Lavorava come manovale sul cantiere per la terza corsia dell’A14. Ma, dopo aver perso il lavoro, a marzo la Questura non gli ha rinnovato il permesso di soggiorno. Per questo, un 45enne di origine marocchine si è cosparso di benzina e si è dato fuoco in piazza Cavour, nel centro di Rimini.
Prima del gesto, l’uomo ha chiamato il 117, il numero delle segnalazioni della Guardia di Finanza, chiedendo di parlare con il Prefetto. L’operatore delle Fiamme Gialle ha tentato di calmarlo, avvisandolo che sarebbe arrivata a breve una pattuglia della polizia: a questo punto, l’uomo ha urlato un disperato “no” e, dirigendosi verso il centro della piazza, si è dato fuoco.
Fortunatamente, le persone presenti sono accorse, traendolo in salvo. Ricoverato all’ospedale Bufalini di Cesena, ha riportato ustioni di secondo e terzo grado sul braccio destro, il collo e le mani.
In Italia da almeno dieci anni, l’uomo temeva che, a causa di alcuni precedenti penali, della perdita del lavoro e del mancato rinnovo del documento, sarebbe stato rimpatriato.
Non è la prima volta che un tragico episodio ci sbatte davanti agli occhi la fragilità delle persone di origine straniera, per cui la possibilità di costruirsi una vita è legata al possesso o meno di un titolo di soggiorno, condizione che dipende a sua volta dalle possibilità di ottenere un impiego regolare sempre più rare nell’attuale contesto economico.
Per una persona che, disperata, si da fuoco in piazza, quante ce ne sono di cui ignoriamo, o meglio dimentichiamo, la sofferenza quotidiana, le insicurezze continue, la totale mancanza di tutele?
Quante persone dovranno mostrare in modo così tragico questa fragilità, comune a troppi individui, prima che si pensi con responsabilità a un cambiamento, prima di tutto legislativo?