un annullamento di Schengen: su questo punto venerdì scorso, 4 marzo, la Commissione ha diffuso una roadmap, con punti programmatici, azioni e date precise per eliminare, entro la fine del 2016, le frontiere già introdotte da alcuni paesi membri.
“E’ il momento di mostrare che siamo solidali e coerenti – ha affermato il commissario UE all’immigrazione Dimitris Avramopoulos – sono sicuro che alla fine a prevalere sarà l’interesse comune di tutti gli Stati membri”. Gli fa eco Tusk: “Posso vedere un consenso emergere. E’ un consenso intorno a una strategia comune che può aiutare a fermare i flussi e gestire la crisi”. Solidali e coerenti nell’interesse comune di allontanare e rifiutare le persone: su questo punto sicuramente l’Europa si sta impegnando a trovare un accordo.
Per quanto riguarda i rimpatri sollecitati dall’Europa, non sembrano esserci ostacoli da parte turca, che nelle parole del primo ministro sembrerebbe pronta a dare concreta attuazione al piano predisposto lo scorso ottobre da Ankara e Bruxelles: 3 miliardi di euro alla Turchia e la riapertura dei negoziati per l’adesione all’Unione, per avere in cambio il contenimento delle persone dirette in Europa e il rimpatrio di quelle già entrate ma prive del diritto alla protezione, secondo gli arbitrari criteri con cui l’Unione divide uomini, donne e bambini in profughi e migranti economici, per mezzo delle discusse procedure applicate negli hotspot, fermamente criticati da movimenti e associazioni per la tutela dei diritti umani. Lo sblocco di parte di questi fondi ha consentito il rimpatrio, nella scorsa settimana, di circa trecento persone sbarcate in Grecia.
Il meeting è ancora in corso. Si dovrà attendere domani per capire che tipo di accordi saranno presi con un paese, la Turchia, al centro di molte polemiche per le numerose mancanze sul fronte del rispetto dei diritti umani, in particolare della componente curda. “E’ un’interferenza molto grave nella libertà dei media, che non dovrebbe avere luogo in una società democratica” ha affermato il Consiglio d’Europa dopo il commissariamento e il conseguente attacco della polizia turca, avvenuto venerdì 4 marzo a Istanbul, al giornale d’opposizione Zaman, oggi tornato in edicola con una nuova linea editoriale filogovernativa. Ma a quanto pare nulla è abbastanza grave da fermare l’accordo con la Turchia e le scelte fatte sulla pelle delle persone, che nel frattempo continuano a essere lasciate sole: domenica, in venticinque hanno perso la vita. La barca su cui viaggiavano è affondata al largo di Didim, località turistica turca che affaccia sul mar Egeo.
Qui la bozza di documento diffusa dal Consiglio europeo, in attesa del documento ufficiale.