Respingere, espellere, rimpatriare i migranti: attività che costano, sebbene in Italia siano in pochi a parlarne. Una seria valutazione delle politiche di spesa adottate dal nostro paese per contrastare l’immigrazione “irregolare” deve tenerne conto, considerando anche i costi elevati che queste politiche comportano in termini di vite umane e di violazioni dei diritti umani fondamentali. In questa valutazione sarebbe importante mettere a fuoco il divario esistente tra la rappresentazione delle politiche di contrasto dell’immigrazione “irregolare” proposta all’opinione pubblica da parte dei governi che si sono succeduti nel corso degli anni, le modalità operative con le quali queste politiche sono state gestite, e i risultati che sono stati effettivamente ottenuti.
Tra il 2005 e il 2012 sono stati stanziati, tra risorse nazionali e comunitarie, almeno 1 miliardo e 668 milioni di euro per il controllo delle frontiere esterne, lo sviluppo dei sistemi tecnologici finalizzati a migliorare le attività di sorveglianza e di identificazione dei migranti, la realizzazione dei programmi di rimpatrio, la gestione dell’intero sistema dei centri di accoglienza degli immigrati irregolari, la cooperazione con i paesi terzi in materia di contrasto dell’immigrazione irregolare.
Nello specifico, sono stati stanziati almeno:
– 331,8 milioni di euro per il controllo delle frontiere esterne
– 111 milioni di euro per l’acquisto di nuove tecnologie, sistemi di identificazione e comunicazione nell’ambito del Pon Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno
– 60,7 milioni di euro nell’ambito del Fondo Europeo per i Rimpatri
– oltre un miliardo di euro per l’allestimento, il funzionamento, la gestione e la manutenzione di CIE, CPSA, CDA e CARA
– 151 milioni di euro per progetti di cooperazione con i paesi terzi in materia di immigrazione
Il costo minimo stimato a regime per l’allestimento, la gestione, la manutenzione, la sorveglianza dei Cie e l’esecuzione dei rimpatri dei migranti in essi detenuti (se la capienza teorica rimanesse quella attuale) è di 55 milioni di euro l’anno.
In media lo stato italiano ha stanziato almeno 247 milioni di euro l’anno per le politiche del rifiuto: il doppio rispetto a quanto stanziato per le politiche ordinarie di accoglienza e inclusione sociale, circa 123,8 milioni di euro l’anno.
Gli investimenti pubblici significativi nelle “politiche del rifiuto”non riescono, comunque, a frenare l’immigrazione “irregolare”: né potrebbe essere altrimenti. I fattori che determinano lo sviluppo delle migrazioni sono infatti molteplici, non prevedibili e in gran parte sfuggono al controllo delle autorità dei paesi di destinazione. Nella lunga storia delle migrazioni internazionali, la militarizzazione dei mari e delle frontiere e l’adozione di legislazioni repressive si sono rivelate di fatto incapaci di fermare i flussi migratori. Ne sono l’esempio più evidente gli Stati Uniti, uno dei più grandi paesi di emigrazione, che pur adottando misure severe, non sono riusciti ad impedire l’ingresso sul proprio territorio di milioni di migranti sud-americani.
Lo squilibrio tra le condizioni di vita esistenti tra i paesi di partenza e quelli di destinazione, la persistenza nei primi di un sistema del lavoro che tende a coprire con i migranti i ruoli professionali meno qualificati e i settori a più alta intensità di manodopera, la forte presenza di lavoro sommerso in cui vengono impiegati molti immigrati senza documenti, contribuiscono ad alimentare le migrazioni internazionali.
Nei fatti il più efficace strumento di lotta all’immigrazione “irregolare” è l’ampliamento dei canali di ingresso regolare sul territorio e l’adozione di provvedimenti che consentano la regolarizzazione delle persone giunte nei paesi di destinazione.
Per maggiori dettagli: http://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2013/05/costidisumani-web_def.pdf