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“Diventa facile dare la colpa di tutto quello che succede allo straniero: lui è quello che ruba, che violenta, che ammazza. E’ un meccanismo economico e culturale, sulla base del quale noi possiamo sfruttare lo straniero, anche schiavizzarlo, perché avendo dei problemi a rimanere in Italia, tende a farsi schiavizzare di più”. Lo afferma Ascanio Celestini nel video I diritti non sono un costo, realizzato da Gianandrea Caruso e Elia Suwanno, studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Il video è stato realizzato dalle associazioni Gli asini e Lunaria nell’ambito dell’omonimo progetto I diritti non sono un costo con il sostegno di Open Society Foundations, un percorso che ha intrecciato attività di ricerca, di informazione, di sensibilizzazione e di animazione culturale con l’obiettivo di decostruire i luoghi comuni più diffusi nel dibattito pubblico con riferimento alla presenza dei cittadini stranieri nel nostro paese.
L’impegno e la mobilitazione del mondo della cultura da questo punto di vista sono fondamentali e il video, attraverso le voci di Anna Bravo, Ascanio Celestini, Gad Lerner, Alina Marazzi e Marino Sinibaldi ha l’obiettivo di stimolarli.
Secondo Marino Sinibaldi, direttore di Radio3, i media hanno avuto, e continuano ad avere, una grande responsabilità nella costruzione dell’immaginario comune intorno all’immigrazione e alle persone di cittadinanza straniera presenti in Italia. “Non possiamo dire che c’è stata poca informazione o comunicazione, ce n’è stata pure tanta, ma emergenziale”. Il direttore di Radio3 paragona l’approccio sensazionalista dei mass media a “l’effetto che fa la luce sparata: non si vede la profondità, non si vedono i contorni, e poi si sposta subito da un’altra parte. Cosa succede dopo, cosa è successo prima viene trascurato. Io spettatore quando vedo questa luce violenta su un tema non posso attivare tutti i meccanismi di comprensione di cui quella cosa avrebbe bisogno”.
“La rappresentazione dei media continua a replicare il modello dell’altro, dello sconosciuto. Invece dovremmo stare ad ascoltare, prima di dire posso raccontare la tua storia”, insiste la regista Alina Marazzi.
Celestini identifica nelle parole che mancano una forte violenza al contrario: “Se davvero questi stranieri stanno dappertutto e sono diventati tanti, perche conosciamo solo kebab, ma non conosciamo una parola in cinese ad esempio? [..] Noi da loro non stiamo imparando assolutamente niente, nemmeno come si dice grazie, buongiorno”.
Per quanto riguarda i diritti sociali di cittadinanza, il messaggio propagandistico e demagogico che rivendica nell’accesso ai servizi il “prima ci sono gli italiani”, Celestini è chiaro: “Se incominciamo a dividere e dire prima agli italiani poi agli stranieri, domani inizieremo a dire prima a certi italiani e poi ad altri. Invece no, il welfare è per tutti”.
Ma non occorre andare tanto lontano e immaginare le vicende di uno sconosciuto per capire quanto possa essere difficile per un cittadino straniero vivere la propria quotidianità: Gad Lerner racconta che “la cittadinanza me l’han data a 30 anni perché mi sono sposato, ma io abitavo qui dall’età di 3 anni”. Un cambiamento che Lerner ha vissuto come “una conquista: potevo finalmente viaggiare. Io avevo bisogno dei diritti di cittadinanza”.
“Forse noi italiani dovremmo incrociarci un po’ di più con i nostri nuovi concittadini – riflette Alina Marazzi – Il mondo della cultura dovrebbe da un lato trasmettere quella che è anche la specificità della cultura italiana, ma dall’altro mettersi in ascolto dell’altro”.
E’ proprio questa la sollecitazione che vuole dare il video, e il progetto nel suo insieme: approfondire la conoscenza del reale impatto sociale, economico e culturale dei cittadini stranieri nel nostro paese e mobilitare il mondo della cultura nella decostruzione di quei pregiudizi e di quegli stereotipi che contribuiscono a offrirne una rappresentazione distorta e lontana dalla realtà. “Partire di nuovo da noi stessi e dalle nostre possibilità di agire, criticare, sollecitare altri cittadini, intellettuali, esponenti della società civile a richiedere leggi più giuste”, è un modo per contrastare la diffusione del razzismo nel nostro paese, come ricorda l’appello lanciato dalle due associazioni e sottoscritto da diversi intellettuali.
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