Ieri pomeriggio la barca a vela Alex di Mediterranea Saving Humans ha portato in salvo 54 naufraghi, di cui 3 donne incinte e 4 bambini, sottraendoli al controllo della motovedetta libica giunta sul posto dopo il salvataggio, competente a controllare la zona SAR. E questa è la prima vittoria della Alex. Se la motovedetta della Guardia costiera libica fosse giunta prima sul posto, i naufraghi sarebbero stati riportati in Libia, dove ieri circa 70 migranti (alcuni dei quali riconosciuti dall’UNHCR come richiedenti asilo, in attesa di trasferimento) sono rimasti uccisi a seguito del bombardamento da parte delle forze armate del generale Haftar di un centro di detenzione di Tajoura, ad una dozzina di chilometri a est di Tripoli. Secondo l’Onu alcune di queste persone sarebbero morte sotto gli spari delle guardie carcerarie nel tentativo di fuggire da quello che è considerato essere uno dei peggiori “lager” presenti sul territorio libico.
Dopo aver salvato i migranti, la Alex ha fatto rotta verso Nord per allontanarsi dalla zona SAR libica, chiedendo al Centro Italiano di Coordinamento dei Soccorsi l’assegnazione urgente di Lampedusa quale più vicino porto sicuro di sbarco, nel rispetto delle norme di diritto internazionale, che prevedono un obbligo di cooperazione ed assistenza per garantire il salvataggio di persone in mare in situazione di grave pericolo.
Tuttavia quando la Alex è giunta, alle 4 di stamattina, al limite delle acque territoriali italiane, a circa 12 miglia da Lampedusa, la Guardia Costiera Italiana ha comunicato il divieto di accesso nelle acque territoriali, convalidato poi da un decreto del Ministro dell’Interno controfirmato dai colleghi della Difesa e Trasporti, suggerendo Tunisi come porto più vicino. Un decreto, dice giustamente Mediterranea, doppiamente illegittimo, in quanto non può negarsi l’accesso nelle acque del proprio Paese ad una nave che ha effettuato un’operazione di soccorso a tutela della vita umana in mare.
L’ipotesi di Tunisi viene scartata subito in quanto, a prescindere dalla vicinanza, la Tunisia non ha una normativa compiuta sulla protezione internazionale a tutela dei migranti, condizione necessaria per essere ritenuta porto sicuro. Poco tempo fa il Governo tunisino ha tenuto in sospeso una nave commerciale con 75 naufraghi a bordo ai quali, una volta sbarcati, ha impedito di presentare domanda d’asilo, rimandandoli invece nei rispettivi Paesi d’origine. Una contravvenzione piena del “principio di non refoulement” garantito dalla Convenzione di Ginevra.
Un’ora dopo il Centro di coordinamento per la ricerca e il salvataggio maltese offre come “gesto di buona volontà” la disponibilità del Governo di Malta a sbarcare sull’isola le 54 persone a bordo della Alex.
Il personale di bordo risponde che, viste le condizioni psicofisiche delle persone a bordo e le caratteristiche della barca, non sarebbero stati in grado di affrontare la traversata verso Malta, proponendo il trasferimento dei naufraghi su motovedette maltesi o italiane, per portare i migranti in salvo a Malta ma in condizioni dignitose e sicure per la propria salute.
Ricapitolando: Alex è una barca a vela di circa 18 metri (teoricamente è una barca di appoggio di Mediterranea Saving Humans) con 65 persone a bordo (54 naufraghi e 11 persone dell’equipaggio) a cui viene negato l’accesso, con decreto ministeriale che ha la pretesa di circoscrivere le conseguenze di un “atto di disobbedienza, violenza e pirateria”: salvare vite umane.
Eppure è notizia di ieri quella degli 80 dispersi in un naufragio avvenuto al largo di Zarzis, in Tunisia. Secondo la Mezzaluna rossa tunisina solamente 5 persone sono sopravvissute su 80 partite a bordo di un gommone partito dalle coste libiche, e di questi superstiti uno è poi morto in ospedale.
Al momento la Alex resta bloccata in mezzo al mare, senza cibo, sotto il sole cocente con bambini piccoli e donne incinte stremate.
Nel frattempo Open Arms ha fornito assistenza medica alle persone a bordo e ha offerto la propria imbarcazione per accompagnarle a La Valletta, ma Malta ha respinto la proposta negando l’accesso alle nave “per motivi politici”.
Per ora nessuna nave maltese all’orizzonte.
Potete seguire gli aggiornamenti sulla vicenda dalla pagina Twitter di Mediteranea Saving Humans.