Il censimento 2011 è stata una grande operazione “infrastrutturale” per il nostro paese, di cui forse non tutti si rendono conto. Ma è come quando un paese si conta, guarda in quanti si è, dove si è e da lì può cominciare tutta un’altra serie di rilevazioni importantissime per avere “il polso” di come viviamo. E il censimento non è stato scevro di clamorose sorprese. Una, forse la più eclatante, riguarda gli immigrati. All’appello ne mancano ben 800 mila. In pratica rispetto alle rilevazioni finora fatte dai vari istituti e che vengono basate spesso proprio sull’anagrafe, i migranti “reali” – ovviamente parliamo di chi è residente – sono quasi un milione di meno.
Come è possibile?
La Fondazione Ismu osserva: “La spiegazione va cercata in parte nelle mancate compilazioni del questionario da parte dei migranti, in parte nelle migrazioni all’estero o in patria mai registrate, in parte nelle transizioni all’irregolarità giuridico-amministrativa — tipicamente la perdita del permesso di soggiorno — e, infine, nelle anomalie e negli errori burocratici accumulatisi nell’ultimo decennio. La popolazione complessiva censita sul territorio nazionale – osservano dall’Ismu – non ha ancora superato i 60 milioni di unità come i dati anagrafici indicavano fin dal novembre 2008, ma si è fermata a 59,4 milioni di cui poco più di 4 milioni stranieri (e non quasi 4,9 milioni) e 55,4 milioni italiani (e non 56 milioni). La “perdita” di 830mila unità straniere è pari al 17,1% in termini relativi rispetto alle più recenti stime anagrafiche al 1° gennaio 2012, mentre quella di 586mila italiani è pari al 4,7%.”.
Quindi, ri-allineiamo le bussole: al 9 ottobre 2011, data di riferimento del 15.mo censimento generale della popolazione e delle abitazioni, in Italia risiedevano 59.433.744 persone. Gli stranieri erano 4.029.145. Secondo le stime diramate dagli ultimi rapporti si riteneva che la presenza di persone straniere in Italia fosse di quasi 5 milioni, mentre il censimento ci dice che è appena al di sopra dei 4 milioni. E’ interessante comunque rilevare che rispetto al 2001, quando si contarono 56.995.744 residenti, l’incremento della popolazione è del 4,3%, da attribuire esclusivamente alla componente straniera. Infatti, nel decennio intercensuario la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di oltre 250 mila individui (-0,5%), mentre quella straniera è aumentata di 2.694.256 unità. I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni, mentre gli italiani diminuiscono nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. In particolare, i cittadini italiani aumentano nel 43,2% dei comuni (3.493) e diminuiscono nel restante 56,8% (4.599).
Ma attenzione perché se riallineare le bussole sul nuovo dato è necessario, perché quello è diventato il riferimento legale, allo stesso tempo bisogna fare attenzione: i servizi anagrafici dei Comuni, infatti, si sono messi a caccia per verificare sul territorio i dati usciti dal censimento. Può anche darsi, infatti, che una parte di quegli 800 mila stranieri in realtà esista, ma o non abbia compilato il questionario, o non abbia risposto agli operatori del censimento. Da un primo dato di “fantasmi” più alto già ne sono stati recuperati 190 mila.
Allo stesso tempo, però, il dato è talmente alto da parlare da solo: se da un lato tutti gli esperti hanno rilevato come sia naturale che in dieci anni la popolazione cambi e di molto la propria residenza, siamo d’altronde nell’era della mobilità, e i migranti ne sono la massima espressione, allo stesso tempo non si può non riflettere sull’effetto negativo che la politica sull’immigrazione può avere avuto anche sotto questo aspetto. Con quale diffidenza i migranti si rapportano agli uffici pubblici, fossero anche solo quelli dell’anagrafe? La sparizione, senza dare alcun cenno, di così tanti migranti certifica la disaffezione dei nuovi cittadini alla burocrazia italiana. Le leggi sull’immigrazione sono rigidissime nel richiedere residenze, timbri e carte bollate. Ma tutto ciò non viene affatto percepito come “utile”. E quando si cambia città, o magari si perde il permesso di soggiorno – soprattutto in quest’ultimo caso – certamente l’ultimo pensiero è quello di andare a dialogare con la pubblica amministrazione. Risultato: cancellare 800 mila nomi non è un lavoretto da poco. Un altro tributo, certo non il più costoso, alla politica della paura.