Segnaliamo qui di seguito l’articolo di Valerio Cataldi, presidente Associazione Carta di Roma, pubblicato pubblicato l’11 agosto sul sito articolo21.org. “È stato un momento di goliardia”: così si sono giustificati i ragazzi che hanno sparato, a Vicofaro, con una pistola a salve contro Buba Ceesay, 24enne originario del Gambia. Parole che meritano una profonda riflessione. “Come si fa ad utilizzare quella parola per definire un gesto di incredibile violenza come alzare una pistola, prendere la mira e sparare? Sminuire, minimizzare, togliere importanza al gesto. A questo serve quella parola, se è una goliardata diventa facile dire; “avete visto? neanche in questo caso si è trattato di razzismo”, è goliardia “vita spensierata”, invece. E voi, cosa state qui a cercare di mettere in fila violenze che non sono violenze, ogni volta che accadono”, scrive Cataldi.
La goliardia, recita il vocabolario Treccani, è “il complesso delle abitudini e dei comportamenti, cui tradizionalmente si è attribuita una consuetudine di vita spensierata e gaudente ma anche spirito di spontanea generosità”. Cosa c’entra questo con dei ragazzini che sparano, seppur a salve, contro un uomo?
Come si fa ad utilizzare quella parola per definire un gesto di incredibile violenza come alzare una pistola, prendere la mira e sparare?
Sminuire, minimizzare, togliere importanza al gesto. A questo serve quella parola, se è una goliardata diventa facile dire; “avete visto? neanche in questo caso si è trattato di razzismo”, è goliardia “vita spensierata”, invece. E voi, cosa state qui a cercare di mettere in fila violenze che non sono violenze, ogni volta che accadono.
Dicono che è “solo per attaccare il governo”, che “il razzismo non c’è più di quanto non ci fosse già”. Quindi il problema non esiste. Se un ragazzino prende un’arma e spara contro un uomo chiamandolo “negro” è solo una goliardata, una bravata, una ragazzata. Siamo noi che siamo in malafede. Con le parole si cambia il senso e le immagini che possono dimostrare i fatti, non si vedono.
Le immagini del pestaggio razzista di Partinico, non le abbiamo mai viste. I Carabinieri hanno diffuso un video di 30 secondi in cui si vedono persone in bicicletta, ma non si vede neanche uno schiaffo. Eppure l’informativa degli stessi Carabinieri aveva documentato con estrema precisione quei 145 secondi di pestaggio violentissimo raccontato da due telecamere di sorveglianza. Ma, alla stampa, ai telegiornali è stato diffuso un video senza violenza. E senza razzismo. Sembra una operazione precisa, un ossequio alla versione istituzionale di ciò che accade. Una versione che cancella i fatti e rilancia le fake news, le bugie.
Il caso di Vicenza fa scuola. La notizia che compare sul Giornale di Vicenza di una protesta di richiedenti asilo che “vogliono avere Sky”, è una notizia falsa, smentita dalla prefettura e dalla questura, ma comunque resta li sui social network a nutrirsi di odio e di livore e a riprodursi sui profili istituzionali. Come quello del ministro dell’interno, che rilancia la notizia del giornale di Vicenza, poi ripresa da il Giornale, quando era già stata smentita. Si perde il senso, si discute di nulla, si perde di vista la verità sostanziale dei fatti. Si parla di goliardia e si cerca di annacquare la violenza. Si sminuisce, si ridicolizza, si mette sotto processo la vittima.
Sia ben chiaro che nessuno più dell’Associazione Carta di Roma ha a cuore l’articolo 21 della Costituzione. Nessuno vuole limitare la libertà di espressione, ma certo è che deve essere netto il confine tra la verità dei fatti e le bugie funzionali ad alimentare un clima di tensione e di paura. Per questo stiamo lavorando ad un esposto all’Ordine dei Giornalisti per la fake news del Giornale di Vicenza. Perché è necessario ed urgente porre un argine all’odio. Il razzismo c’era anche prima, certo. Quello che non c’era prima è un ministro dell’interno che irride le leggi, sbeffeggia la costituzione, usa parole violente per ripetere ossessivamente le stesse cose: che siamo invasi, che nel mediterraneo si fanno crociere, che gli italiani hanno meno diritti degli invasori, che gli invasori portano crimini e malattie e che lui è li per mettere fine alla “pacchia”.
Una discussione surreale che si misura con il numero virtuale di like ma che non tiene conto dei numeri reali che indicano che l’invasione non c’è, che i reati sono in diminuzione da anni, che le malattie viaggiano in aereo e non sui barconi.
Non c’è alcun problema di libertà di espressione, c’è invece un problema di regole, di leggi, di buonsenso e di ruolo istituzionale.