Attraverso il Portale Immigrazione del Viminale ogni giorno vengono generate centinaia di pratiche per il rinnovo e il rilascio dei permessi di soggiorno degli immigrati che vivono in Italia. Il Portale esiste dal 2006, ed è stata una bella novità perché ha reso tutto più uniforme e veloce. Peccato che contenga alcuni errori – segnalati e denunciati dai Comuni e dai Patronati – che non vengono corretti, complicando la vita agli operatori, alle questure e agli immigrati. E pensare che basterebbe solo qualche ritocco.
Per entrare nel Portale bisogna essere un ente accreditato, abbiamo dato una sbirciata grazie a Sergio Bontempelli, operatore dell’associazione Africa Insieme, che ha una convenzione con un Patronato di Pisa. Inventiamo la pratica del signor Mohammed Ali, nato in Marocco il 1/1/1962 lavoratore domestico, arrivato in Italia nel 2006 grazie al ricongiungimento col proprio figlio. Mohammed chiede il rilascio di un permesso per lungo soggiornanti. Primo intoppo: il sito chiama ancora questo tipo di permesso “carta di soggiorno”, come all’epoca della legge Turco Napolitano (nel lontano 1998). Nel frattempo sono passate ere geologiche, i nomi sono cambiati e la carta di soggiorno oggi è il documento che si consegna ai parenti dei cittadini comunitari. Per chi invece vive in Italia da almeno cinque anni con un contratto di lavoro regolare e ha un alloggio adeguato esiste il “permesso CE per lungo soggiornanti”. Ma al Ministero dell’Interno hanno dimenticato di aggiornare il Portale, dove oltre alla denominazione sbagliata compare una schermata (la cui compilazione non è obbligatoria) che recita “il richiedente dichiara di soggiornare da sei anni in provincia di…”. Infatti, nel 2002 la legge Bossi-Fini aveva allungato il requisito del soggiorno regolare e ininterrotto in Italia fino a sei anni. Poi la normativa europea lo ha accorciato a cinque. Niente, il Portale rimane “fedele alla linea”. Ma fin qui siamo in presenza di trascuratezza.
Il problema per l’operatore arriva nella sezione in cui viene chiesto il tipo di permesso di soggiorno dell’immigrato. Si apre una tendina con alcune opzioni: peccato che ne manchino diverse, ad esempio non c’è quello per motivi umanitari. E allora? Si inventa. Sperando che le questure, ormai abituate a questi problemi, lascino passare. Altra magagna arriva quando viene chiesta una scadenza per la carta di soggiorno: ma dal 2008 è un permesso senza scadenza! “Siccome è un passaggio obbligatorio – spiega Bontempelli – qualcuno inserisce una scadenza a cinque anni, come funzionava prima del 2008. Io metto sempre la data massima: scadenza 1 gennaio 2050”. Della serie, prendiamola a ridere. Ma non è finita: quando si arriva a dover specificare se l’immigrato è presente in Italia in seguito a un ricongiungimento famigliare, per motivi arcani appaiono solo due opzioni: coniuge o genitore. Ma uno straniero può ricongiungersi anche a suo figlio – come è capitato al nostro Mohammed Alì – e allora? “E’ stato chiesto moltissime volte di aggiungere questa opzione, senza risultati – dice Bontempelli- quindi si barra la casella ‘genitore’”. Anche qui, ci si affida alla “consuetudine” con le questure. L’ingegnosità degli operatori viene messa alla prova in altri passaggi – come la richiesta di un “numero di protocollo”del contratto di lavoro di cui spesso il lavoratore non è in possesso. Senza contare che, una volta salvata la pratica, nonostante si viaggi nel magico mondo di internet e non si sia più schiavi del cartaceo, non si possono correggere gli errori. Il numero di passaporto è sbagliato? Rifare tutto da capo. Per rendere la vita più semplice agli operatori e agli immigrati, basterebbero una spesa e un impegno minimi. “Non hanno neanche corretto quel ‘numero di celulare’ invece di ‘cellulare’. Non per niente, ma è proprio brutto da vedere”, osserva Bontempelli. Come direbbe l’architetto Meis van der Rohe, Dio è nei dettagli.