Nel 2008 i cittadini stranieri disoccupati erano 162 mila (94 mila donne e 67 mila uomini). Nel 2012 sono saliti a 382 mila, con una divisione “paritaria” tra generi – 193 mila donne e 190 mila uomini -.
Il dato, allarmante perché spia di una forte destabilizzazione socio-economica, è tratto dal Terzo Rapporto annuale ”Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia”, a cura della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro, presentato lunedì scorso al Cnel.
In questi cinque anni la disoccupazione è cresciuta di oltre 220 mila unità, andando a colpire anche e soprattutto la componente maschile delle comunità non italiane. ”L’aumento della disoccupazione – spiega il rapporto – e’ dovuto, in larga misura, all’espulsione di lavoratori stranieri dai comparti produttivi manifatturieri, generando, quindi, un diverso impatto sulle comunità straniere, maggiore per quelle più inserite nel settore industriale, minore per le comunità più caratterizzate dal lavoro nei servizi alle famiglie”.
In questa analisi non deve ingannare il numero dei lavoratori stranieri occupati, 2.3 milioni rispetto all’1.75 milioni del 2008. Nel 2012 gli occupati stranieri sono risultati 83mila in più nel 2012, ma quasi tutti, va sottolineato, masi tratta di lavoratori prevalentemente concentrati nei servizi alla persona. Sono infatti circa 70mila i nuovi occupati in questo settore, in gran parte donne. E se da una parte cresce l’occupazione in questo settore, diminuisce, e di molto, negli altri, primi fra tutti quella nel settore manifatturiero.
Si registra inoltre un generale aumento della domanda di lavoro non qualificato: se nel 2008 il 29% dei lavoratori stranieri era impegnato in mansioni non qualificate, nel 2012 questa percentuale raggiunge il 34%, mentre si riducono le posizioni qualificate, passate dall’8,2% del 2008 al 5,9% del 2012. La crescita della domanda sembra dunque circoscritta a mansioni considerate socialmente poco qualificate.
Anche le imprese individuali con titolari persone di cittadinanza non europea ha ormai un peso rilevante sul totale delle imprese individuali in Italia: sono il 9.1%, con un picco del 10% nei settori del noleggio, delle agenzie di viaggio, dei servizi di supporto alle imprese, nel campo edile, commerciale, manifatturiero e dei servizi di informazione e comunicazione.
Nonostante questi dati, l’evidenza maggiore del Rapporto è una, quella sottolineata inizialmente: e cioè che la crisi ha colpito in misura relativamente più accentuata proprio la componente immigrata, e proprio nei settori produttivi, accentuando la tendenza alla concentrazione dei cittadini di origine straniera nei lavori di servizio e cura.
Per quanto riguarda la busta paga, per i lavoratori di origine straniera si registrano cifre sistematicamente più basse rispetto ai colleghi italiani: nel 2012, il dato medio è di 968 euro contro i 1.304 del lavoratore italiano (-336 euro).
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