L’Istat ha presentato l’11 luglio 2012 un’indagine, svolta per conto del Dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio, sulla percezione dei cittadini stranieri nella società italiana, dalla quale emerge la conferma della visione ambivalente e contraddittoria del fenomeno migratorio in Italia.
Infatti, se, da un lato, il 59,5% dei cittadini italiani si dice d’accordo sul fatto che gli immigrati siano troppo discriminati, dall’altro risalta anche il dato di coloro, il 65,2%, che pensano che gli immigrati siano “troppi”. Addirittura emerge che il 43,3% ritiene che i migranti “attraggano” l’attenzione dei politici distogliendola dai problemi degli italiani. Il 55,3% è convinto che “nell’attribuzione degli alloggi popolari, a parità di requisiti, gli immigrati dovrebbero essere inseriti nella graduatoria dopo gli italiani”, e che il 48,7% è d’accordo sulla seguente affermazione: “in condizione di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani” rispetto agli immigrati. Cosi come, non sono pochi gli italiani che associano alla presenza di migranti in Italia un peggioramento di alcuni aspetti della qualità della vita (specie il diffondersi del terrorismo e della criminalità, per il 52,6%).
Inoltre se una parte degli italiani (il 60%) è convinta che “la presenza degli immigrati è positiva perché permette il confronto con altre culture”, ed il 30,4% è convinto che l’aumento di matrimoni e unioni miste sia positivo, al tempo stesso un 85% avrebbe problemi se la propria figlia volesse sposare un cittadino straniero, in particolare se di origine Rom o Sinti.
Stessa ambivalenza sulla questione religiosa: la maggioranza (59,3%) si ritiene “tollerante”, ma il 26,9% è contrario all’apertura di altri luoghi di culto nei pressi della propria abitazione, soprattutto se si tratta dell’apertura di una moschea (41,1%). Inoltre esiste un 16,30% degli italiani che pensa che “gli immigrati devono uniformarsi alla nostra religione” ed un 80,7% che ritiene che in Italia non debba essere permesso alle donne musulmane l’uso di coprirsi il volto per motivi religiosi.
Un dato sicuramente positivo è che il 72,1% degli italiani sia favorevole al riconoscimento alla nascita della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia, e che il 91,4% ritenga giusto che gli immigrati, che ne facciano richiesta, ottengano la cittadinanza italiana dopo un certo numero di anni di residenza regolare nel nostro Paese.
Un dato molto significativo riguarda l’inclusione scolastica: quasi la totalità dei rispondenti, il 92,9%, pensa che sia preferibile distribuire i migranti nelle varie classi piuttosto che raggrupparli tutti solo in alcune.
E’ invece decisamente meno confortante, e di tendenza molto diversa rispetto a quella registrata nel corso di altre ricerche realizzate in precedenza da altri istituti di ricerca, l’opinione che la maggioranza dei rispondenti ha espresso sull’opportunità del riconoscimento del diritto di voto amministrativo: si ferma infatti al 42,6% la quota di quanti si dichiarano molto o abbastanza d’accordo a riconoscere il diritto di voto nelle elezioni comunali agli immigrati che risiedono da alcuni anni in Italia, anche se non hanno la cittadinanza italiana.
Interessante sia l’analisi generazionale delle risposte, che evidenzia una maggiore apertura da parte dei giovani, soprattutto se donne, rispetto ai diversi aspetti connessi al fenomeno dell’immigrazione, sia l’analisi geografica, che invece mette in evidenza una maggiore “propensione all’integrazione” nel Centro Italia rispetto al Nord e al Sud.
Per il ministro Elsa Fornero, intervenuta alla presentazione della ricerca, “la percezione degli italiani verso gli immigrati è in chiaroscuro. Risente del clima di recessione in cui viviamo, che aumenta le paure”. Più positivo il ministro alla Cooperazione internazionale e all’Integrazione, Andrea Riccardi, per il quale “gli italiani sono ancora in mezzo al guado, ma la loro cultura è in evoluzione”, hanno “grosse paure” ma “recepiscono fatti positivi” e sono “in parte convinti che la presenza degli stranieri non sia una minaccia ma una risorsa, e produca vantaggi anche per l’economia”.