In questi giorni, alcuni quotidiani e canali social hanno rilanciato la campagna firmata da una prestigiosa agenzia di comunicazione, la Armando Testa, che pubblicizza le compagnie di navigazione della Onorato Armatori, Moby Lines e Tirrenia. La Moby è una compagnia che collega Sardegna, Corsica e Isola d’Elba con traghetti da Genova, Livorno, Civitavecchia e Piombino, mentre la Tirrenia garantisce la continuità territoriale di diversi porti del Mediterraneo con Sardegna, Sicilia e Isole Tremiti.
Già da tempo, la stessa azienda aveva cominciato a condurre una promozione della propria qualità “italiana”: «Avere a bordo tutto personale italiano per noi – si legge in un post di Facebook di gennaio – non è solo un modo per garantire un lavoro alla nostra gente e alle nostre famiglie. Significa anche solcare il mare sulle nostre navi che collegano ogni giorno la Sardegna, la Corsica e l’Elba con quello stile e quella qualità che tutto il mondo ci invidia». Il lancio pubblicitario è stato accompagnato da reazioni d’indignazione. Lo slogan principale utilizzato nella campagna pubblicitaria punta tutto sull’“italianità” dell’azienda e dei suoi dipendenti e d’altronde non lascia margini di interpretazione: «Il nostro personale? È tutto italiano». Con un invito a fondo pagina che ribadisce il concetto: «Scegli solo chi naviga italiano».
E ancora. “Navigare italiano non è uno slogan, è un impegno. Significa avere 5.000 lavoratori italiani altamente qualificati, per offrirvi un servizio sempre impeccabile. Vuol dire riconoscere il valore e la professionalità dei nostri connazionali e portare lavoro e fiducia nei nostri porti. Significa darvi solo il meglio“, si legge nella pubblicità apparsa a tutta pagina sulla Gazzetta dello Sport.
A quanto pare, la campagna pubblicitaria di Moby e Tirrenia avrebbe avuto un altro obiettivo, purtroppo clamorosamente mancato: quello di attaccare il principale concorrente, la compagnia Grimaldi, che da qualche anno è il principale concorrente sulle rotte per la Sardegna. L’oggetto del contendere sarebbero le assunzioni di cittadini stranieri con contratti da schiavi. Di fatto, il registro internazionale di iscrizione, creato per far ritornare sotto bandiera italiana quelle navi che erano fuggite all’estero, permette di accedere a sgravi fiscali per gli imbarcati italiani e comunitari e consente di imbarcare, accanto a questi, anche cittadini stranieri non comunitari a cui si applicherebbe il contratto del Paese di origine.
Ma l’altro dato di fatto, inconfutabile, è che questa campagna è apertamente discriminatoria.
Ora, tentare maldestramente di focalizzare il messaggio di un manifesto pubblicitario e di una campagna di marketing sull’”italianità” certificata dell’azienda e dei suoi dipendenti, non valorizza affatto il “made in Italy”, mentre prende le sembianze concrete di una campagna dichiaratamente intollerante.
Una scelta comunicativa che si è rivelata un clamoroso autogol per l’azienda e che ha fatto scrivere a tanti utenti della rete: meglio a nuoto!