Le forze dell’ordine hanno portato alla luce un giro di prostituzione minorile alla stazione romana di Termini. Le vittime sono minori rom dai 13 ai 17 anni, pagati da uomini tra i 35 e gli 80 anni per avere prestazioni sessuali. In tutto gli indagati sono diciassette. Finora sono sei le persone arrestate, come sottolinea il comunicato della Polizia di Stato (http://www.poliziadistato.it/articolo/view/38782/). Tra loro anche un prete di 68 anni, parroco di due chiese nel viterbese, come informa La Repubblica. Proprio in casa dell’uomo è stato trovato un archivio di materiale pedopornografico. Un altro parroco è stato denunciato.
I minori si prostituivano anche “per 10 euro, al massimo per 50”, sottolinea il comunicato della Polizia, che informa: “Gli indagati si facevano trovare vicini all’area delle scale mobili dove attendevano l’arrivo dei minori di origine rom, sia di sesso maschile che femminile, oppure li contattavano telefonicamente”.
L’inchiesta, iniziata un anno fa, aveva già portato all’arresto di un 59enne e un 79enne, colti in flagranza di reato con i minori.
Tornano alla mente gli articoli e i video diffusi nei mesi scorsi da molti media sulla presenza dei rom alla stazione Termini. Il giornalista Franco Bechis lo scorso ottobre pubblicava su Libero un video girato alla stazione Termini (rimandiamo al commento di Carta di Roma) in cui affermava: “Africani, zingari e rumeni sono i nuovi re di Roma”. “Termini regno delle zingare”, scriveva Il Tempo lo scorso agosto, parlando di “zingarelle” (l’associazione 21 luglio scrisse al direttore, segnaliamo qui).
La stazione Termini, come molte stazioni metropolitane, presenta sicuramente dei problemi di gestione. A livello mediatico finora questi problemi sono stati spesso attribuiti a gruppi vulnerabili, che in stazione ci passano molto tempo semplicemente perché non hanno un altro posto dove vivere, e le immagini pubblicate da Il Tempo o da Libero parlano chiaro. Un tipo di informazione in cui pesa “l’assenza di pluralità nell’individuazione delle fonti”, scriveva la 21 Luglio l’anno scorso. “Allo stesso modo -proseguiva – non viene approfondita la condizione sociale di tali comunità, limitando fortemente la portata dell’ ‘inchiesta’ in termini di utilità ai fini dell’informazione, non essendo in grado, a causa di questi limiti, di fornire un quadro oggettivo della realtà. Una realtà molto spesso caratterizzata da indigenza, quotidiana discriminazione e violazioni dei diritti umani”.
Tutte condizioni emerse ora con forza in questa inchiesta che parla di vulnerabilità, sopraffazione e violenza. Eccolo il vero “degrado”.