di Alessio Bellini
Il razzismo non è un virus misterioso. Se di patologia (sociale) si tratta se ne conoscono le possibili cause, gli accorgimenti per ridurne la virulenza, gli effetti devastanti che è in grado di produrre ed il ruolo determinante di alcuni soggetti nel favorirne la diffusione.
Tra questi ultimi rientrano gli intellettuali come Giovanni Sartori, editorialista di punta del Corriere della Sera, già scienziato politico di una certa fama, ora illustre membro del club dei “razzisti colti” della nostra penisola.
In un articolo apparso in prima pagina del quotidiano di Via Solferino giovedì 26 gennaio, commentando la pessima uscita del blogger Beppe Grillo sulla presunta “insensatezza” del progetto di conferire la cittadinanza ai bambini nati in Italia figli di genitori non appartenenti ai paesi dell’Unione Europea (nell’ambito della meritoria campagna di raccolta firme “L’Italia sono anch’io”), Sartori (in un editoriale dal titolo “Una soluzione di buon senso”) così si esprime:
“Non sappiamo se l’Europa verrà sottoposta a migrazioni bibliche a seguito della ‘primavera araba’ (si noti en passant il virgolettato allusivo) che senza dubbio ha rotto le dighe che sinora la frenavano. Il fatto è che l’esplosione demografica dell’Africa è già avviata; e siccome gli affamati non cercano la salvezza tra altri affamati, è piuttosto ovvio che un numero sempre crescente di povera (poverissima) gente cercherà la salvezza in Europa”.
Di ovvio qui, purtroppo, c’è solo la povertà di argomenti del buon Sartori.
Tentiamo di analizzare quanto affermato dall’anziano politologo con insostenibile sicumera.
Sartori sembra rimpiangere il ruolo di gendarmi contro la propria gente – arrestata e torturata ed uccisa – esercitato dai dittatori tunisini, egiziani e libici: avranno avuto tanti difetti (di sicuro quello di non rispettare alcun caposaldo di quella democrazia su cui lo stesso Sartori ha scritto un fortunato libretto) ma erano un sicuro argine alle orde di “disperati” che premono e che premeranno alle nostre porte.
Al contrario di quanto affermato da Sartori non vi è alcuna esplosione demografica (quindi le premesse da cui si parte per sviluppare il ragionamento – nel complesso paranoico – sono false).
La migrazione intracontinentale (tra i vari Stati dell’Africa) peraltro è percentualmente ridondante rispetto a quella che avviene verso l’Europa.
Sartori pare inoltre ignorare ( e ci chiediamo se ci è o ci fa) che la demografia non esamina l’equilibrio dei liquidi ma gli spostamenti delle persone (in carme ed ossa, e speranze e progetti di vita). Anche se ci fosse una esplosione demografica (che non c’è) non vi è alcuna certezza che questa si tradurrebbe automaticamente in uno spostamento di carattere biblico dalle zone “piene” a quelle “vuote”. Studiosi seri come Massimo Livi Bacci ce lo hanno insegnato nei loro lavori. Ma Sartori, che pure Livi Bacci dovrebbe conoscere visto che i due hanno insegnato nella stessa Università, preferisce riprendere argomentazioni care alla nouvelle droite (trasformandole, con un abracadabra, in buon senso).
Quale è l’effetto che Sartori intende produrre (più o meno consciamente s’intende, ma si sa che è nell’inconscio che si agitano i peggiori fantasmi..)? La diffusione del “panico da invasione”. Sartori ci dice che gli straccioni stanno premendo alle nostre porte, ed i nostri confini sono destinati a saltare.
Occorre perciò predisporci ad una difesa: a livello politico, culturale, giuridico (quello militare viene sottinteso ma non esplicitato).
Sartori va oltre.
Dopo aver affermato che Francia ed Inghilterra sono i paesi europei ad oggi più “invasi” (bontà sua, stavolta è lui a virgolettare) si occupa di quella che lui definisce la “terza generazione” di immigrati (in realtà cittadini francesi ed inglesi a pieno titolo) e si produce in una secca tirata islamofobica:
“…una parte significativa di questa terza generazione non si è affatto ‘integrata’. Vive in periferie ribelli e ridiventa, o sempre più diventa, islamica. Si contava di assorbirli e invece si scopre che i valori etico politici dell’Occidente sono più che mai rifiutati. Che senso ha, allora, trasformare automaticamente in cittadini tutti coloro che nascono in Italia, oppure, dopo qualche anno, chi risiede in Italia”.
In un bel libro di recente pubblicazione edito da Laterza, (“Il seme dell’intolleranza – Ebrei, eretici, selvaggi: Granada 1492) lo storico Adriano Prosperi (che è studioso rigoroso, a differenza di Sartori) analizza il fenomeno dell’intolleranza verso gli ebrei, assumendo l’annus domini 1492 come riferimento cardine (in quell’anno furono espulsi, dalla Spagna, tutti gli ebrei che avevano rifiutato la conversione al cattolicesimo).
Anche gli ebrei che si erano convertiti ed avevano perciò evitato l’espulsione coatta furono comunque di lì in poi guardati con crescente sospetto: l’ebraismo, si riteneva, in definitiva “scorreva nel loro sangue” e la conversione era sicuramente di facciata.
Si notano le somiglianze e le analogie con quanto scritto dall’anziano politologo?
I cittadini (francesi? inglesi? Sartori non è chiaro) che abitano nelle “periferie ribelli” (magari esistono cause che vanno al di là della loro “origine” per questi moti di rivolta, ma Sartori pare non arrivarci) i cui nonni erano immigrati (probabilmente dalle ex colonie) vengono dipinti come “islamici in sonno”.
Ma quale riconoscimento di cittadinanza: a contare, per Sartori, è il sangue, l’origine, entrambi infettati – irrimediabilmente – dall’islamismo. Così come gli ebrei restavano ebrei anche se aderivano ai canoni della religione cristiana i cittadini (francesi o inglesi) pronipoti dei primi migranti restano islamici anche se cittadini “nazionali” a pieno titolo.
Ed ecco che Sartori tenta di chiudere il cerchio: data l’invasione – in atto – dei disperati, data la presenza di un infido nemico interno (islamico, va da sé, Sartori ha una vera e propria ossessione per gli islamici, i musulmani, gli arabi…) finiamola con il “buonismo” delle sinistre (orfane del comunismo) e ricorriamo al “buon senso” (quello che Sartori ritiene tale, ovviamente): tra il principio dello ius solii (troppo di sinistra) e quello dello ius sanguiniis (che già andrebbe meglio ma che a causa di Hitler, un personaggio di sicuro eccessivo anche per il vecchio reazionario fiorentino, è oggi messo finalmente in discussione anche nel nostro paese) l’anziano professore fiorentino, come un coniglio dal cilindro, propone un terzo principio, un vero e proprio capolavoro di creatività:
“la concessione della ‘residenza permanente’ trasferibile ai figli, ma pur sempre revocabile (..) certo, se un residente viene pizzicato per strada a vendere droga a rubare, e simili, la residenza viene cancellata e l’espulsione è automatica”.
E qui iniziamo a dubitare anche della salute mentale del professore (si sa, l’età avanza).
Dunque: la proposta da cui si era partiti (e che si intende contestare) era quella di concedere la cittadinanza (e non la residenza) a tutti i bambini (sottolineo, bambini) nati in Italia, qualunque sia la nazionalità dei genitori. La residenza (che è cosa ben diversa dalla cittadinanza) viene concessa a chiunque dimostri di avere un alloggio sicuro e dignitoso dall’ente locale di riferimento. Dall’anagrafe comunale, per intendersi. Per i cittadini stranieri è necessario, ovviamente, avere un regolare permesso di soggiorno.
La cittadinanza viene concessa, stante le leggi attuali, dopo dieci anni di residenza continuativa in Italia a coloro che ne fanno richiesta, e può essere comunque rifiutata se lo straniero viene ritenuto pericoloso per la sicurezza dello Stato.
Che ci azzecca la residenza?
Dove finisce la cittadinanza nella proposta-principio di Sartori?
Facciamo finta che Sartori sia nel pieno possesso delle sue facoltà mentali e proseguiamo.
Dunque: un bambino nato in Italia da genitori non italiani, che fa le scuole in Italia, che va in gita con i suoi amici in Italia, che magari ha la sua morosa (o il suo moroso) in Italia un bel giorno viene coinvolto in un giro poco raccomandabile e finisce – malauguratamente – a spacciare. Lo beccano.
Valgono per lui le garanzie che valgono per tutti gli altri “residenti” o “cittadini” che siano? Quelle di un giusto processo, di essere condannati – in via definitiva – dopo tre gradi di giudizio, di essere sottoposti a misure cautelari (in attesa del giudizio definitivo) solo se vi è il pericolo della recidiva o di inquinamento delle prove?
Figurarsi: la sua “origine” maledetta prevale su tutto il resto.
Il bambino – magari diventato adulto – viene espulso.
E qui sorge spontanea una domanda: DOVE viene espulso? Nello stato da cui provenivano i suoi genitori (o i suoi nonni)? E perché? Che legami ha con quello stato a tutti gli effetti straniero?
La proposta di Sartori richiama quelle attualmente in voga di riforma del mercato del lavoro. Si al contratto unico, a tempo indeterminato magari, ma con libertà totale di licenziamento.
L’istituzionalizzazione della assoluta precarietà lavorativa lì l’istituzionalizzazione della precarietà esistenziale tout court nei confronti dei bambini che hanno la sola colpa di essere figli di non italiani.
Un mostro, giuridico e non solo.
Merita segnalare la conclusione dell’editoriale:
“L’unica privazione di questo status è il diritto di voto: il che non mi sembra terribile a meno che i residenti in questione vogliano condizionare e controllare un Paese creando il loro partito (islamico o altro). Se così fosse, è proprio quel che io raccomanderei di impedire”.
La confusione (tipica del paranoico) è massima. Confessiamo – da inguaribili illuministi – di seguirlo con fatica. Parla di una privazione che riguarderebbe lo status dei “residenti permanenti ma revocabili” che lui vorrebbe introdurre. Dal proseguo del discorso, al contrario, sembra che Sartori in definitiva il voto glielo concederebbe anche a questi residenti di serie B. Ma ad una condizione: non si azzardino a votare chi pare a loro. Ovvero, se lasciati liberi di farlo, di sicuro un Partito Islamico.
Ora alcune conclusioni, le nostre, davvero finali.
Sartori pare ignorare (e ci chiediamo di nuovo se ci è o ci fa) che in Italia vivono migranti delle più diverse confessioni religiose (musulmani, cattolici, protestanti, induisti ecc.).
Sartori pare ignorare che i migranti in Italia sono persone come “noi”, dotate di raziocinio e di passioni e quindi con le più disparate idee politiche (di destra, di sinistra, di centro).
Sartori pare ignorare l’articolo 3 della nostra Costituzione, che ci sembra doveroso richiamare, specie nel giorno della memoria: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Sartori pare ignorare che un diritto revocabile non è un diritto, ma una presa in giro (nel migliore dei casi).
Crediamo che un buon analista potrebbe risolvere le ossessioni e le fobie dell’anziano professore fiorentino. Quello che ci stupisce è che le sue paranoie possano trovare così ampio spazio in un quotidiano importante come il Corriere della Sera.
Anche questo è forse un segno della tristezza e della cattiveria dei nostri tempi.