La Giornata internazionale dei diritti dei migranti, il 18 dicembre, in teoria dovrebbe essere dedicata alle persone, ma nel nostro paese ha avuto in realtà come protagonisti percentuali, stime, percezioni e circolari. L’entrata in vigore della legge 132/2018 ha favorito la diffusione di numerosi articoli e di alcuni rapporti di ricerca che hanno tentato di prospettare, nel prossimo futuro, quella che sarà la condizione dei migranti, soprattutto di quelli titolari di una protezione umanitaria.
La settimana scorsa, Oxfam ha diffuso un nuovo report, “I sommersi e i salvati della protezione umanitaria“, dal quale si ricava una fotografia non proprio rassicurante (che d’altronde conferma anche le precedenti): si stimano in “oltre 12mila i migranti vulnerabili, in regola con il permesso di soggiorno” che finiranno in strada (perché non avranno più accesso allo Sprar, ndr), “mentre nei prossimi 2 anni, saranno circa 120mila persone che sono destinate a scivolare nell’irregolarità, tra permessi per motivi umanitari non rinnovati (circa 32.750), non rilasciati (27.300), e pratiche arretrate che saranno esaminate dalle Commissioni Territoriali secondo le nuove disposizioni di legge (70mila)”. Come già sottolineato già in altri report, a subire le conseguenze più gravi saranno le persone più vulnerabili. “Su 18mila permessi per protezione umanitaria concessi da gennaio a settembre nel nostro paese, solo una minoranza potrà continuare a seguire un percorso di integrazione virtuoso all’interno dei centri SPRAR – dichiara Oxfam Italia – Le Prefetture di tutta Italia nei giorni scorsi hanno inviato agli enti gestori dei Centri di Accoglienza Straordinaria disposizioni per la cessazione immediata dell’accoglienza dei titolari di protezione umanitaria. Migranti vulnerabili sono stati semplicemente gettati in strada, in pieno inverno, senza nessun riguardo per la loro condizione e in totale assenza di soluzioni alternative. Una situazione incredibile da tutti i punti di vista. Ne è riprova la notizia, di queste ore, di una parziale e frettolosa retromarcia del Governo che ha dato “indicazioni verbali” ai Prefetti di sospendere momentaneamente le revoche dell’accoglienza e di attendere una circolare ministeriale in proposito”.
Altri numeri sono quelli pubblicati, sempre in questi giorni, dall’ISPI. La stretta dovuta all’entrata in vigore della nuova normativa, secondo l’Istituto studi di politica internazionale, provocherà in Italia, tra giugno 2018 e dicembre 2020, un aumento delle persone “irregolari” di almeno 140mila unità. Sommando il numero delle persone straniere già oggi senza documenti, secondo ISPI il nostro paese arriverà ad ospitare in breve tempo circa 670mila senza documenti. “Si tratta di un numero più che doppio rispetto ad appena cinque anni fa, quando i migranti irregolari stimati erano meno di 300.000. Sarebbe anche il record di sempre se si esclude il 2002, quando in Italia si stimavano presenti 750.000 irregolari. Ai ritmi attuali – conclude l’Ispi – per rimpatriare i migranti irregolari sarebbero necessari 90 anni”. Prospettive a dir poco apocalittiche.
Il quotidiano la Repubblica ha pubblicato invece alcune dichiarazioni dell’Asgi circa le percentuali di accoglimento delle domande d’asilo. Ed anche qui le prospettive non risultano rosee. I dati di novembre parlano chiaro: su oltre 7.700 domande esaminate, quelle rigettate sono state ben l’80% e la protezione umanitaria è stata concessa solo al 5% dei richiedenti. «L’incredibile crollo della protezione umanitaria si spiega solo alla luce di una decisione di ordine politico – commenta Asgi – ed è la prova che le commissioni non agiscono in maniera indipendente. Questo dovrebbe preoccupare tutti, a partire dall’Alto commissario Onu per i rifugiati».
Infine, nella tarda serata del 18 dicembre, dopo tanti numeri e numerosi proclami, è giunta anche la tanto attesa circolare annunciata e fortemente voluta dal ministro dell’Interno. Il Viminale, in questa circolare di ben 18 pagine (accompagnato da delle “slides” con la velleità di essere esplicative e delle FAQ poco chiare), spiega che «la strategia internazionale, volta al contenimento dei flussi migratori» va accompagnata da una «opportuna» stretta interna.
Non si dicono “preoccupati” dal Ministero, e spiegano che per esaminare le domande l’importante è «tipizzare». La rapidità con cui verranno analizzate le stesse, giudicata da molti lesiva dei diritti dei migranti, nella circolare, diventa una prova di efficienza. La protezione umanitaria, bocciata in partenza per chi viene da paesi considerati “sicuri”, verrà concessa solo “in presenza di ben definite circostanze, a differenza del passato laddove veniva riconosciuta sulla base di generici seri motivi di carattere umanitario”. Secondo il Viminale, “un altissimo numero di permessi per motivi umanitari non ha portato all’inclusione sociale e lavorativa dello straniero. La gran parte degli immigrati sono rimasti inoperosi con il forte rischio di cadere nell’illegalità». E aggiunge: «Lo straniero dovrà cogliere l’opportunità che gli viene offerta di integrazione», riproponendo in salsa alternativa il modello, oramai dilagante e quanto mai pericoloso, del migrante “grato” perché “assimilato”, contrapposto al migrate “ingrato”, perché appunto “inoperoso”.
La circolare ribattezza lo Sprar in Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori non accompagnati), aperto solo a chi ottiene la protezione internazionale o speciale. Per tutti gli altri, restano i Cas, ridotti a puri dormitori di massa, senza alcun servizio di inclusione.
Ecco cosa significa «ottimizzare».
La circolare tenta, poi, di rassicurare i sindaci spiegando che “restano invariate le regole di accoglienza delle persone ospiti nelle strutture”. E sottolinea che è “immotivata” la diffusione di notizie circa “gli effetti che la normativa produrrebbe in termini di marginalità sociale”. Quindi, secondo il Ministero dell’Interno, i migranti messi in strada dalle ligie Prefetture, sarebbero “un puro caso” o una “rarità”.
I grandi numeri strillati in prima pagina, cosi come le presunte rassicurazioni del ministero, però, non convincono affatto (è sempre complicato effettuare stime attendibili del numero di persone senza documenti presenti nel paese). Semmai, contribuiscono ad alimentare quella “percezione” di allarme sociale, che permane, preoccupa e genera soltanto il caos.
Paola Andrisani