Oggi c’imbattiamo in un nuovo polverone mediatico sollevato dalla vicenda che vede come protagonista un cittadino egiziano, impiegato in un prestigioso albergo veneziano. Tutto parte dallo “scoop” de Il Gazzettino del 23 luglio: “Io non prendo ordini da una donna: facchino islamico si dimette dal Danieli”. L’articolo narra di questo “facchino islamico”(che va differenziato da un “facchino cattolico”, ndr.), il quale avrebbe rassegnato le sue dimissioni “dettato dalla sua rigida visione religiosa”, poiché non accettava di avere come capo una donna, ovvero una governante. E qui sorge già un primo interrogativo: come mai il caso salta fuori ora, visto che l’uomo lavorava li da tempo? L’articolo prosegue raccontando che “la crisi economica lo ha fatto però tornare ben presto sui suoi passi, e la direzione ha cercato una mediazione”, garantendogli che, durante i suoi turni di lavoro, sarà presente, oltre alla governante, anche un “collega maschio” che farà da “collegamento”, comunicando all’egiziano le mansioni da svolgere. E l’autore conclude: “Non è la prima volta che le strutture alberghiere veneziane si trovano a dover gestire problemi legati alla variegata composizione multietnica delle maestranze e alla presenza di una clientela da sempre cosmopolita. Per questo sono stati realizzati (oltre a degli stage formativi per il personale) veri e propri vademecum con indicazioni puntuali su usi, costumi, linguaggi delle diverse etnie, per evitare frizioni dovute a errate interpretazioni di gesti e parole. Ovviamente attenzioni particolari vengono messe nella composizione dei menù, per evitare l’insorgere di problemi con i tabù alimentari degli ospiti”. Nello stesso giorno, il quotidiano La Repubblica non è da meno nel suo titolo “sensazionalista”: “Musulmano aiutato contro il capo donna. L’Hotel Danieli: Non ne sappiamo nulla. Un dipendente islamico del prestigioso hotel di Venezia racconta di aver rassegnato le dimissioni non accettando che il suo superiore fosse una governante”. E qui già subentra un nuovo dettaglio al “caso”: pare che il direttore dell’hotel sostenga invece che l’azienda non fosse a conoscenza del caso. E sottolinea che il facchino egiziano “continua a lavorare qui”, precisando che “prende ancora ordini da una donna dal momento che le governanti sono tutte donne”. Una bufala estiva, quindi, nel pieno del mese di Ramadan?
Altrettanto inquietante il commento su rinascita.eu (quotidiano di sinistra nazionale!), del 23 luglio, dove si definisce il cittadino egiziano: “chi, volendo seguire i rigidi dettami dell’integralismo musulmano (…) un neomedievalista come lui (…) nonostante le sue rigide e oscurantiste convinzioni religiose (…) egiziano fustigatore dei malcostumi occidentali”. E conclude “magistralmente” l’articolo: “Vuoi vedere che lo scontro futuro non sarà quello tra civiltà diverse, come ipotizzato qualche decennio fa dal politologo Samuel Huntington, ma quello tra società multiculturali e non? Peccato che l’Italia appartenga al primo gruppo di Nazioni. E non sembra certo intenzionata ad uscirne, anzi. Attendiamo ancora, con terrore, delle significative modifiche alla legge sulla cittadinanza, con l’abbandono dello ius sanguinis, come implorato ad alta voce da più parti”.
Sarà … ma Il Gazzettino, all’indomani, 24 luglio, ripropone il titolone, incalzando sulla vicenda: “Non accetta ordini da donne, bufera sul facchino maschilista: «Grave precedente»”. Lo stesso autore passa ora in rassegna le reazioni dell’opinione pubblica e dei politici, andando a scomodare persino il parere dell’Imam di Venezia, costretto a spiegare che “lo stesso Maometto ha lavorato per anni per conto di una donna, quella che poi sarebbe divenuta sua moglie, Khadija”, e sottolineando la presa di posizione dell’assessore veneto al Lavoro Elena Donazzan («Avrei preferito che si licenziasse, lasciasse il posto ad un italiano magari padre di famiglia, più rispettoso della nostra civiltà e cultura e magari fosse tornato a casa sua a prendere ordini da un uomo»), o quella del capogruppo del Pd Laura Puppato («Il facchino musulmano non ha titolo per discutere la nostra Costituzione. Una notizia che ci riporta a tempi bui, quando l’inferiorità della donna era un teorema indiscusso»). E per terminare, Souad Sbai del Pdl annuncia un’interrogazione parlamentare ai ministri Fornero e Riccardi, dichiarando guerra al facchino e alle femministe: “Un episodio di multiculturalismo criminogeno e inaccettabile. Se accertata, questa decisione sarebbe gravissima. Questa è l’Italia che vogliamo? Invece di rispedire questo signore a casa addirittura si asseconda il suo estremismo umiliando per due volte una donna? Dove sono le veterofemministe in questa vicenda?”. Stamattina, 25 luglio, Il Gazzettino fa un passo indietro: “Facchino maschilista, parla un testimone: «È stato lui a tornare, ha capito l’errore. Ora è integrato, segue le disposizioni dell’hotel»”. Parla un “super testimone”, dipendente anonimo dell’albergo, il quale rassicura tutti che il povero cittadino egiziano ora si è “integrato” (!) e che questa oramai celebre governante donna non è stata assolutamente “degradata”. Quasi quasi un bel lieto fine, dopo tanto parlare a vanvera. Magari si è trattato soltanto di un banale contrasto fra colleghi, fra un uomo ed una donna, come tanti.
E’ certo che è molto più raro che le quotidiane discriminazioni di genere compiute da cittadini “doc” che attraversano il mondo del lavoro del bel paese trovino altrettanta visibilità nel dibattito pubblico.