“Dobbiamo parlare di razzismo, apertamente e onestamente. E dobbiamo agire”. La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva lanciato un messaggio molto esplicito di condanna del razzismo in un discorso pronunciato dinanzi al Parlamento europeo il 17 giugno 2020. Il 18 settembre scorso la Commissione Europea ha presentato il Piano d’azione dell’Unione Europea contro il razzismo 2020-2025 che se da un lato segna indubbiamente importanti novità e una linea di discontinuità rispetto al passato, dall’altro ripropone alcuni vizi antichi dell’approccio comunitario.
Il riconoscimento del carattere strutturale del razzismo
Il concetto di razzismo strutturale compare in modo così chiaro ed esplicito in un documento ufficiale della Commissione probabilmente per la prima volta. Discriminazioni, idee e comportamenti razzisti non sono identificati solo come atti imputabili a singoli individui, ma anche come espressioni di un sistema pubblico, istituzionale, sociale e culturale che contribuisce in varie forme, esplicite e implicite, a consolidare e reiterare pregiudizi, stereotipi, disuguaglianze e discriminazioni.
Si tratta di un passaggio molto importante sul piano politico e simbolico che attraversa tutto il documento che per l’appunto articola il piano di azione distinguendo tra la lotta contro il razzismo “individuale” e quella contro il “razzismo strutturale”.
E qui emerge però, a nostro parere, anche un limite. Atti e comportamenti individuali e collettivi sembrano essere messi sullo stesso piano laddove il riconoscimento del carattere sistemico del razzismo dovrebbe comportare l’individuazione di un nesso di causalità tra il razzismo strutturale, soprattutto quello istituzionale, e il razzismo definito individuale. Nel piano questo nesso non è esplicitato.
Luci e ombre della strategia legislativa
La valutazione del quadro giuridico comunitario in materia di discriminazione e di razzismo è uno degli obiettivi individuati nel Piano che prevede diverse misure per monitorare l’applicazione da parte degli Stati membri della Direttiva 43/2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente “dalla razza e dall’origine etnica” vietando la discriminazione nei settori dell’occupazione, delle condizioni di lavoro, dell’istruzione e della protezione sociale, e della Decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia del Consiglio del 28 novembre 2008, volta a sanzionare manifestazioni di razzismo e xenofobia sul piano penale.
Per favorire l’applicazione della Direttiva 43/2000, la Commissione identifica tre obiettivi principali: individuare eventuali lacune normative nell’applicazione della direttiva, predisporre una relazione al Consiglio nel novembre 2020 che orienti anche le procedure di infrazione prioritarie e avanzare, se necessario, nuove proposte legislative nel 2022.
Un impegno della Commissione “a tutto campo”, con l’avvio di procedure di infrazione se necessario, è previsto per “garantire il recepimento e l’attuazione completi e corretti” della Decisione quadro 2008/913/GAI: la risposta penale sino ad oggi garantita dagli Stati membri desta infatti “gravi preoccupazioni”. Si prevedono, in quest’ottica, il monitoraggio dei reati di incitamento all’odio online e, più in generale, una maggiore vigilanza sui servizi digitali e sui servizi di media audiovisivi.
Un’attenzione specifica è dedicata al ruolo svolto dagli organismi nazionali per la parità previsti dalla direttiva 43/2000 (in Italia il recepimento della direttiva ha condotto alla istituzione dell’Unar): si evidenzia la discrezionalità lasciata agli Stati membri nel definirne i poteri e il funzionamento e si annuncia la possibilità di legiferare in merito per rafforzarne il ruolo. Ciò sembra quanto mai opportuno laddove alcuni Paesi, tra cui l’Italia, hanno scelto di rendere direttamente dipendenti tali organismi dal potere esecutivo rischiando di condizionarne l’autonomia e l’indipendenza.
Tra gli obiettivi individuati vi è anche quello di “giungere rapidamente ad un accordo sulla proposta della Commissione del 2008 di attuare la parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale” (pag.5).
Nessun riferimento, invece, all’opportunità di includere tra i possibili moventi della discriminazione la nazionalità e l’origine nazionale. E, questa, invece, potrebbe essere definita la madre di tutte le discriminazioni. L’inclusione di questo movente tra i possibili fattori di discriminazione è oggetto di una lunga battaglia da parte del movimento antirazzista. In vista dell’adozione del nuovo Piano di azione europeo, aveva ribadito questa richiesta l’Enar (European Network Against Racism) in un ottimo documento.
L’esclusione di questo movente dalla legislazione anti-discriminatoria comunitaria sembra funzionale al mantenimento di quella netta separazione, che distingue da sempre l’operato della Commissione e dell’Unione Europea, tra le politiche volte a prevenire e contrastare il razzismo e le politiche migratorie e sull’asilo e che ostacola, di fatto, la garanzia dei diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati che subiscono discriminazione, soprattutto quando questa ha carattere istituzionale.
Il ruolo delle Forze dell’ordine
Positivamente, specifiche misure sono rivolte a contrastare le discriminazioni commesse dalle forze di polizia, con particolare riferimento all’ethnic profiling, e al fenomeno dell’under-reporting. La formazione degli operatori e l’elaborazione di nuove Linee guida volte a favorire la denuncia dei reati razzisti sono quelle principali. Ma la condanna esplicita delle prassi di profilazione etnica illegali non esclude la legittimazione di quelle “legali”. Riprendendo infatti un documento prodotto dalla FRA (Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali) viene specificato che: “Gli agenti di polizia possono tener conto di queste caratteristiche (etniche, “razziali”, ecc. N.d.R) nel momento in cui attuano un fermo, ma non ne possono utilizzare nessuna come unico o principale criterio per fermare una data persona” (pag.8, nota 32). In sostanza: le caratteristiche personali percepite possono essere tenute in considerazione nelle operazioni di polizia purché non siano le uniche.
Per garantire la sicurezza delle minoranze vittime di reati razzisti, invece, sarà realizzata una mappatura delle risposte nazionali all’estremismo violento da presentare ai gruppi di lavoro pertinenti del Consiglio nel novembre 2020 e saranno elaborate nuove Raccomandazioni nel 2021.
Anche le nuove tecnologie, se mal utilizzate, possono comportare potenziali derive razziste. Distorsioni che, secondo quanto indicato dal Piano, la Commissione si impegnerà a prevenire tramite la proposta di quadro legislativo orizzontale sull’Intelligenza Artificiale. Che questo sia un tema molto rilevante, con particolare riferimento alle politiche migratorie e alle attività di controllo delle frontiere, nel documento è ben esemplificato: “Per fare un esempio, gli studi hanno dimostrato che gli algoritmi di riconoscimento facciale basati sull’IA possono comportare percentuali elevate di errori di classificazione quando sono applicati ad alcuni gruppi demografici, come le donne e le persone appartenenti a minoranze razziali o etniche. Ne possono derivare risultati distorti e, in ultima analisi, forme di discriminazione. La Commissione e l’agenzia EU-LISA stanno studiando tecnologie di riconoscimento facciale da utilizzare nei grandi sistemi informatici dell’UE per la gestione delle frontiere e la sicurezza”, (pag.10).
Le priorità sociali: istruzione, occupazione, assistenza sanitaria e alloggio.
Misure politiche e programmi di finanziamento saranno volti a garantire uguali diritti alle categorie vulnerabili. Un’attenzione specifica è rivolta alla lotta contro le discriminazioni nell’accesso al lavoro e sul lavoro con l’annuncio di una raccomandazione specifica dedicata all’istruzione e alla formazione professionale, il rafforzamento della garanzia per i giovani, lo scambio di esperienze tra i servizi pubblici per l’impiego europei e il rafforzamento del ruolo delle imprese sociali nella lotta contro le discriminazioni. Nell’ambito dell’istruzione si prevede di introdurre i temi dell’eguaglianza e dell’inclusione nel piano di azione europeo per l’istruzione digitale e di rafforzare il ruolo di sensibilizzazione dei giovani già svolto dal programma Erasmus+ e dal Corpo Europeo di Solidarietà. I fondi di coesione sociale saranno invece mobilitati per contrastare la segregazione abitativa e sociale delle minoranze.
Storia, informazione corretta, raccolta dati: le misure per contrastare il razzismo strutturale
Riconoscere le radici storiche del razzismo è essenziale per contrastare pregiudizi e stereotipi, la conoscenza e la memoria sono i mezzi per farlo. Le proposte contenute nel Piano non sono però particolarmente innovative. La Commissione raccomanda la celebrazione delle principali giornate commemorative legate al razzismo e l’introduzione nella programmazione scolastica della storia delle minoranze.
Altro ambito su cui la Commissione si propone di intervenire è quello della formazione dei giornalisti e dell’alfabetizzazione mediatica con l’obiettivo di limitare da un lato la narrazione stereotipata e dall’altro la sotto-rappresentazione delle minoranze. Anche in questo caso, si prevede l’organizzazione di seminari sugli stereotipi di matrice “etnica” e razzista rivolti a giornalisti, organizzazioni della società civile e a rappresentanti delle minoranze, per incoraggiare narrazioni più equilibrate e positive.
Il Piano cercherà inoltre di coinvolgere l’industria culturale e il mondo dello sport, potenti casse di risonanza, affinché si facciano promotori di messaggi di inclusione e veicolo simbolico di rappresentazioni positive delle minoranze.
Una migliore raccolta dati servirà invece a valutare con maggiore chiarezza la portata delle discriminazioni subite. Il Piano propone “un nuovo approccio alla raccolta dei dati” che preveda la disaggregazione dei dati raccolti per origine etnica e “razziale” al fine di “individuare sia le esperienze soggettive di discriminazione e vittimizzazione, sia gli aspetti strutturali del razzismo e della discriminazione” (pag.18). Dati al momento scarsi e raccolti solo in alcuni paesi. L’obiettivo è creare una metodologia e un coordinamento comune a livello comunitario.
Oltre al proseguimento delle indagini periodiche di Eurobarometro sulla discriminazione, è annunciata entro due anni la conduzione di nuove indagini da parte della FRA sulla situazione degli immigrati e dei loro discendenti oltre che sulla discriminazione e sui reati discriminatori nei confronti degli ebrei, mentre Eurostat introdurrà un nuovo modulo dedicato alla situazione dei migranti nell’indagine dedicata alla forza lavoro.
Gli strumenti e le risorse
Forte risalto viene dato ai Piani d’azione nazionali contro il razzismo e la discriminazione. Gli Stati membri sono incoraggiati a adottarli entro il 2022 e a riferire sull’effettiva attuazione, seguendo le linee guida che la Commissione presenterà entro il 2021.
Allo stesso modo sono sostenuti quei programmi (URBACT, EUROCITIES, IUC) che operano a livello locale. L’esperienza di chi lavora a stretto contatto con il territorio è considerata un’arma vincente nella lotta al razzismo e nella costruzione di reti.
E’ prevista anche la collaborazione con il settore privato. La Carta delle diversità, e il kit di strumenti online che ne seguirà, forniranno alle imprese indicazioni su come creare e mantenere un ambiente di lavoro inclusivo e aperto alle minoranze.
Indicazioni sulla lotta contro la discriminazione e a favore dell’inclusione dovranno attraversare tutte le politiche, le legislazioni e i programmi di finanziamento dell’Unione Europea.
Il nuovo programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori supporterà azioni specifiche per combattere la discriminazione, il razzismo e la xenofobia, altri programmi come Horizon e Next Generation EU supporteranno gli interventi di inclusione.
Partecipazione e dialogo antidoto al razzismo istituzionale
La Commissione sottolinea come, ad oggi, i gruppi a forte rischio di esclusione e di discriminazione fatichino a partecipare e a farsi rappresentare politicamente. Una raccolta dati efficace darà conto dell’entità del problema mentre la cooperazione con i partiti politici europei e la società civile, dovrebbe servire nelle intenzioni della Commissione, a migliorare la partecipazione alla vita politica delle minoranze. Collegate al tema della partecipazione, specifiche misure (creazione di un ufficio dedicato, formazione interna del personale, accesso ai tirocini) sono volte a definire politiche del personale che consentano la collaborazione della Commissione con rappresentanti delle minoranze.
L’ascolto e il dialogo costante tra i diversi livelli istituzionali (locale, regionale, nazionale e internazionale) e tra i diversi attori (istituzionali, politici, sociali, culturali) sono considerati, almeno sulla carta, una priorità. La scelta di nominare un Coordinatore antirazzismo come portavoce delle problematiche delle minoranze e interlocutore degli Stati membri, della Commissione e della società civile sembra interpretare questa esigenza sul piano politico.
Non resta che seguire l’evoluzione dei prossimi mesi per capire se gli obiettivi identificati dalla Commissione sono destinati a restare sulla carta o, al contrario, troveranno un riscontro sia a livello comunitario che nazionale. Molte proposte contenute nel documento non comportano infatti vincoli stringenti per gli Stati membri, ma sono piuttosto semplici esortazioni o raccomandazioni a fare di più. La lettura del piano evidenzia inoltre una certa reticenza a porre l’attenzione sulle diverse forme di discriminazione istituzionale e politica. L’organizzazione di un vertice europeo contro il razzismo programmato per il prossimo marzo 2021 non è accompagnata dall’annuncio di specifici interventi legislativi che affrontino in modo specifico il tema di un coinvolgimento attivo dei partiti politici nel contrasto della propaganda politica discriminatoria.
La speranza è che anche l’Italia si doti di un nuovo Piano nazionale di azione contro il razzismo che individui (come suggerisce del resto la Commissione) le priorità, gli obiettivi, le misure da adottare, tempi precisi e le risorse necessarie per far funzionare un sistema di prevenzione e di tutela efficace, capillare e soprattutto di prossimità a chi il razzismo lo subisce ogni giorno sulla propria pelle.
Per scaricare il Piano d’azione dell’Unione Europea contro il razzismo clicca qui: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/a_union_of_equality_eu_action_plan_against_racism_2020_-2025_it.pdf