Frontiere esterne e interne, per mare e per terra. Circolari amministrative che hanno anticipato il Decreto Legge in materia di immigrazione e asilo del 4 ottobre. Ordinanze e regolamenti comunali che sperimentano sul territorio il “primato degli italiani”. Attacchi alla solidarietà in tutte le sue forme. Annunci di “ricognizioni etniche”. Sgomberi esemplari. E i diritti delle persone ridotti a carta straccia.
Nei primi quattro mesi trascorsi dopo l’insediamento del nuovo Governo, sono stati messi in campo tutti i mezzi possibili per fermare gli arrivi dei migranti, rendere più difficile restare e vivere in Italia, anche a chi qui vive da molti anni, attaccare le azioni di solidarietà e legittimare di fatto ogni forma di discriminazione e di razzismo nei confronti di chi ha origini, più o meno lontane, straniere.
L’uso scaltro del diritto e della comunicazione, non cambiano certo l’ordine delle cose: i fatti parlano da soli.
C’è voluto del tempo, ma di fronte alle ingiustizie, alle discriminazioni diffuse, alle violenze razziste sempre più spudorate, al tentativo di trasformare in reato qualsiasi atto e comportamento di solidarietà o di ribellione di fronte alle leggi sbagliate, è cresciuta pian piano una protesta collettiva. Lo hanno fatto in mille modi, in mille luoghi, spesso in modo spontaneo e autorganizzato, a sostegno delle missioni di soccorso delle Ong in mare, dell’apertura dei porti, del Sindaco accogliente di Riace, come dei bambini di Lodi, esprimendo vicinanza alle vittime della xenofobia e del razzismo.
Il Decreto Legge n.113/2018 del 4 ottobre attende di essere convertito in legge dal Parlamento. Il fine di chi l’ha congegnato è unicamente quello di tradurre in legge la propaganda elettorale che soffiando sul disagio e sul rancore ha aizzato i cittadini italiani contro quelli stranieri. E’ un pessimo decreto di cui in molti hanno già evidenziato i profili di incostituzionalità. Se approvato in via definitiva non produrrà una “razionalizzazione delle politiche migratorie e sull’asilo” né un migliore utilizzo delle risorse pubbliche. Non migliorerà la gestione dei servizi rivolti alle persone che chiedono protezione. Non ci renderà per niente più sicuri. Ma, soprattutto, lascerà migliaia di persone prive di sostegno e di uno status legale certo esponendole alle peggiori forme di violazione dei diritti e di sfruttamento.
Restare in silenzio oggi significa rendersi complici di quanto sta accadendo.
Nelle prossime settimane sono stati fissati due appuntamenti.
Sabato 27 ottobre si manifesterà nelle piazze di diverse città italiane. A Roma l’appuntamento è a Piazza Santi Apostoli alle ore 16.
ATTENZIONE: L’APPUNTAMENTO A ROMA E’ STATO SPOSTATO E ANTICIPATO A SAN LORENZO A PIAZZA DELL’IMMACOLATA ALLE ORE 14.
Il 10 novembre un altro appello invita a una manifestazione nazionale a Roma. Qui l’evento Facebook.
La speranza è che in molti decidano di esserci.
Noi saremo a Roma sia il 27 ottobre che il 10 novembre.