Campi sosta, autorizzati o tollerati, villaggi attrezzati o della solidarietà o più genericamente “campi nomadi”: sono questi gli spazi che le politiche istituzionali hanno privilegiato in Italia per “ospitare” i rom, sinti e camminanti nelle nostre città. Cambiano le denominazioni e le condizioni materiali di vita che caratterizzano le diverse tipologie e i vari “modelli” di “campo” sperimentati nel corso degli anni, ma il risultato è comune: la segregazione non solo spaziale e abitativa, ma anche sociale e culturale delle persone che vi risiedono. I “campi” sono, al di là delle intenzioni più o meno dichiarate, veri e propri ghetti funzionali a relegare i rom ai margini delle nostre città e a mantenerli in una condizione di estraneità rispetto alla società maggioritaria.
Le violazioni dei diritti umani che il mantenimento del sistema dei campi rom e l’effettuazione delle connesse operazioni di sgombero provocano sono state e vengono puntualmente denunciate dalle organizzazioni di rom, antirazziste umanitarie da tempo. Più frammentarie sono le informazioni disponibili relative ai costi per la finanza pubblica che questi comportano, costi che sono ingenti.
Gli attori istituzionali per giustificare il mantenimento dei “campi nomadi” e sostenere l’impossibilità di immaginare percorsi di inserimento abitativo e sociale dei rom e dei sinti alternativi affermano spesso che “non ci sono risorse pubbliche sufficienti”.
Ma “i campi” costituiscono davvero la soluzione abitativa meno costosa che le amministrazioni pubbliche possono adottare per ospitare i rom nelle nostre città?
Ciò che documenta il rapporto Segregare costa. La spesa per i campi nomadi a Napoli, Roma e Milano realizzato da Lunaria in collaborazione con la cooperativa Berenice e le associazioni Compare e Osservazione fa pensare il contrario: sono almeno cento i milioni di euro stanziati nelle tre città tra il 2005 e il 2011 per il mantenimento del sistema dei “campi nomadi”, un sistema che si auto-alimenta e che non favorisce affatto percorsi effettivi di inclusione sociale dei rom e dei xinti.
Gli stanziamenti registrati a Napoli tra il 2005 e il 2011 per l’allestimento delle aree, la dotazione infrastrutturale, la gestione e manutenzione, gli interventi socio-educativi e gli sgomberi di insediamenti abusivi – ammontano a più di 24 milioni di euro (24.487.135). Circa metà dell’importo, pari a 11.537.709,02 euro, è stato effettivamente impegnato mentre l’altra metà, che riguarda solo fondi per nuove infrastrutture, pari a 12.949.426,29 euro, è stata solamente stanziata.
A Roma, secondo i dati contenuti nelle Relazioni al Rendiconto annuale del Comune, tra il 2005 e il 2011 il mantenimento del sistema dei campi rom ha comportato una spesa complessiva di 86.247.106 euro. Tuttavia, la disaggregazione delle voci di spesa nelle Relazioni al Rendiconto non risulta sufficientemente particolareggiata, cosa che ha portato alla presa in esame dei dati, più dettagliati, forniti dal Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della Salute del Comune, da cui dipende l’Ufficio Nomadi. Per il periodo 2005-2011, il Dipartimento ha documentato una spesa pari a 69.869.486 euro, inferiore di circa 16 milioni rispetto ai dati desumibili dalle Relazioni al Rendiconto.
Per gli interventi di scolarizzazione dei minori rom, tra il 2005 e il 2011 sono stati messi a gara per l’affidamento del servizio (accompagnamento all’iscrizione, sostegno alla frequenza, tutoraggio, sensibilizzazione delle famiglie) 9.380.994 euro, ai quali devono però aggiungersi i costi sostenuti per l’estensione delle convenzioni 2005-2008 fino all’emissione dei nuovi bandi avvenuta solo nel 2009. Solo per gli anni 2010 e 2011 sono stati resi disponibili i dati sulla spesa annuale effettivamente sostenuta, pari rispettivamente a 1.815.705 euro nel 2010 e 1.983.277 euro nel 2011. A tale spesa vanno aggiunti i costi di trasporto scuolabus, sul quale non sono disponibili dati ufficiali.
A Milano complessivamente, per la gestione, la manutenzione, la riqualificazione e l’abbattimento dei campi rom, lo svolgimento di attività di mediazione scolastica e sociale e di animazione sociale dei minori in essi residenti sono stati monitorati stanziamenti pari a 11,2 milioni di euro: 812mila euro per le attività socio-educative; 480mila euro per l’inclusione sociale dei bambini; 840mila euro per la manutenzione dei campi; 8,6 milioni di euro (Piano Maroni) per la pulizia, la messa in sicurezza e l’abbattimento dei campi; 480mila euro per l’acquisto di un sistema di video-sorveglianza.
Il sistema economico “separato” che attorno ai campi si è consolidato assorbe la gran parte delle risorse pubbliche destinate alle politiche indirizzate ai rom, risorse che potrebbero essere impiegate in modo più efficace e più efficiente in modo diverso.
I campi devono e possono scomparire dalle nostre città. Non servono soluzioni “speciali”, “temporanee” e “ghettizzanti”, servono progetti di inclusione abitativa, sociale e lavorativa finalizzati all’autonomizzazione dei rom. Le alternative possibili sono molte: dal sostegno all’inserimento abitativo autonomo in abitazioni ordinarie e in case di edilizia popolare pubblica, all’housing sociale, alla promozione di interventi di auto-recupero di strutture pubbliche inutilizzate. Ciò che è certo è che senza il diretto coinvolgimento dei rom e dei sinti nessuno dei percorsi scelti può avere successo. E il “successo” significa creare le condizioni affinché i rom e sinti che oggi vivono nei campi possano definitivamente fare a meno dell’assistenza (pubblica o privata che sia) che perlopiù ostacola la costruzione di progetti di vita dignitosi, autonomi e indipendenti. Il che è possibile, come dimostrano le migliaia di rom e sinti che vivono nelle abitazioni da decenni e di cui, naturalmente, non parla nessuno.
Per maggiori dettagli: http://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2013/09/segregare.costa_.pdf