Anche il Comitato nazionale per la bioetica si schiera contro i Cie.
Nel rapporto ‘La salute dentro le mura’, il Comitato affronta la questione della salute nelle carceri e nei Cie.
Indagando il sistema penitenziario, vengono rilevate diverse criticità, come ad esempio la difficoltà di comunicazione, la mancanza di legami familiari o di relazioni sul territorio, l’impossibilità di lavorare e studiare.
E’ però nei Cie che il diritto alla salute “è soggetto a tali limitazioni da rendere dubbio l’uso del termine stesso di diritto”. I problemi sono numerosi, prima fra tutti la questione dell’igiene di queste strutture detentive, definiti dal Comitato “contenitori impropri”. Il rapporto sottolinea il fatto che dovrebbe essere il Servizio Sanitario Nazionale a prendere “in carico i CIE”, o quanto meno dovrebbero essere presi degli accordi in tal senso con gli enti gestori dei centri. Ora, invece, “l’assistenza nei centri non è a carico del SSN, bensì è fornita dall’ente gestore”, spiega il rapporto, specificando che “nella generalità dei casi si tratta di un’assistenza sanitaria elementare, tarata sulla precedente normativa che permetteva il trattenimento non oltre i trenta giorni. Dopo che il periodo è stato prolungato a sei mesi, l’assistenza sanitaria risulta del tutto insufficiente”.
Secondo il Comitato, non mancano solo adeguate prestazioni: “occorre anche controllare lo stato dei locali, l’adeguamento dei servizi e lo stato igienico, l’adeguamento del regime di vita a requisiti di rispetto della dignità delle persone”.
Tutti aspetti su cui si sono soffermati a lungo associazioni, campagne (come la campagna LasciateCIEntrare), enti ed organizzazioni internazionali. Il risultato dei numerosi rapporti è sempre lo stesso: i CIE vanno chiusi.
Il rapporto del Comitato si allinea a questa presa di posizione: “I CIE andrebbero chiusi – affermano i membri del Comitato -o quanto meno ricondotti alla loro funzione originaria di misura eccezionale, come previsto dalla direttiva UE”.
Nel frattempo, il Comitato suggerisce alcune misure urgenti, tra le quali fare in modo che le identificazioni delle persone che giungono in un CIE dal carcere avvengano “durante il periodo della carcerazione” e garantire la protezione delle “categorie vulnerabili, fra cui le vittime della tratta, regolarizzandole per motivi umanitari”.