“Sikh, fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migrante invisibile”: si intitola così l’indagine sulle condizioni della comunità di indiani di religione sikh presente nella provincia di Latina, realizzata da In Migrazione. E il titolo del lavoro ben inquadra la situazione di queste persone, invisibili, e spesso sole, nell’affrontare difficoltà quotidiane e persistenti.
I dati rilevati dall’associazione parlano di una comunità numerosa, la seconda per dimensioni tra quelle sikh presenti in Italia, che conta, secondo la stima della Cgil, circa 12.000 indiani di religione sikh provenienti dalla regione del Punjab presenti nell’agro pontino: una cifra che viene più che quadruplicata, raggiungendo il numero di 30.000, se si includono le persone prive di regolari documenti.
In Migrazione ha raccolto diverse interviste al fine di indagare le condizioni di vita dei sikh dell’Agro Pontino. Il quadro che ne emerge è allarmante, con particolare riferimento all’ambito lavorativo.
Le persone intervistate, uomini di tutte le età, lavorano per lo più nell’agricoltura come braccianti, in condizioni di sfruttamento e discriminazione: una realtà drammaticamente comune a molti cittadini stranieri impiegati nel settore agricolo, come dimostra il recente studio di settore della Cgil (ne abbiamo parlato qui). E se alcune situazioni di sfruttamento sono piuttosto conosciute, quella dei lavoratori sikh sembra anche piuttosto nascosta. “La comunità sikh vive una situazione di pesante isolamento che amplifica sfruttamento sul lavoro e preoccupanti fenomeni di razzismo”, spiega Simone Andreotti, presidente di In Migrazione onlus. Un isolamento che è già impostato al loro arrivo: Nanda Singh, sindacalista sikh in Italia da 12 anni, denuncia da tempo la rete organizzata tra gli sfruttatori di origine italiana che cercano lavoratori a basso costo e i trafficanti di origine indiana procacciatori di lavoratori facilmente ricattabili. Come H., trentenne da sette anni in Italia, che lavora anche dodici ore al giorno per 3/4 € l’ora. O M., ventotto anni, da due in Italia, che viene retribuito solo quando il “padrone” – così vengono comunemente chiamati i datori di lavoro dai braccianti sikh- lo ritiene opportuno, arrivando a contare ritardi fino a 6/9 mesi.
Le interviste ai lavoratori sikh hanno portato alla luce anche diverse aggressioni ai loro danni, seguite spesso dal furto di quanto guadagnato durante la giornata di lavoro: una situazione che secondo quanto emerge dall’indagine, tende a restare invisibile proprio a causa dell’isolamento in cui vivono i lavoratori.
Secondo l’associazione che ha redatto il rapporto, è necessario prevedere la creazione di una rete di servizi dedicati: infatti, nonostante la comunità Sikh nella provincia di Latina risulti piuttosto organizzata, l’insufficienza di base è proprio la carenza di servizi, che lascia la comunità unico e solo referente per l’assistenza alla persona. “La provincia di Latina ha tutte le carte in regola per candidarsi come laboratorio virtuoso di inclusione e convivenza interculturale”, afferma Marco Omizzolo responsabile area studi e ricerche di In Migrazione Onlus, che prosegue: “Garantire e stimolare la convivenza, la conoscenza reciproca e la legalità sono condizioni irrinunciabili, tanto più in un territorio dove continuano a dilagare fenomeni diffusi di ecomafia e sfruttamento”.
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