Polizia sulle coste libiche e divieto di attraccare nei porti italiani per le navi militari straniere impegnate nell’operazione Triton-Frontex. E’ un “piano b” di totale chiusura quello immaginato dal governo italiano per quanto riguarda l’immigrazione, i cui dettagli sono stati in parte anticipati dal presidente del Consiglio in un’intervista al Corriere della Sera. Il presidente del Consiglio ha accusato l’Europa di dare “risposte insufficienti” di fronte ai nuovi ingressi: “Redistribuire solo 24 mila persone è quasi una provocazione”, ha affermato, riferendosi al programma annunciato a fine maggio dalla Commissione europea, che prevede la ricollocazione sull’intero territorio europeo di 40mila persone, 24mila dall’Italia e 16mila dalla Grecia (Dettagli qui).
Numeri inadeguati se confrontati con la situazione attuale: stando ai dati rilasciati dallo stesso premier, dall’inizio dell’anno a oggi l’Italia avrebbe accolto 57.167 persone.
Ma il problema non è solo questo: la scorsa settimana la nave militare inglese Bulwark, impegnata nel canale di Sicilia nell’ambito di Triton-Frontex, ha soccorso circa mille migranti, portandoli poi nel porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Inutile l’invito ad attraccare nel porto di Ancona lanciato dalla Capitaneria di porto per evitare di sovraccaricare ulteriormente la Sicilia: “l’unità navale inglese risponde alle disposizioni di Sua Maestà”, sarebbe stata la risposta del comandante della nave, riportata dall’Huffington Post.
E nel frattempo a Ventimiglia la Francia ha schierato poliziotti e camionette per bloccare i migranti che dall’Italia provano a spostarsi oltralpe.
Di fronte alla totale mancanza di dialogo e alla chiusura mostrata da molti degli altri paesi membri, l’Italia sembra dunque, almeno secondo quanto annunciato, voler rispondere innalzando a sua volta altri muri. “Se il consiglio europeo sceglierà la solidarietà, bene. Se non lo farà, abbiamo pronto il piano B”, ha affermato il presidente del Consiglio. La decisione del Consiglio europeo dovrebbe arrivare il 25 e 26 giugno, quando a Bruxelles verrà discusso nuovamente il piano europeo relativo alla gestione dell’immigrazione, in cui sarebbe prevista la distribuzione dei richiedenti asilo, ma anche l‘immediato rimpatrio nei paesi di origine per coloro che risultassero privi, secondo i parametri europei, dei requisiti per chiedere la protezione internazionale.
Quel che è certo è che le azioni dei paesi membri non rappresentano dei segnali positivi, né si evince una volontà comune di gestire l’immigrazione in modo coordinato e attento ai diritti dei migranti. Se è vero che l’Italia non può sostenere da sola la situazione attuale, è altrettanto lampante che l’instaurazione di presidi di polizia alle coste libiche non aiuterebbe in alcun modo i migranti, costringendoli invece a percorrere rotte ancora diverse, forse più lunghe e pericolose, o condannandoli a rimanere in un luogo – la Libia – in cui i loro diritti sono quotidianamente calpestati dalle violenze che subiscono nelle carceri (ad esempio vedi qui). Ciononostante, il “piano b” di cui parla il presidente del Consiglio prevede proprio il blocco delle imbarcazioni su cui viaggiano i migranti, per varare il quale l’Unione Europea – e il ministro per gli affari esteri Mogherini in particolare – ha chiesto il mese scorso l’appoggio del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Un sostegno che, ad ogni modo, non è vincolante: la missione di polizia prescinderebbe, secondo quanto dichiarato da Renzi, dal via libera delle Nazioni Unite. Nei prossimi giorni il presidente del Consiglio incontrerà i leader europei proprio in funzione dell’avvio dell’operazione, nella quale si vorrebbe coinvolgere anche l’Egitto. Oltre, naturalmente, alla Libia: anche se finora il governo riconosciuto di Tobruk ha sottolineato la propria contrarietà all’operazione. In altre parole, se da una parte Renzi chiede all’Europa una scelta di “solidarietà”, dall’altra predispone un piano B che è di fatto finalizzato a fermare gli arrivi con la forza. Nulla dice il Presidente del Consiglio sulle conseguenze che questa scelta irresponsabile avrebbe sulla vita delle persone.
Passando alla gestione dell’accoglienza, Renzi ha sottolineato che “la comunità internazionale è responsabile di ciò che accade in Libia in ragione dell’intervento di 4 anni fa e della scarsa attenzione successivamente dedicata al tema”. E proprio rispondendo al concetto di responsabilità, “in Europa va cambiato il principio sancito da Dublino II”, che ad oggi obbliga le persone a inoltrare domanda di protezione internazionale nel paese di ingresso piuttosto che consentirgli di scegliere liberamente dove fare la richiesta. Considerando gli ultimi interventi promossi dalla Francia e dall’ Inghilterra, i paesi membri dell’UE non sembrano intenzionati a prendere in considerazione alcun cambiamento in proposito: proprio per questo, un altro aspetto del “piano b” annunciato da Renzi potrebbe consistere nella distribuzione di permessi temporanei per consentire ai richiedenti asilo di varcare le frontiere e circolare in Europa.
“Nei prossimi giorni ci giochiamo molto dell’identità europea”, ha affermato il premier. Ma tutte queste strategie, che da mesi impegnano i rappresentanti istituzionali in discussioni e programmazione di piani, ricadono poi, concretamente, sulla pelle di persone in carne e ossa. E per loro quanto sta succedendo non è affatto un gioco.