Evidentemente non sono bastati i recenti richiami dell’aprile 2015 relativi agli esposti presentati dall’Associazione 21 luglio e dall’Associazione Carta di Roma su una serie di articoli contenenti congetture discriminatorie su base “etnica” capaci di generare allarme sociale e pregiudizi nei confronti di rom e sinti. In quell’occasione, l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia apriva un doppio procedimento disciplinare nei confronti dei giornalisti del quotidiano Il Giornale e della testata on line Milano Post. Oggi, ritorniamo sul tema, con un articolo pubblicato dal quotidiano Il Tempo, anch’esso non nuovo a questo tipo di iniziative. In verità, da giugno a settembre 2014, come riportato in una lettera pubblica dell’Associazione 21 luglio al direttore de “Il Tempo” Gian Marco Chiocci, il quotidiano romano si era già reso artefice di una sistematica campagna di “inchieste giornalistiche” con target specifico le comunità rom e sinte nella Capitale. Non soddisfatto, il quotidiano torna oggi in edicola con una nuova “inchiesta” a firma di Francesca Pizzolante dal titolo: “Benvenuti a Termini, la stazione di Rom”. Già nel titolo, il riferimento all’appartenenza cosiddetta “etnica” fa suonare un campanello d’allarme rispetto al pericoloso gioco di parole che la giornalista vorrebbe far figurare quasi in chiave “ironica”. Non solo. Nel sottotitolo si afferma che “da anni, ogni giorno, le zingarelle rubano portafogli. Oltre a elemosina e biglietti fanno sesso a pagamento”. Accuse precise e pesanti. Nel corpo del testo, poi, l’autrice si discosta ampiamente dall’obbligo deontologico di attenersi alla verità accertata dei fatti, formulando un immaginario indistinto stereotipato e discriminatorio. L’articolo, quindi, anziché limitarsi alla cronaca di quanto può accadere all’interno della stazione Termini (come in qualunque altra stazione, un non-luogo per eccellenza), insiste palesemente sull’appartenenza (o sull’essenzialità) “etnica” o “zingara”, arrivando persino ad attribuire alcuni comportamenti a una sorta di “tipicità” della minoranza rom, contribuendo così ad alimentare ulteriormente la diffusione del pregiudizio attraverso stereotipi diffamatori, accuse aleatorie e congetture discriminanti.
Le donne rom presenti in stazione sono definite “assillanti, imperterrite, impunite”, cosi come “ben organizzate”. Inoltre la giornalista precisa: “Rom service, all’occorrenza service in room (…) Le hostess sono zingare spregiudicate disposte a tutto pur di racimolare qualche soldo, persino a prostituirsi”. Oltre al continuo ed insistente ripetersi del termine “zingare”, si gioca anche con il termine “rom”. Piuttosto infamante un ultimo passaggio di rilevo: “Si fiondano come sciacalli su carcasse di animali”, che difficilmente trova lo spazio di un commento.
La diffusione di questo tipo di articoli trasmette un’immagine distorta e criminosa di un intero gruppo di persone (e per di più nello specifico di donne), ne lede la loro dignità e contribuisce, attraverso generalizzazioni e l’uso di termini fortemente dispregiativi oltre che stigmatizzanti, ad alimentare l’allarme sociale basato su stereotipi e pregiudizi negativi. Oltre al fatto che presenta un linguaggio improprio (“zingare”, “zingarelle”, “banda delle zingare”), che non rispetta quanto stabilito dalla Carta di Roma, e ancor meno quelli che sono i diritti fondamentali delle persone. Di qualunque provenienza.