Luigi Ferrajoli, nell’editoriale de il Manifesto del 5 gennaio, indica tre strade percorribili, come strumenti di tutela dei diritti fondamentali, che potrebbero essere utilizzate contro l’applicazione di questa legge disumana e immorale, ovvero il cosiddetto “Decreto Salvini”. La prima strada sarebbe affidata all’iniziativa degli stessi migranti, i cui diritti sono dalla legge vistosamente lesi, e consisterebbe nell’attivazione della procedura d’urgenza prevista dall’articolo 700 del codice di procedura civile. La seconda strada percorribile potrebbe essere affidata all’iniziativa delle Regioni e richiederebbe la deliberazione delle rispettive giunte regionali. Infine, c’è una terza via di accesso alla giustizia costituzionale, percorribile dagli stessi sindaci che hanno deciso di non dare applicazione al “Decreto Salvini”. Oltre all’iniziativa intrapresa dal sindaco di Palermo, Orlando, i sindaci “disobbedienti” potranno, qualora i loro provvedimenti venissero annullati dai prefetti, impugnare gli atti di annullamento di fronte ai Tar, cioè ai tribunali amministrativi, e, in quella sede, proporre l’eccezione di incostituzionalità delle norme da essi ritenute incostituzionali. “Ciò che ora occorre è una mobilitazione di massa a loro sostegno e a salvaguardia, di nuovo, della Costituzione della Repubblica, già difesa dal 60% degli elettori nel referendum costituzionale di poco più di un anno fa e oggi tradita dai nuovi governanti. Questa volta – riporta assai preoccupato Ferrajoli- è in questione assai più della tenuta o della modifica delle regole formali sul funzionamento dei nostro organi di governo. Sono in gioco – direttamente – tutti i principi sostanziali della nostra democrazia: l’uguaglianza, la dignità delle persone, il rifiuto delle discriminazioni razziste, la solidarietà, i diritti fondamentali di tutti, la civile e pacifica convivenza”.
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