Il Commissario europeo per i diritti umani, Thomas Hammarberg, critica nuovamente le leggi che proibiscono di indossare il burqa negli spazi pubblici. Votate e in vigore ormai in molti paesi UE, queste norme non farebbero altro che aumentare l’esclusione sociale delle donne immigrate. La riflessione di Hammarberg giunge a pochi mesi della legge anti-burqa francese, e alla vigilia dell’entrata in vigore di quella belga (che prevede anche il carcere). “Intanto, in Austria, Danimarca, Olanda e Svizzera si chiedono provvedimenti simili. E nell’Italia settentrionale una vecchia legge anti-terrorismo, è stata usata da alcune autorità locali per punire le donne col velo integrale. È più probabile che queste leggi, che si rivolgono chiaramente ai fedeli di una religione, stigmatizzino ulteriormente queste donne e portino alla loro emarginazione dalla società. Mettere al bando le donne con il burqa o il niqab da ospedali e uffici pubblici finirà solo per far loro evitare questi posti. Di fatto – prosegue Hammarberg – il bando può rivelarsi contrario agli standard europei sui diritti umani, in particolare al rispetto della vita provata e dell’identità personale. In linea di principio, lo Stato dovrebbe evitare di legiferare su come ci si deve vestire”. Il Commissario per i diritti umani conclude che “problemi più profondi relativi a tensioni e gap interculturali sono stati sviati dalle discussioni su burqa e niqab. Piuttosto che incoraggiare queste infelici dissertazioni, leader politici e governi dovrebbero essere più risoluti contro l’odio e le discriminazioni che colpiscono le minoranze. Il dibattito sul divieto del burqa è un sintomo dei pregiudizi islamofobici e anti-musulmani che continuano a corrodere lo spirito di tolleranza in Europa”. Insorge l’on. Souad Sbai, Pdl, relatrice del testo di legge che vieterebbe burqa e niqab in Italia, in discussione in questi giorni, e minaccia: “Cosa ne sa Hammarberg di come vivono quelle donne? Sa che una donna con il niqab non lavorerà mai? Quante donne segregate ha conosciuto in vita sua per poter esprimere un giudizio del genere? Non c’è sorpresa in noi, ma solo sdegno, perché le stesse identiche cose ci venivano dette quando combattevamo contro l’infibulazione: eccoli i relativisti sulla pelle degli altri, sempre pronti alle attenuanti culturali, sociali e chissà cos’altro ancora. Ma noi non ci stiamo, perché le donne arabe sanno bene che il burqa e il niqab non appartengono alla cultura islamica ma a quella aberrante dell’estremismo, che avanza grazie ad un certo relativismo che oggi è un cancro per le donne. Lunedi il provvedimento andrà in Commissione per gli emendamenti e non vediamo l’ora che vada in Aula – conclude – così da zittire chi ancora si permette di parlare senza sapere ciò che dice, offendendo la dignità di chi da viva testimonia la sofferenza e la memoria di chi è morta per la libertà”.