“L’Unhcr invita le autorità a investigare sulle circostanze nelle quali si è prodotto l’incidente, e su come è stato possibile perdere delle vite umane su una barca che veniva trainata”: ad affermarlo è Laurens Jolles, rappresentante regionale dell’Unhcr per il Sud Europa. La richiesta arriva in riferimento a quanto successo martedì scorso, 21 gennaio, al largo dell’isola greca di Farmakonisi. Nelle prime ore del giorno, “una barca da pesca, a bordo della quale c’erano 28 persone (25 afghani e 3 siriani), si è ribaltata ed è affondata. 16 migranti sono stati raccolti dalla Guardia Costiera. Una donna e un bambino di 5 anni sono stati trovati morti vicino la costa turca, mentre altre 10 persone (2 donne e 8 neonati e bambini) continuano a essere dispersi”.
Durante la visita di un’équipe dell’Unhcr sull’isola di Leros, dove sono stati trasferiti i sopravvissuti, sono emersi però dei particolari che, se confermati, sarebbero di estrema gravità.
“Secondo le informazioni dell’Autorità Portuale, la barca è stata scoperta dalla Guardia Costiera a mezzanotte di domenica 20 gennaio, ferma e senza luci di navigazione – riporta l’Unhcr – Tenendo conto della situazione e del maltempo, sono iniziate le operazioni di salvataggio per trainarla fino a Farmakonisi. Durante l’operazione, un gran numero di migranti a bordo si è concentrato su un lato della barca, che si è inclinata ed è affondata”. Questa è la versione dell’Autorità portuale, che però non coincide con quanto riferito dai testimoni: “secondo i sopravvissuti, la nave della Guardia Costiera stava trainando la barca a gran velocità verso la costa turca quando è accaduto il tragico incidente in mezzo al mare agitato”.
La Guardia costiera ellenica ha negato di aver provato a respingere i migranti verso la Turchia.
Non sarebbe, in realtà, la prima volta: già nel 2007, la ong tedesca Pro Asyl pubblicava un rapporto sui frequenti respingimenti in mare, definendola “una prassi” delle autorità elleniche.
Una situazione ormai passata? Non sembra: il rapporto diffuso il 9 luglio 2013 da Amnesty Internaional “Frontiera Europa: violazioni dei diritti umani al confine della Grecia con la Turchia” denuncia i costanti respingimenti verso la Turchia dei migranti siriani e afghani. Gli fa eco, ancora, la ong tedesca, che lo scorso novembre ha denunciato i respingimenti “illegali, sistematici e brutali” dei migranti, soprattutto afghani e siriani.
“Se questa dinamica dei fatti verrà confermata – sottolinea l’Asgi – ci troveremmo di fronte a un respingimento collettivo di rifugiati tassativamente vietato dal diritto internazionale ed europeo, e in particolare dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra, dall’art. 3 della CEDU e dall’art.4 del protocollo addizionale n. 4 alla stessa CEDU”. La stessa violazione per cui, “con la nota sentenza del 23 febbraio 2010 (Hirsi vs. Italia) [..] l’Italia venne condannata per gli illegittimi respingimenti” verso la Libia. Con quella sentenza la Corte Europea per i diritti dell’Uomo sancì “che l’applicazione delle norme del diritto internazionale dei diritti umani in mare aperto [..] richiede agli stati di esercitare la loro giurisdizione sulle imbarcazioni e sulle persone intercettate, garantendo il diritto di accedere alla procedura di asilo, la protezione contro il respingimento diretto o indiretto, la protezione dalle espulsioni collettive e il diritto delle persone intercettate di ricorrere contro la decisione di rinviarle nel paese di partenza”.
Per questo, l’Asgi “chiede alla Commissione Europea di adottare con fermezza e maggiore tempestività rispetto al passato tutte le misure necessarie a garantire che detti respingimenti illegittimi cessino immediatamente in Grecia, e a vigilare affinchè essi non si verifichino in altri Stati dell’Unione”.