Il 15 giugno 2012 la Corte di Cassazione con una sentenza ha stabilito una volta per tutte che il cosiddetto “bonus bebé” è illegittimo e discriminatorio. La Cassazione ha, poi, condannato il comune di Tradate a pagare le spese legali, che ammontano a circa 2mila euro.
La vicenda andava avanti ormai da anni, da quando, nel settembre 2007, il Comune di Tradate, guidato dall’allora sindaco leghista Stefano Candiani, con delibera n. 55 del 28.09.2007, aveva introdotto un beneficio sociale di natalità pari a 500 euro a favore di ciascun neonato iscritto all’anagrafe del comune purché entrambi i genitori avessero la cittadinanza italiana e almeno uno dei genitori fosse residente nel Comune di Tradate da almeno cinque anni. Il Comune di Tradate aveva addirittura istituito una “festa del bambino” per celebrare, anche simbolicamente, tale iniziativa discriminatoria. A breve distanza dalla pubblicazione della delibera, venne presentato un ricorso anti-discriminazione da parte di Asgi, Apn e Farsi Prossimo. Dopo la sentenza di primo grado (luglio 2010) e il controricorso del Comune, i giudici di secondo grado del tribunale collegiale di Milano avevano confermato (settembre 2010) la natura discriminatoria del provvedimento, poiché «introduce una distinzione arbitraria e non supportata da ragionevole correlabilità tra il requisito richiesto (la cittadinanza) e lo scopo perseguito (il sostegno della natalità). Ovvero, non è possibile individuare alcun valido motivo di differente trattamento tra cittadini e stranieri, che non sia quello di escludere dal beneficio gli stranieri solo perché tali». Il ricorso del Comune venne bocciato sia per quanto riguarda la presunta incompetenza delle sezioni giudicanti, sia nel merito, laddove suggeriva “un incentivo alle nascite di italiani per compensare la forte natalità straniera”. La memoria degli avvocati del Comune aveva suscitato polemiche ed era stata definita intollerante da alcuni giornali. Il Comune, non soddisfatto, nell’ottobre 2010 aveva presentato un nuovo ricorso in Cassazione, pagando però quanto dovuto alle famiglie rimaste escluse dall’ordinanza razzista. La sentenza della Cassazione del 15 giugno pone finalmente fine ad una lunghissima battaglia legale.