Facciamo un esercizio: immaginiamo che l’autista dell’autobus che ha tentato di compiere una strage di ragazzi fosse stato norvegese, francese o italiano. Di cosa staremmo parlando oggi? Quali sarebbero stati i titoli dei giornali? “Gesto di follia”? “Raptus di un autista, voleva fare una strage”?
Ora fate un altro di esercizio (ma fatelo in fretta, poche righe sotto c’è la soluzione): provate a immaginare i titoli dei media italiani che più soffiano sul fuoco della xenofobia e del razzismo. Non ci vuole grande immaginazione per sapere che Libero, la Verità, il Giornale utilizzeranno questo episodio tremendo (e finito fortunatamente bene) per ricordarci che la colpa di quanto accaduto è dovuta alla permeabilità delle frontiere, alla volontà di accogliere, alla presenza di stranieri sul suolo patrio.
Ecco i titoli:
Il Giornale: Terrorismo Buonista (editoriale del direttore: Casarini e i cattivi maestri).
Libero: Senegalese emulo di Erode voleva bruciare i bambini (“Un altro esempio di integrazione mancata” si legge nel catenaccio sotto al titolo)
La Verità: Il bello dell’accoglienza, senegalese prova a bruciare 51 bambini.
Non c’è di che stupirsi, abbiamo molte volte segnalato come qualsiasi reato che coinvolga persone straniere, rifugiati, immigrati, richiedenti asilo venga tradotto nel teorema: “se lo fa uno lo fanno tutti”.
In questo caso c’è poi il nesso (forzato, tutto legato al posizionamento politico e non alle notizie) tra il voto del Senato sull’autorizzazione a procedere contro il ministro degli Interni Salvini e quello della nave Mare Jonio e dello sbarco delle persone salvate in mare. Tutto assieme, tutto un calderone in cui episodi di cronaca nera si mescolano con commenti sulla “nave dei centri sociali”.
Sono corretti questi titoli? Danno informazioni? Non proprio. Ad esempio sulle prime pagine dei tre giornali si omette che a chiamare i carabinieri e impedire la strage sono stati dei ragazzi intrappolati nel bus con i loro compagni. La ragione è semplice: anche i ragazzi che altri quotidiani chiamano eroi (forse con un eccesso di enfasi) sono italiani di origine straniera. Proprio come l’autista del bus.
La follia della persona in questione è una reazione (nella sua logica, così come dichiarata agli inquirenti) alle stragi in mare. Ma come capita spesso per le stragi compiute con armi da fuoco negli Stati Uniti, chi le compie è una persona che ha problemi di varia natura che collega il proprio comportamento al clima politico o sociale che la circonda. C’è chi, ossessionato dalla “perversione” degli omosessuali, va a fare una strage in un bar; chi pensa che i neri stiano prendendo il potere e uccide i fedeli in una chiesa di Charleston; chi malato di videogiochi si traveste da Batman e uccide coetanei in un cinema.
L’altro aspetto cruciale di questa come di altre vicende è l’effetto emulazione, l’effetto social. Terroristi islamici, suprematisti bianchi, nazi, lupi solitari ripropongono quel che vedono fare. E possibilmente condividono la loro azione (o la annunciano) sui social media. Si tratta di una nuova frontiera della possibilità di esistere e farsi vedere e rendere i propri gesti “esemplari”.
Si tratta di questioni enormi, difficili da affrontare. Ci ragionano gli scienziati, gli esperti di social e i servizi di intelligence di tutto il mondo.
Da ultimo, segnaliamo che nei giorni scorsi lo stragista (purtroppo non mancato) che ha ucciso i fedeli nella moschea di Christchurch in Nuova Zelanda sui media viene spesso definito “suprematista bianco” o “estremista di destra” e non terrorista. Se un musulmano avesse fatto strage in chiesa siamo certi che i titoli parlerebbero di terrorismo.
Viviamo tempi complicati e i mezzi di informazione potrebbero fornire strumenti per capire, analizzare, approfondire. E invece soffiano su quel fuoco che contribuisce a creare un clima nel quale comportamenti assurdi e tremendi come quello della tentata strage di Milano trovano, nella mente di chi li compie, la loro giustificazione.