Come ogni anno (o quasi) puntuale come l’orologio scatta “l’allarme sbarchi” con dichiarazioni di rappresentanti istituzionali e titoli dei media che annunciano nuove “invasioni” di migranti che giungono via mare sulle nostre coste, stime improbabili sul numero di persone che sarebbero pronte a partire al di là del Mediterraneo, richieste all’Europa di risorse supplementari per il controllo dei mari e delle frontiere e così via.
La differenza rispetto al passato è che con l’operazione Mare nostrum (circa 300mila euro al giorno i costi stimati), il dispiegamento di mezzi militari è stato ufficialmente finalizzato ad evitare che si ripetano nuove stragi come quella avvenuta a Lampedusa il 3 ottobre 2013.
Ma per quanto riguarda il sistema di accoglienza poco è cambiato.
Ancora una volta, l’arrivo dei migranti e dei profughi è gestito con un approccio emergenziale, nonostante il recente passato dimostri che la gestione dei flussi migratori con l’impiego di fondi e interventi straordinari non è in grado di assicurare condizioni di accoglienza dignitose e comporta un significativo dispendio di risorse.
L’esperienza della gestione della cosiddetta “emergenza Nord-Africa” può essere considerata da questo punto di vista esemplare. Il 12 febbraio 2011 il Governo dichiarò lo “stato d’emergenza” a seguito della ripresa degli arrivi di cittadini migranti provenienti dall’Egitto, dalla Tunisia e dalla Libia, paesi coinvolti dai moti e sommovimenti che hanno caratterizzato le cosiddette “primavere arabe”. Lo “stato di emergenza” è stato prorogato per circa due anni fino al 31 dicembre 2012. Nel corso di questo lungo periodo, con decine di provvedimenti (ordinanze, decreti, circolari) è stato previsto uno stanziamento straordinario di oltre un miliardo e mezzo di euro per approntare misure di risposta all’arrivo dei cittadini migranti.
Anziché rafforzare il sistema di accoglienza esistente, il Governo decise di creare un sistema parallelo gestito con mezzi e procedure straordinarie con il risultato di coinvolgere negli interventi di accoglienza soggetti del tutto privi delle competenze necessarie (ma interessati ad accedere alle risorse messe in campo, ad esempio qualche albergo sull’orlo del fallimento) e di determinare dei costi molto superiori per il finanziamento di servizi che non sono andati molto oltre l’accoglienza cosiddetta “materiale” (vitto e alloggio), per altro in molti casi di qualità scadente.
La tavola sotto riportata illustra il totale delle risorse pubbliche stanziate per il “superamento dello stato di emergenza” in base alle tipologie di intervento, molto eterogenee, in alcuni casi addirittura conflittuali e incompatibili tra loro.
La quota più elevata di fondi è stata stanziata per l’attivazione di misure di assistenza (oltre 634 milioni di euro) che hanno però sofferto l’eterogeneità delle competenze messe in campo, con l’estemporanea comparsa di molti attori improvvisati, privi di esperienza e delle necessarie competenze.
Altre risorse ingenti (583 milioni) sono state impiegate per la copertura dei costi di forze e mezzi (della Croce Rossa, della stessa Protezione Civile, delle forze dell’ordine, delle capitanerie di porto, etc.). Per queste stesse finalità sono state destinate ulteriori somme (51 milioni) senza però una ripartizione specifica.
Sono stati poi stanziati fondi per prevenire la compromissione dell’ambiente marino a causa del versamento di olii e liquidi esausti dalle imbarcazioni nel canale di Sicilia (100 mila euro), nonché per intervenire in favore del comune di Lampedusa, per supportarlo nella riqualificazione ambientale e delle strutture utilizzate sull’isola, nella gestione dei rifiuti, nell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, nonché per garantire i rifornimenti di acqua potabile (28 milioni).
A queste somme vanno poi ad aggiungersi i 179 milioni di euro allocati per l’attuazione degli accordi Italia-Tunisia e il milione di euro destinato ad aiuti umanitari direttamente in Tunisia. Bisogna poi notare come 41 milioni di euro siano stati stanziati per la detenzione amministrativa dei cittadini migranti in Italia e quasi due milioni di euro siano stati utilizzati per la realizzazione di un programma di rimpatri volontari assistiti.
Le dichiarazioni rilasciate dal Ministro Alfano negli ultimi giorni di fronte all’intensificarsi degli arrivi e alla persistente situazione di criticità nella loro gestione evidenziano ancora una volta la mancanza della pianificazione di un sistema nazionale di accoglienza capace di garantire condizioni di vita dignitose alle persone ospitate, ma anche prospettive di un loro inserimento sociale e lavorativo nel nostro paese. La base dalla quale partire esiste ed è il Sistema Nazionale per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) per il quale è stato previsto già lo scorso anno l’ampliamento dei posti disponibili (sino a 16mila): ad oggi non risultano però garantite le relative coperture economiche.
Coperture che poi vengono misteriosamente trovate in via eccezionale per improvvisare altre forme di accoglienza gestite dalle Prefetture, messe in atto senza alcuna programmazione e dunque spesso inadeguate.
Per maggiori dettagli:
http://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2013/11/i_diritti_non_sono_un_costo-tot..pdf