Lettera aperta dell’assessora regionale piemontese all’Immigrazione, Monica Cerutti (SEL), al ministro degli Interni, Angelino Alfano, sul tema dei troppi dinieghi opposti alle richieste di inserimento dei richiedenti asilo sul territorio italiano.
“Una delle problematiche che fa inceppare il meccanismo di accoglienza del nostro Paese – scrive Cerutti – è l’alto numero di dinieghi da parte delle Commissioni territoriali. In tutto il 2014 la percentuale di dinieghi è stata del 38%; a gennaio 2015 era già salita al 48%, con un aumento dell’10%”. Cerutti si dice convinta del fatto che “sia necessario rivedere il sistema di gestione dei permessi ai richiedenti asilo”.
Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale della lettera:
DINIEGHI AI RICHIEDENTI ASILO: LETTERA APERTA AL MINISTRO ALFANO E AL PREFETTO MORCONE
La questione immigrazione è talmente delicata che deve essere affrontata in tutti gli aspetti che ne derivano.Accoglienza significa anche intraprendere percorsi di inserimento dei richiedenti asilo sul territorio italiano.
In questi giorni è stato sottoposto alla mia attenzione il caso di Pettinengo, un paese della provincia di Biella che conta 1.500 abitanti, in cui da un anno sono presenti sedici profughi malesi che in questi giorni hanno ricevuto il provvedimento di espulsione. I cittadini si sono opposti fortemente a questo provvedimento sancito dalla Commissione territoriale e dal Tribunale di Torino. A breve dunque queste persone dovranno lasciare il paese, ma non è chiaro quale sarà il loro futuro.
Da quel che mi risulta dopo una sollecitazione del sindaco, Ermanno Masserano, la senatrice biellese del PD Nicoletta Favero ha anche presentato un’interrogazione al ministero dell’Interno.
Un caso simile è avvenuto anche ad Alessandria dove attualmente sono dodici i migranti che hanno ricevuto comunicazione di diniego durante il loro percorso di inserimento lavorativo sul territorio. Si tratta di persone provenienti da Gambia, Senegal, Mali, Burkina e Benim. In alcuni casi in questo stesso territorio il diniego è stato anche causa dell’interruzione di importanti percorsi di inserimento sociale. In un caso un migrante malese ha ricevuto la comunicazione durante il suo tirocinio in Prefettura come facilitatore presso un’associazione e al termine sarebbe stato assunto, tutto sfumato. Come sono sfumate le possibilità lavorative di altri due migranti malesi impegnati in tirocini da apicultori.
Nell’astigiano invece l’Ente Parchi Astigiani ha affidato i lavori di messa in sicurezza delle passatoie nei boschi a una cooperativa in cui lavorano, con tirocinio regolarmente retribuito, alcuni richiedenti asilo. Come sollecitano le stesse associazioni “il lavoro e l’impegno dei rifugiati deve essere tenuto in conto dalle Commissioni per il riconoscimento asilo, concedendo un permesso di soggiorno umanitario a chi contribuisce a migliorare il nostro Paese”.
Questi esempi dimostrano come la solidarietà sia ancora un valore fondante che unisce gli italiani. Credo però che sia giunto il momento di affrontare una delle problematiche che fa inceppare il meccanismo di accoglienza del nostro Paese: l’alto numero di dinieghi da parte delle Commissione territoriali. In tutto il 2014 la percentuale di dinieghi è stata del 38%; a gennaio 2015 era già salita al 48%, un aumento dell’10%.
Davanti a numeri del genere dovremmo porci delle domande: cosa abbiamo intenzione di fare con queste persone? Abbiamo veramente intenzione di rispedirli come pacchi postali in territori dai quali sono fuggiti? Dopo per altro aver investito su di loro in progetti di inserimento socio lavorativo? Oppure pensiamo di riempire con loro i Centri di Identificazione ed Espulsione ancora in funzione?
Siamo convinti sia necessario rivedere il sistema di gestione dei permessi dei richiedenti asilo. Forse potrebbe essere una soluzione modificare questo meccanismo dando la protezione umanitaria in modo più generalizzato e fare in modo che solo coloro che hanno probabilità di esito positivo avviino la pratica presso la Commissione d’asilo. Inoltre, al momento, l’incremento del numero delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico non ha ancora determinato uno snellimento delle procedure in tempi più ragionevoli.