Nella fase 1 e 2 dell’emergenza coronavirus si sono diffuse preoccupanti pratiche delatorie: contro i “passeggiatori con cane” e “quelli che escono per fare la spesa”, con i vicini di casa appostati a raccontare nel dettaglio sui social dei presunti untori. Poi, la caccia ai “runners”, con schiere di forze dell’ordine armate di droni e telecamere al seguito, per punire corridori solitari sulla spiaggia.
Con l’inizio della fase 3 e la ripresa degli sbarchi, è scattata anche la caccia aperta al “migrante untore”: più untore degli altri, perché portatore di un covid “non autoctono”[1]. E poco importa se i numeri dicono tutt’altro: quello che conta è il sensazionalismo e il fomentare gli animi nella ricerca forzosa di un moderno capro espiatorio.
L’ansia da “controllo” è andata avanti per mesi sui social cercando di identificare di volta in volta un gruppo sociale colpevole della pandemia e caricandola di tutti i mali. Questa narrazione dell’untore si costruisce su più livelli e viene rafforzata anche da pagine Facebook che fanno ironia con “meme” sulle categorie di untori prescelti, contribuendo ad alimentare la percezione della centralità del loro ruolo nella diffusione del virus. La legittima preoccupazione di chi teme il contagio viene così artatamente incanalata con foto di denuncia, appelli a restare a casa e un mare di articoli di stampa con titoli ad effetto. Facile che, poi, dalla normale e legittima preoccupazione, si passi alla rabbia e alla psicosi.
A tutto questo, vanno ad aggiungersi anche alcune dichiarazioni di esponenti politici che rafforzano ulteriormente la retorica dell’untore migrante. Ad esempio, l’ex ministro dell’Interno ed esponente del Partito democratico, Marco Minniti, ha dichiarato che “c’è una evidente correlazione tra immigrazione e Covid” e negarlo porta solo a favorire Matteo Salvini. “Nel momento in cui tutte le popolazioni del mondo stanno discutendo di lockdown, di mascherine, di distanziamento sociale e insomma di come governare i contatti fisici tra le persone, è semplicemente irragionevole ritenere che tutto questo non abbia alcun rapporto con i flussi migratori”[2]. E certo non ha giovato la dichiarazione della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che ha definito gli ultimi arrivi di migranti a Lampedusa “flussi incontrollati che creano seri problemi legati alla sicurezza sanitaria nazionale” e ha mandato l’esercito in Sicilia, dopo che si sono verificate due fughe di richiedenti asilo nei centri di accoglienza di Caltanissetta e di Porto Empedocle.[3]
Discorsi pubblici molto rischiosi questi, tanto a livello politico quanto a livello mediatico, che hanno contribuito a spostare a poco a poco il bersaglio privilegiato su diverse comunità di cittadini stranieri.
Proviamo a ricostruire, come si è sviluppata nei mesi estivi questa caccia all’untore, insieme alle retoriche discriminatorie e xenofobe che l’hanno accompagnata.
Il primo caso più eclatante è stato quello dei “bulgari” di Mondragone. Il 20 giugno, scoppia un focolaio circoscritto inizialmente a un nucleo familiare di origine bulgara e a persone residenti nello stesso edificio. Il Presidente della Regione Campania De Luca firma un’ordinanza la sera del 22 giugno, la numero 57, che stabilisce la quarantena fino al 30 giugno per chi ha residenza, domicilio e dimora nei quattro palazzi dell’Ex-Cirio. Nel comune di Mondragone viene ripristinato l’obbligo di mascherina, mentre cominciano le ‘evasioni bulgare’ notturne dalla zona rossa, riprese da telecamere e cellulari di cittadini solerti. In parallelo, cresce il clima di contrapposizione tra residenti (bulgari) con il resto della cittadinanza (gli autoctoni), preoccupata dai nuovi casi di contagio, dalle fughe notturne e dalle continue disdette di case vacanza nella località costiera del litorale domitio. Le immagini dei momenti di tensione fra cittadini italiani, cittadini bulgari e forze dell’ordine fanno il giro del web.[4]
Nel mese di luglio, i casi si moltiplicano. Già a inizio mese, ha un grande risalto mediatico la notizia relativa alla presenza di alcuni casi di contagio da Covid-19 tra i cittadini bengalesi che stanno rientrando in Italia. Si tratta di molti lavoratori rimasti bloccati nel paese di origine nella fase di lockdown. L’attenzione si concentra sul volo Dacca-Roma atterrato a Fiumicino il 6 luglio con a bordo 276 persone, di cui 36 risultate positive al Covid e alcune febbricitanti. Alcuni organi stampa cominciano a calcare la mano sui fatti e a fomentare ansie e paure (non ingiustificate, quanto piuttosto fuorvianti) attraverso la riproposizione del linguaggio bellico associato al Covid, prendendo a bersaglio i cittadini bengalesi tout court. A fornire un assist alla stampa, è l’assessore laziale alla Sanità, Alessio D’Amato, che definisce la situazione “una vera e propria ‘bomba’ virale che abbiamo disinnescato con tempestività”.[5]
Poi, l’attenzione della stampa si sposta sul caso dell’ex Caserma Serena di Casier (TV), che vede tra migranti e operatori, 244 casi di Covid-19. L’intera ex caserma Serena viene messa in isolamento. Il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, decide che la struttura va trattata come una zona rossa per il tempo necessario all’estinzione del focolaio: “Il virus non deve uscire dalla caserma”, dichiara Zaia, che nella sua conferenza fa un focus sulla correlazione tra nuova diffusione del virus e sbarchi: “L’ospitalità va garantita a chi scappa dalla morte e dalla fame, i dati ci dicono che questi casi costituiscono il 5% del totale. Il 90% degli arrivi riguardano cittadini che vengono da Paesi in cui non c’è guerra o persecuzione. Non capiamo per quale motivo dobbiamo avere in Veneto oltre il 55% dei focolai che vengono da fuori”.[6]
Matteo Salvini pubblica il comunicato stampa dell’ULSS, in cui viene presentato il numero delle persone positive al virus, accompagnato da un’infelice e imperdonabile didascalia: “Immigrati mandati a Treviso, ben 129 trovati positivi al Virus! Se tornerà l’epidemia, sappiamo chi ne sarà colpevole”.[7] Quel “tornerà” lascia intendere che l’epidemia globale, secondo lui, è ormai giunta al termine, mentre quel “colpevole” fa trasparire che la diffusione così repentina del virus all’interno della caserma sia da attribuire agli ospiti stessi, e non all’inadeguatezza delle misure predisposte dalle istituzioni locali e nazionali per mettere in sicurezza le persone ospitate nei centri di accoglienza.
Anche il sindaco di Treviso, Mario Conte, si esprime colpevolizzando i migranti e non mostrando alcun tipo di solidarietà nei confronti delle persone colpite dal virus, evidenziando solo che “quei migranti”, secondo lui, hanno causato un “danno incalcolabile” al turismo veneto.[8] Peccato che “gli infetti” dell’ex caserma Serena di Treviso sono certo persone straniere positive al Covid, ma hanno contratto il virus in Italia, non lo hanno “importato”. Ancora una volta il collegamento della diffusione della pandemia al tema delle politiche migratorie è, oltre che inopportuno, anche fuorviante e discriminatorio.
Il 14 luglio scattano le proteste anche a Roma, dopo la notizia dell’arrivo al Policlinico militare Celio dei “famosi” 13 migranti positivi al Covid-19 che erano stati spostati in una struttura di Amantea (ne abbiamo parlato anche nel paragrafo precedente). Quegli stessi 13 che hanno provocato la protesta di alcuni abitanti che avevano bloccato la statale 18, minacciando di rifarlo se non fossero stati trasferiti immediatamente. “Siamo pronti a incatenarci davanti al Celio per far ragionare il governo e le autorità, c’è una situazione a rischio”, dichiara Augusto Caratelli, del Comitato difesa Esquilino-Monti, sottolineando che “il dato grave è che queste persone sono state portate in un’area che ha un’alta densità di attività commerciali, turistiche, che è molto vicina al Colosseo. Ci chiediamo perché queste persone positive al Covid sono state portate qui e non in posti più isolati. Non era il luogo adatto, non si gestisce così l’emergenza. Mi chiedo: come reagiranno i turisti che sanno che a due passi dal Colosseo ci sono malati di coronavirus? Se dopo questi 13 ne arrivano altri facciamo un lazzaretto?”.[9]
È il 18 luglio, quando in Basilicata si ha notizia che non è più una Regione “covid free”. La stampa (e non solo) punta immediatamente il dito contro 3 cittadini del Bangladesh facenti parte di un gruppo di 73 persone (tutte bengalesi, ndr) sbarcate l’11 luglio a Lampedusa. Il gruppo di migranti viene distribuito fra Potenza e Matera e messo in quarantena, ma agli ingressi dei centri vengono posti i mezzi dell’Esercito per “rassicurare” la cittadinanza, angosciata da un diffuso senso di insicurezza e diffidenza nei confronti dei cittadini stranieri tout court, generato da una pessima e pericolosa campagna stampa. Il sindaco di Potenza, Mario Guarente (Lega), minaccia di essere pronto «a fare delle barriere umane per evitare che entrino persone provenienti dalle zone rosse. Mandare persone da Bangladesh dall’India o dal Brasile da paesi in grande difficoltà è da folli».[10] E il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, incalza: “Non vogliamo che tutti gli sforzi dei lucani di questi mesi, che ci hanno portato a essere la prima regione ‘Covid free’ d’Italia, siano vanificati da test sierologici evidentemente inefficaci. Bloccare spostamenti a rischio, monitorare la situazione, effettuare tamponi in tutte le zone a rischio e presidiare il territorio”. [11]
Negli stessi giorni, (il 22 luglio), l’amministrazione regionale guidata da Massimiliano Fedriga firma addirittura “lo stato di preallerta” sul territorio regionale “per fronteggiare l’eccezionale afflusso di clandestini durante lo stato di emergenza da Covid-19”. Come si legge nel decreto, l’adozione dello “stato di preallarme” risulta indifferibile in considerazione del fatto che “da oltre una settimana il Friuli Venezia Giulia è interessato da un intenso flusso di migranti provenienti da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh e Sri-Lanka e altri Paesi extra-Schengen”. Il provvedimento fa riferimento alla legge regionale 64 del 1986, in base alla quale “l’Amministrazione regionale assume a propria rilevante funzione quella del coordinamento di tutte le misure organizzative e di tutte le azioni nei loro aspetti conoscitivi, normativi e gestionali, dirette a garantire l’incolumità delle persone, dei beni e dell’ambiente rispetto all’insorgere di qualsivoglia situazione o evento che comporti agli stessi grave danno o pericolo”.[12]
Il 24 luglio, infine, in un video[13] diffuso in rete, si vede l’ex candidata europarlamentare di Fratelli d’Italia, Elisabetta Gardini, mentre partecipa a un sit-in di protesta in provincia di Venezia, a Cona, dove alcuni manifestanti chiedono chiarimenti rispetto alle frasi del prefetto della città lagunare che avrebbe dato indicazioni in merito alla riconversione di alcune ex caserme per accogliere i migranti gestiti dalla Croce Rossa, alcuni di questi in quarantena o positivi al coronavirus. Lo slogan della manifestazione diventa virale e riassume tutto un “pensiero diffuso”: “No COVID da altri paesi”, come recita lo stesso cartello tenuto in mano dalla Gardini.
Poi, nel mese di agosto, dati alla mano,[14] la retorica comincia a slittare da un “covid importato” a un più temperato “covid di rientro”, e non potendo più scaricare totalmente la “colpa” sui cluster di migranti infetti/untori, ecco che il dibattito si concentra sulla caccia ai “fuggitivi”, ovvero quei migranti che, pur essendo posti in quarantena, scappano dai centri di accoglienza per sottarsi ai rimpatri, certo non con l’intenzione di diffondere il virus ovunque. Questi e tanti altri casi, non meno importanti, hanno alimentato la contrapposizione fra “covid da fuori” e “covid nostrano”, come se quest’ultimo fosse più accettabile solo perché italiano.
L’articolo fa parte del Focus n.1 – Il virus è straniero. Cliccando sul link è possibile scaricare l’intero dossier.
[1] In realtà, c’è stato qualche preludio a maggio con il cosiddetto “cluster rom” di Campobasso, si veda: https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/nomadi_rom_focolaio_molise_coronavirus_oggi-5221556.html
[2] Si veda: https://www.ilfoglio.it/politica/2020/07/25/news/c-e-un-evidente-correlazione-tra-immigrazione-e-covid-e-negarlo-fa-vincere-salvini-parla-minniti-322743/?underPaywall=true
[3] Si veda: https://www.corriere.it/cronache/20_luglio_28/pericolo-sanitariodobbiamo-fermare-flussi-tunisia-e5d4bbb2-d042-11ea-b6b4-c1fd88d9cdd9_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=1&cid=jg429Ajb&pids=FR&credits=1&origin=https%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fcronache%2F20_luglio_28%2Fpericolo-sanitariodobbiamo-fermare-flussi-tunisia-e5d4bbb2-d042-11ea-b6b4-c1fd88d9cdd9.shtml
.
[4] Si veda: https://www.lastampa.it/cronaca/2020/06/26/news/il-focolaio-di-covid-fa-scoppiare-la-rivolta-a-mondragone-arrivera-anche-l-esercito-1.39010256
[5] Si veda: https://www.ansa.it/lazio/notizie/2020/07/07/damato-gia-21-casi-su-volo-da-dacca_ac788db8-93fa-4602-a82c-ee4e6ddd1be5.html.
[6] Si veda: https://www.adnkronos.com/salute/sanita/2020/07/31/coronavirus-zaia-caserma-treviso-zona-rossa-virus-non-deve-uscire_Rm51yARRfoePPh5VDod2oK.html
[7] Si veda: https://twitter.com/matteosalvinimi/status/1288766813510270976?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1288766813510270976%7Ctwgr%5Eshare_3&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.today.it%2Fcronaca%2Fcoronavirus-migranti-treviso-propaganda-salvini.html
[8] Si veda: https://www.ilgiornale.it/news/politica/ho-chiesto-i-danni-governo-ha-abbandonato-nostra-citt-1883588.html).
[9] Si veda anche: https://www.ilgiornale.it/news/roma/migranti-infetti-due-passi-colosseo-colpo-mortale-turismo-1877965.html.
[10] Ne abbiamo parlato qui: http://sostieni.cronachediordinariorazzismo.org/basilicata-la-retorica-del-covid-da-importazione-e-le-sue-pericolose-conseguenze/
[11] Si veda: https://regione.basilicata.it/giunta/site/Giunta/detail.jsp?otype=1012&id=3067696
[12] Si veda: http://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/notiziedallagiunta/&nm=20200722173011006#:~:text=Come%20si%20legge%20nel%20decreto,Lanka%20e%20altri%20Paesi%20extra%2D
[13] Si veda qui: https://www.youtube.com/watch?v=gTCItXKFD54
[14] Si veda: https://www.fanpage.it/politica/i-contagi-di-coronavirus-non-salgono-per-colpa-dei-migranti-25-40-dei-casi-importati-da-vacanzieri/