Diffondiamo qui di seguito il comunicato stampa del Comitato Antirazzista Saluzzese che ci ricorda che il caporalato e lo sfruttamento lavorativo, purtroppo, non sono soltanto a Sud della nostra penisola. Il caporalato è infatti presente anche in Toscana, Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e in molte altre regioni del Nord del Paese. In Piemonte, ad esempio, le aree dove il caporalato è più organizzato e diffuso sono i distretti di Cuneo (Saluzzo e Bra), Alessandria (con Tortona e Castelnuovo di Scrivia), Asti (con Canelli, Castigliole e Motta), Verbania (con Cusio-Ossola). In questa regione gli occupati nel settore agro-alimentare sono circa 71 mila, di cui oltre 20mila stranieri. Tra Canelli e Carmagnola, ad esempio, la Guardia di Finanza ha scoperto, ad agosto del 2016, ben 106 lavoratori in nero e quasi 150 cooperative agricole che sottopagavano (anche 2 euro all’ora) i braccianti. A Carmagnola, nell’estate del 2015, un bracciante di 45 anni romeno è morto a causa del lavoro intensivo e dei 50 gradi in serra. A Saluzzo la situazione è gravissima e si ripete ogni anno.
L’estate dei braccianti africani quest’anno inizia il 4 giugno con l’apertura del dormitorio temporaneo, organizzato e sorvegliato all’interno dell’area della ex caserma Filippi, di fianco al viale alberato del Foro Boario dove l’anno scorso sorgeva Guantanamò, baraccopoli occupata e autogestita.
Il progetto PAS (Prima Accoglienza Stagionali) prevede un’area attrezzata esterna e un unico camerone con 184 letti a castello nuovi di zecca per un totale di 368 posti a dormire, non pensato certo per garantire privacy e riservatezza. Ma, ormai è risaputo, “loro” sono abituati a vivere ammassati come animali e si adegueranno! Al dormitorio si affiancherà il sistema dell’accoglienza diffusa già sperimentato gli anni scorsi: sarà gestito dalla Caritas che, dopo aver tolto le castagne dal fuoco al comune nel triennio 2014-2016 con il “Campo Solidale” al Foro Boario, quest’anno farà un servizio ai datori di lavoro ospitando chi avrà dei contratti più lunghi. Coldiretti metterà a disposizione qualche container a Saluzzo e Lagnasco come fa ormai da anni: nessuna novità per la potente organizzazione che rappresenta la maggior parte degli imprenditori agricoli, brillante per assenza circa l’ospitalità in azienda e per omertà sul trattamento riservato ai lavoratori. Per la prima volta anche a Saluzzo, come succede in altri luoghi d’Italia, Rosarno in particolare, ad inizio stagione l’amministrazione comunale si fa carico direttamente del contenimento e disciplinamento dei lavoratori migranti attraverso la consueta forma “campo”, considerata l’unica soluzione possibile al problema. E’ giusto e normale che centinaia di migranti vivano all’interno di luoghi chiusi e sorvegliati, lontano dalla vista delle comunità locali, braccia sempre disponibili per il lavoro nei campi.
Il costo del progetto è di circa 300.000 Euro, per la maggior parte concessi dalla regione Piemonte e dalle banche, per “fare un servizio al comparto agricolo” ha dichiarato il sindaco; comparto agricolo formato da grandi aziende che, nonostante le lamentazioni sugli eventi meteorologici, le malattie delle piante, l’andamento dei mercati, macinano milioni di euro e continuano a speculare sugli ultimi e più deboli anelli della catena, i piccoli produttori e i lavoratori.
La Lega lo ha chiamato “centro sociale” dove gli immigrati trascorreranno le vacanze estive (!), qualcuno lo ha confuso con un “centro di accoglienza” per i profughi; “dormitorio per stagionali” lo chiamano gli estensori del progetto, rigorosamente temporaneo. A fine stagione tutti se ne dovranno andare (se te ne vai prima ti pagano anche il viaggio) perchè per i migranti la casa non è un diritto, per loro al massimo un dormitorio che è già tanto rispetto ad una tenda o una baracca. Meglio mettere subito le cose in chiaro: d’inverno a Saluzzo non c’è lavoro quindi vadano altrove, non importa dove, sarà un problema per qualcun altro. Chi è costretto a passare da un ghetto all’altro per sopravvivere non può neanche immaginare di potersi fermare in un luogo, avere un po’ di stabilità e una residenza reale, indispensabile per il rinnovo del permesso di soggiorno, l’assistenza sanitaria, etc…. Per chi vive in condizioni simili parlare di integrazione suona veramente come una beffa. L’organizzazione è affidata ad una cooperativa che dovrà garantire la sorveglianza 24 ore su 24 e il rispetto del regolamento che i migranti dovranno sottoscrivere all’ingresso; ognuno di loro sarà munito di tesserino di riconoscimento. Orari di apertura e chiusura. All’interno del campo interverrà anche la CGIL, ma solo per la mediazione culturale e non per l’attività sindacale, evidentemente non gradita ai padroni.
Il sistema si regge sul principio che i migranti non possono auto-determinarsi, anzi, nel momento in cui si organizzano da soli rappresentano, come minimo, un problema. Le istituzioni e il terzo settore sanno a priori ciò di cui essi hanno bisogno, non è necessario prevedere forme di consultazione o partecipazione; devono provvedere a contenerli, gestirli, controllarli, trasferirli in altre strutture o allontanarli, reprimerli se necessario. Un sistema spersonalizzante, che non tiene minimamente conto dei bisogni individuali e porta alla sottomissione e all’infantilizzazione, che crea dipendenza e non autonomia. Pur in condizioni estreme, la formidabile esperienza di autogestione all’interno del campo abusivo di Guantanamò l’anno scorso, 700 persone che hanno convissuto pacificamente sulla base di un patto sociale non scritto e non imposto a/da nessuno, non andrebbe dimenticata e nemmeno sottovalutata.
Quei muri e quel dormitorio esageratamente grande sono la rappresentazione dell’incapacità di pensare qualcosa di diverso dopo tanti anni.
Infine c’è la sorveglianza, l’obiettivo principale e dichiarato di tutta l’operazione, altro che percorsi di emancipazione e diritti. Muri ferrati proteggeranno la terra di nessuno dove gli anni scorsi c’era Guantanamò, al fine di impedire il sorgere di un campo abusivo a fianco di quello istituzionale come altrove in Italia. Una piccola porta di accesso al campo presidiata permetterà l’entrata e l’uscita disciplinata dei lavoratori in bicicletta. Impianto di videosorveglianza e accordo con la Prefettura per intensificare i controlli diurni e notturni delle forze dell’ordine. A sentire le dichiarazioni di questi giorni tutta l’area sarà dunque blindata, per garantire ordine e legalità e, ovviamente, proteggere i cittadini. Perché bisogna parlare anche alla pancia della gente e inseguire Lega e razzisti sul loro terreno in vista delle elezioni comunali del prossimo anno. Così non si fa altro che alimentare la paura e condannare i migranti ad un eccesso di isolamento ed esclusione. Mentre tutto intorno le frontiere si chiudono per chi se ne vuole andare, spinto da un insopprimibile desiderio di libertà, anche Saluzzo, dunque, chiude i suoi migranti in un recinto protetto dal filo spinato. Uomini…lavoratori…e ancora una volta nessuno osa parlare di sfruttamento, che è il cuore del problema (la legalità vale solo per i migranti e non per i padroni).
Porte aperte e ponti, non muri!
Saluzzo, 4 giugno 2018
Comitato Antirazzista Saluzzese