Identificare i migranti, anche con l’uso della forza. E’ la richiesta che arriva da Bruxelles all’Italia. E l’approvazione in commissione Bilancio di un emendamento alla legge di Stabilità, presentato con l’obiettivo di “razionalizzare le risorse finanziarie disponibili e ottimizzare l’impiego del personale nei procedimenti in materia di cittadinanza, immigrazione e asilo”, che nel concreto andrebbe ad elargire più fondi per gli straordinari del “personale del ministero dell’Interno dedicato all’identificazione degli immigrati”, sembra andare proprio nella direzione sollecitata a livello europeo.
Nel documento diffuso oggi (Progress Report on the Implementation of the hotspots in Italy) la Commissione europea chiede infatti a Roma di compiere gli sforzi necessari per portare avanti le misure di identificazione obbligatoria, “anche con l’uso della forza se necessario”, e per detenere negli hotspots le persone che rifiuteranno di lasciare le proprie impronte digitali. “L’obiettivo di arrivare al 100% dei rilievi dattiloscopici deve essere raggiunto senza ritardo”, si legge nel documento.
Secondo la Commissione, nei controlli l’Italia si baserebbe su un sistema nazionale (Automated Fingerprinting Identification System-Afis), piuttosto che utilizzare i database europei, cosa che invece viene sollecitata a fare. Del resto, proprio in questi giorni è arrivata la notizia della possibile apertura di una procedura di infrazione avviata nei confronti di Italia, Grecia e Croazia, per mancata attuazione del regolamento Eurodac (regolamento (UE) n. 603/2013) che dispone l’effettivo rilevamento delle impronte digitali dei richiedenti asilo e la trasmissione dei dati al sistema centrale europeo entro 72 ore. Già a ottobre la Commissione aveva rilevato alcune mancanze dei tre paesi rispetto ai rilievi dattiloscopici dei migranti, arrivando ora all’invio di lettere di costituzione in mora, primo passo verso una procedura di infrazione (ne abbiamo parlato qui).
La creazione degli hotspot, i centri dove procedere alle immediate identificazioni, si inserisce in questa necessità tutta europea di segnalazione dei migranti, e della loro detenzione in caso di rifiuto: proprio per questo la Commissione rimprovera l’Italia in merito al ritardo nell’apertura dei centri rispetto alle scadenze prefissate. “Solo uno dei sei hotspots previsti è pienamente operativo”, spiega la Commissione nel documento, riferendosi al centro di Lampedusa, e sottolinea di essere in attesa che “altri due centri, a Pozzallo e Porto Empedocle, vengano aperti a giorni”. Gli hotspots di Taranto, Trapani e Augusta invece dovrebbero essere pronti “entro la fine di febbraio 2016”: luoghi dove le identificazioni vengono al momento effettuate all’interno di tende, e dove non ci sono posti per l’accoglienza delle persone, come si legge nel documento.
Solo pochi giorni fa, l’eurodeputata Barbara Spinelli ha presentato, insieme ad altri ventidue europarlamentari, un’interrogazione urgente sull’hotspot di Lampedusa, in cui le autorità italiane adotterebbero pratiche illegali in violazione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo (ne abbiamo parlato qui). Viene da chiedersi se tali pratiche non siano in realtà in qualche modo sollecitate proprio dalle richieste avanzate dalle istituzioni europee, che dovrebbero comunque essere consapevoli di quanto denunciato da Spinelli, visto che, peraltro, funzionari dell’agenzia europea Frontex sono già operativi all’interno del centro, come scrive la stessa Commissione europea nel documento diffuso oggi.
In questo quadro, appare decisamente preoccupante che le pressioni europee non siano volte alla tutela dei diritti umani o al miglioramento delle condizioni di accoglienza, bensì all’identificazione obbligatoria, anche forzata, delle persone. Con tutte le violazioni dei diritti che questo può comportare, all’interno di centri chiusi e recintati.
Ma del resto questo sembra essere l’unico obiettivo dell’Unione europea, che annuncia per il mese di dicembre – sempre stando al testo diffuso dalla Commissione – lo schieramento in Italia di 165 esperti Frontex impegnati nelle identificazioni e nel controllo dei documenti, che andranno ad aggiungersi ai 52 esperti secondo la Commissione già presenti nelle strutture italiane. E’ prevista inoltre la presenza di funzionari Europol -l’ufficio di polizia europea- durante le operazioni di identificazione contemplate negli hotspots.
L’approccio adottato dalla Commissione nel documento conferma ancora una volta la posizione di chiusura assunta dall’Unione rispetto alle persone che provano a entrare nel territorio europeo. Una chiusura che auspica un nuovo rafforzamento del sistema di detenzione italiano finalizzato a facilitare le misure di rimpatrio forzato: “Alla luce dell’aumento dei migranti privi del diritto alla protezione internazionale [..] deve essere presa in considerazione un aumento delle capacità di detenzione dell’Italia”, scrive la Commissione.
Nel 2015, dal territorio italiano sono state rimpatriate forzatamente 14.113 persone. Nello stesso periodo, l’Italia ha partecipato a 11 rimpatri forzati coordinati da Frontex.