La mattina di lunedì 5 marzo, Roberto Pirrone, fiorentino di 64 anni, nessun precedente, un regolare porto d’armi per uso sportivo, dopo le 8,30, è uscito da casa, in viale Aleardi, a Firenze. Dopo l’ennesima discussione con sua moglie, che l’ha accusato di aver contratto un debito di circa 30mila euro, Pirrone, ex tipografo in pensione, è uscito prendendo con sé una pistola. Vagando per le vie di Firenze, ha raggiunto il Ponte Vespucci. Li c’era Idy Diene, cittadino senegalese di 55 anni, che vendeva ombrelli ai passanti. Pirrone l’ha visto, ha estratto la pistola e sparato sei colpi. Per terra, è rimasto il corpo senza vita di Idy Diene: gli operatori del 118 hanno provato a rianimarlo per oltre 40 minuti. Ma per lui non c’è stato niente da fare. E’ morto, così come era morto Samb Modou, uno dei due senegalesi uccisi il 13 dicembre 2011, sempre a Firenze, da Gianluca Casseri, simpatizzante di estrema destra.
Se vogliamo parlare di sorte beffarda, davvero c’è da sorprendersi. Idy Diene, era cugino di Samb Modou e aveva, per giunta risposato la sua vedova, Ndeye Rokhaya, che viveva con lui a Pontedera. Dopo aver sparato Pirrone si è incamminato verso via Melegnano, dove i militari dell’Esercito a protezione del consolato Usa lo hanno fermato e disarmato. «Sono uscito di casa per ammazzarmi, poi non ho avuto il coraggio. Ho ucciso una persona, così potrò andare in galera e potrò mangiare tutti i giorni», ha detto al pm Giuseppe Ledda, che lo ha interrogato alla presenza del suo avvocato. «Ho visto una donna con un bambino ma non ho voluto ucciderli», ha dichiarato l’uomo. Quella stessa donna, di origine africana, che ha assistito all’omicidio, è diventata la testimone in diretta del delitto.
La Procura, dopo l’interrogatorio, ha arrestato Pirrone con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai “futili motivi”, e non dall’odio razzista. A casa dell’uomo, i poliziotti hanno trovato altre armi, regolarmente detenute: una seconda pistola, una carabina e un fucile. Qui è stato anche trovato il biglietto di commiato che Pirrone aveva lasciato alla figlia, con le istruzioni per alcune operazioni bancarie finalizzate a evitare che i creditori potessero entrare in possesso del poco denaro rimasto.
Nel pomeriggio di ieri, però, la comunità senegalese, guidata dal portavoce Pape Diaw, ha improvvisato un corteo lungo le vie del centro. “Un uomo è morto, un africano è stato di nuovo ammazzato a Firenze, dopo i due morti ammazzati in piazza Dalmazia nel 2011. E’ un momento particolare, il fatto che le elezioni siano andate come sono andate dimostrano l’aria che c’è nel Paese, dove ai neri si spara per strada. Non si può morire come una bestia, ammazzato per strada”, ha dichiarato Diaw alla stampa. Purtroppo, durante il percorso sono state danneggiate alcune fioriere di via Calzaioli. Questa è l’unica cosa che la stampa mainstream è riuscita a cogliere e a mettere in evidenza. Evidentemente per tanti indigna di più una fioriera scassata rispetto a chi spara e ammazza senza pietà in mezzo alla strada un cittadino straniero. La comunità senegalese di Firenze esprime il suo dolore, ma chiede anche verità e giustizia. La rabbia è mista alla paura. Paura che, all’indomani del risultato elettorale, tutti i neri, “rei” di essere tali, possano essere un tiro al bersaglio della “follia selettiva” razzista.
Pape Diaw, questa mattina, su Facebook ha scritto: “Io conosco molto bene l’assassino del senegalese, era un mio ex collega. Non è per niente matto. Non ha ucciso a caso come dicono i giornali, da casa suo fino al ponte, ha incontrato tante persone, ma ha scelto di ammazzare un nero. È sempre stato un essere miserabile, amante del gioco, e prostitute. È molto sano di mente. Noi Senegalesi non ci sentiamo più al sicuri Firenze. Carnevale 1999, Piazza Dalmazia, e adesso. Sempre Senegalesi. Perché?”. Un’accusa ben precisa.
Si è trattato davvero di un gesto inspiegabile di un folle? In ogni caso: come si fa a “restare umani”, se dinnanzi alla notizia della morte inspiegabile di un uomo, piovono come pietre sui social, commenti vergognosi carichi di odio e di razzismo?
Si abbia quantomeno la decenza del silenzio.
L’ 8 marzo, alle ore 17, la Comunità di Sant’Egidio aprirà la chiesa di San Pietro in Gattolino, a Firenze in via Romana 40, per una preghiera in memoria di Idy Diene. Inoltre, è in corso di organizzazione una manifestazione nazionale, sempre a Firenze, per sabato 10 marzo, contro il razzismo e per ricordare Idy Diene.